Il “caro prezzi” colpisce più l’Isola che Lombardia, Toscana e Veneto - QdS

Il “caro prezzi” colpisce più l’Isola che Lombardia, Toscana e Veneto

Liliana Rosano

Il “caro prezzi” colpisce più l’Isola che Lombardia, Toscana e Veneto

giovedì 06 Settembre 2012

L’indagine della Cgia di Mestre dall’avvento dell’euro nel 2002 fino a luglio di quest’anno. Il deficit infrastrutturale e il sistema di distribuzione arretrato incidono molto

PALERMO – L’euro non conviene ai siciliani. La moneta unica europea entrata in circolazione nel 2002 ha fatto impennare i prezzi al Sud. A dieci anni dall’introduzione dell’euro i prezzi sono aumentati soprattutto al Sud e, a differenza di quanto si possa credere, l’impennata non ha riguardato gli alimentari, l’abbigliamento, calzature o la ristorazione, ma soprattutto le bevande alcoliche e i tabacchi, le ristrutturazioni, manutenzioni edilizie, gli affitti delle abitazioni e i combustibili/bollette domestiche, nonché i trasporti. A confermarlo sono i dati statistici elaborati dall’Ufficio Studi della Cgia di Mestre. Tra il 2002 ed il luglio di quest’anno, l’inflazione media italiana è cresciuta del 24,9%. In Calabria si è registrato l’incremento regionale più elevato: +31,6%. Seguono la Campania, con il +28,9%, la Sicilia, con il +27,6%, e la Basilicata, con il +26,9%. Le meno interessate dal “caro prezzi”, invece, sono state la Lombardia, con un’inflazione regionale del +23%, la Toscana, con il +22,4%, il Veneto, con il +22,3% e, ultimo della graduatoria, il Molise, dove l’inflazione è lievitata “solo” del 21,7%.
“E’ opportuno sottolineare che il maggior aumento dei prezzi registrato nel Sud non deve essere confuso con il caro vita. Vivere al Nord – spiega Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre – è molto più gravoso che nel Mezzogiorno. Altra cosa, invece, è analizzare, come abbiamo fatto noi, la dinamica inflattiva registrata in questi ultimi dieci anni”.
“La maggior crescita dell’inflazione avvenuta nel Sud si spiega con il fatto che la base di partenza dei prezzi nel 2002 era molto più bassa rispetto a quella registrata nel resto d’Italia. Inoltre, – prosegue Bortolussi – a far schizzare i prezzi in questa parte del Paese hanno concorso anche il drammatico deficit infrastrutturale, la presenza delle organizzazioni criminali che condizionano molti settori economici, la poca concorrenza nel campo dei servizi e soprattutto un sistema distributivo delle merci molto arretrato e poco efficiente".
In linea generale, sottolinea la Cgia, uno dei nodi da superare è lo spaventoso deficit logistico/infrastrutturale che grava sulla competitività dell’intero sistema delle nostre imprese e conseguentemente sui costi dei servizi e dei prodotti offerti ai consumatori finali. Nonostante negli ultimi decenni la spesa italiana per gli investimenti sia stata in linea con la media dei Paesi dell’area dell’euro , la scarsa dotazione di strade ed autostrade, il grave ritardo del nostro settore ferroviario e l’insufficiente dotazione presente nel nostro Paese di reti elettriche e di trasporto/stoccaggio del gas naturale comportano, secondo le stime redatte due anni fa dal Governo allora guidato da Berlusconi, un costo aggiuntivo a carico del sistema imprenditoriale italiano di ben 40 miliardi di euro all’anno.
Per quanto concerne le principali tipologie di prodotto, l’euro ha fatto esplodere i prezzi delle bevande alcoliche e dei tabacchi (+63,7%), quello delle manutenzioni/ristrutturazioni edilizie, gli affitti, i combustibili e le bollette di luce, acqua e gas e asporto rifiuti (+45,8%), nonché dei trasporti (treni, bus, metro +40,9%). Pressoché in linea, se non addirittura al di sotto del dato medio nazionale, gli incrementi dei servizi alberghieri e della ristorazione (+27,4%), dei prodotti alimentari (+24,1%), del mobilio e degli articoli per la casa (+21,5%), dell’abbigliamento/calzature (+19,2%).
In Sicilia, l’aumento delle bevande analcoliche e dei prodotti alimentari è stato, per il periodo preso in considerazione del 24,5%, mentre l’impennata è stata del 69 % per le bevande alcoliche e tabacchi.
Nell’Isola l’euro ha fatto alzare i prezzi dell’abbigliamento e calzature (+21,2%), abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+50,4%), articoli , mobili e servizi per la casa (+20,4%).
Diminuisce la spesa per i servizi sanitari e per la salute dell’1,7 per cento mentre la spesa per i trasporti è salita del 43,5%. Secondo i dati Cgia, l’euro ha portato ad una variazione con il segno negativo del 30,5 per cento nel settore comunicazione mentre la cultura e gli spettacoli nell’Isola hanno visto crescere i prezzi del 5,8. Anche l’istruzione ha i suoi costi che in Sicilia sono aumentati del 27,3 per cento mentre la ristorazione fa posizionare la Sicilia al primo posto per l’aumento del 36,3 per cento e per altri beni e servizi l’aumento è stato del 42,1 per cento.
“A differenza di quanto è stato denunciato sino ad ora – conclude Bortolussi – con l’avvento dell’euro non sono stati i commercianti a far esplodere i prezzi, bensì i proprietari di abitazioni, le attività legate alla manutenzione della casa, le aziende pubbliche dei trasporti, i gestori delle utenze domestiche ed, infine, lo Stato con gli aumenti apportati agli alcolici e alle sigarette. Ricordo che sul totale della spesa media famigliare, che nel 2011 è stata pari a quasi 30.000 euro, i trasporti, le bollette e le spese legate alla casa hanno inciso per quasi il 50% del totale, mentre la spesa alimentare solo per il 19%".

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