Albergo diffuso, la Sicilia resta a guardare - QdS

Albergo diffuso, la Sicilia resta a guardare

Liliana Rosano

Albergo diffuso, la Sicilia resta a guardare

martedì 07 Agosto 2012

Un’ospitalità nuova, in via di forte sviluppo in Italia, che sta ridando vita a strutture decadenti in borghi fuori dai circuiti turistici. Nella nostra Isola ci sono solo quattro esempi: Modica, Agrigento, Scicli e Piazza Armerina

PALERMO – Visitare un luogo e sentirsi parte della vita quotidiana, delle abitudini locali. E’ questa la filosofia su cui si basa il modello turistico dell’albergo diffuso. Un modello di sviluppo del territorio che inserisce le strutture ricettive all’interno di un centro abitato. Un’ospitalità nuova, diventata relativamente nota in Italia negli ultimi anni, e che ha ridato vita a certe strutture che ormai sembravano essere consegnate all’oblio e alla decadenza. In Sicilia sono in tutto quattro gli alberghi diffusi (Modica, Scicli, Agrigento e Piazza Armerina), mentre nel resto d’Italia, le Marche e Umbria hanno all’attivo otto strutture ricettive che si basano su questo modello. Bene anche la Sardegna, regione pioniera in questo modello.
Nell’albergo diffuso, gli alloggi sono sparsi in diverse strutture dislocate su tutto il centro cittadino. I servizi offerti sono gli stessi degli alberghi, ma l’aria che si respira è diversa. È pulita, sa di natura, di vita a contatto diretto con chi in quel borgo ci vive da sempre. Gli edifici dell’albergo sono generalmente stabili antichi e di pregio ristrutturati e ammobiliati con tutti i comfort. L’impatto sull’ambiente è bassissimo, perché non si costruisce nulla di nuovo. Si restaura ciò che già esiste senza usare il cemento. Tutto è quindi molto ecofriendly e rientra in quello che viene chiamato turismo responsabile.
L’obiettivo dell’albergo diffuso è quello di far rinascere borghi abbandonati, paesini dimenticati. In Sicilia però, stando ai dati dell’associazione nazionale degli alberghi diffusi, queste strutture si trovano in realtà che già sono note dal punto di vista turistico e di sicuro non parliamo di piccoli borghi sperduti.  Come ad esempio in Emilia Romagna, sull’Appennino tosco-emiliano, esiste un piccolo borgo arroccato sulle montagne. Si chiama Portico di Romagna, qui è stato creato l’Albergo Diffuso “Al Vecchio Convento”.
In provincia di Rieti, un gruppo di amici ha recuperato e ristrutturato le proprie abitazioni destinandole all’attività turistica. Assicurano che ogni intervento è stato fatto nel pieno rispetto dell’architettura paesaggistica. E in coerenza con la promozione di un turismo ecosostenibile, dal 2007, a Villa Retrosi viene prodotta energia elettrica grazie a piccoli e potenti pannelli fotovoltaici.
Il concetto di albergo diffuso nasce in Carnia (Friuli-Venezia Giulia), a seguito del terremoto del 6 maggio del 1976 e della necessità di valorizzare le case mano a mano che queste venivano ristrutturate. Cosi sempre nel Friuli -Venezia Giulia,  questo tipo di modello,  nacque per recuperare immobili rurali in piccoli borghi montani caratterizzati da un consistente fenomeno emigratorio e da scarso dinamismo economico. Oggi l’albergo diffuso, se opportunamente integrato in una gestione complessiva dell’accoglienza turistica, può diventare il punto di snodo cui fanno riferimento tutti gli esercizi commerciali di un centro abitato.
Chi sceglie una vacanza nell’albergo diffuso, è un viaggiatore che vuole scoprire l’autenticità dei luoghi e delle relazioni umane. Ma soprattutto vuole sentirsi parte della vita quotidiana dei piccoli centri, integrarsi con la comunità e scoprire le bellezze dei luoghi. Questo modello, se adottato in maniera più estesa nell’Isola, potrebbe consentire di recuperare piccole realtà e borghi e sviluppare un nuovo tipo di turismo. La Sicilia deve però partire dalla legge che disciplina questo modello, una legge che altre regioni (Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Marche, Calabria, Emilia Romagna, Umbria, Trento, Liguria) hanno già provveduto ad adottare ma che ancora non esiste nell’Isola.

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