La Sicilia non è più roccaforte della famiglia "tradizionale" - QdS

La Sicilia non è più roccaforte della famiglia “tradizionale”

Patrizia Penna

La Sicilia non è più roccaforte della famiglia “tradizionale”

martedì 14 Agosto 2012

Mamma o papà single, non per scelta ma per necessità. Per loro è maggiore il rischio di isolamento sociale. Lo dice l’Istat: aumentano anche al Sud i nuclei familiari monogenitoriali

 PALERMO – La società italiana non è immune dai cambiamenti che riguardano quello che è considerato il nocciolo di essa stessa: la famiglia. Negli ultimi due decenni, infatti, ad aver subito grandi trasformazioni è quello che viene considerato nell’immaginario collettivo come un concetto quasi inamovibile per le menti degli italiani, specie dei nostri nonni: l’idea della famiglia “tradizionale”, cioè quella formata da padre, madre e figli che secondo le statistiche segna il passo, almeno “numericamente” verso quelle che vengono considerate famiglie atipiche: in particolare quelle monoparentali.
 
Tali nuclei, formati da uno dei genitori e un figlio si stanno diffondendo a macchia d’olio nel Paese, tant’è che una recente indagine Istat, ha potuto appurare che se nel 1983 i genitori single erano 1.371.000, nel 2000 sono diventati ben 1.787.000, mentre le coppie con figli si sono ridotte a meno del 40% del totale delle famiglie.
Va subito rilevato che nella maggior parte dei casi si tratta di donne, spesso con figli piccoli, che lavorano allo scopo di produrre il reddito necessario per mandare avanti la famiglia. Sono sole perché separate, divorziate, qualcuna già vedova, o perché hanno scelto coraggiosamente di portare avanti da sole una gravidanza indesiderata e non gradita dal partner. Nella gran parte dei casi, quindi, la loro condizione di mamme single deriva da una necessità e non da una libera scelta. Sono marginali, a differenza di altri paesi sviluppati, ancora, i casi di quelle che scelgono lo status di mamme single ossia di essere indipendenti da sole o insieme a un figlio anche se questa categoria è comunque in crescita.
 
La differenza tra aree del Paese ancora sussiste ma tende ad assottigliarsi, sempre secondo la citata indagine Istat del 2009. Al Sud, ove la famiglia tradizionale rappresenta in alcune aree e nei centri minori ancora un totem, il numero medio di componenti è più alto rispetto al Centro-Nord. Se, infatti, nel Mezzogiorno prevalgono ancora le famiglie con tre o più componenti, questa condizione sta mutando in peius anno dopo anno, e si avvicina al Nord ove la maggioranza delle famiglie ha ormai da oltre un quindicennio solo uno o due componenti. 
Negli ultimi quindici anni, infatti, le tipologie famigliari si sono modificate in maniera radicale. Oggi le famiglie di single, quelle di genitori soli non vedovi, le coppie di fatto di celibi e nubili e le coppie in cui almeno uno dei partner proviene da precedente esperienza coniugale superano nell’insieme i cinque milioni.
 
Le conseguenze, specie per quanto riguarda l’educazione della prole sono state oggetto di ricerche che hanno dimostrato che i bambini che crescono sotto il controllo di un solo genitore hanno meno probabilità di fare bene a scuola e sono a due volte più a rischio di incorrere in problemi con bevande o farmaci o essere coinvolti nel crimine. 
L’allarme, l’ennesimo, è stato lanciato da Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”: “Il nostro sistema di welfare, che già per sua stessa essenza è poco orientato alla tutela della famiglia, in particolare per quella con figli, e delega invece compiti essenziali di assistenza alla rete di protezione sociale delle famiglie, nel corso degli anni non si è adeguato a questi mutamenti globali nella struttura dei nuclei familiari ed oggi più che mai le famiglie monoparentali sono a rischio povertà materiale ma anche sociale anche per il rarefarsi delle reti di protezione sociale rappresentate dalle proprie famiglie d’origine.
 
Assumere su di sé il peso del lavoro domestico, dell’educazione dei figli e l’essere l’unica fonte economica per provvedere alle necessità familiari, implica spesso una rinuncia alla propria vita personale, alle proprie necessità di individuo. La conseguenza è che la mancanza di tempo per sé porta spesso ad un isolamento rispetto alla vita sociale, causa sovente di un generale senso di solitudine e abbandono”.
Nulla di nuovo sotto il sole, qualcuno potrebbe obiettare, ed infatti queste parole trovano preciso riscontro nei più recenti report che hanno fotografato le condizione economica delle famiglie: l’11° Rapporto Caritas e Fondazione Zancan, ad esempio, in riferimento alla nostra Isola, aveva parlato di un buon 27,8% di famiglie che non riesce ad arrivare a fine mese mentre il 48,6% dichiara di non essere in grado di affrontare spese impreviste. 
 
Nel caso di famiglie monoparentali è chiaro che la fragilità economica diventa un vulnus quasi inevitabile (per non parlare della disponibilità al risparmio già ridotta al lumicino anche per i nuclei familiari più “tradizionali” e potenzialmente più solidi economicamente): in soldoni, tutto ciò si traduce in un rischio elevatissimo di isolamento sociale da cui non si potrà uscire senza un intervento delle istituzioni. Fino a quando le istituzioni, a tutti i livelli, non si decideranno a tagliare gli apparati piuttosto che i servizi ai cittadini, solo nella migliore delle ipotesi la fotografia resterà sempre la stessa, perchè è assai più probabile che tenderà a peggiorare sensibilmente.

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