A Catania per i disabili la vita è dura. La normalità s’infrange contro le barriere - QdS

A Catania per i disabili la vita è dura. La normalità s’infrange contro le barriere

Melania Tanteri

A Catania per i disabili la vita è dura. La normalità s’infrange contro le barriere

martedì 02 Ottobre 2012

Accessibilità urbana per i portatori di handicap: ad un anno dalla nostra inchiesta, il QdS torna a fare il punto della situazione. Insensibilità sociale, marciapiedi, gradini e cancelli sono ancora lì a sbarrare il passo

Bella, rumorosa, interessante, unica, caotica. Ci sono tanti aggettivi per definire Catania, città poliedrica e dai mille volti, amata e odiata ma verso la quale è impossibile rimanere indifferenti. Per molti, però, Catania è soprattutto una città inaccessibile, e non perché nuova città sacra o vi sia impedito l’accesso ma perché per un cittadino disabile è quasi impossibile condurre una vita “normale”, bloccato o rallentato in molte attività dalla presenza di barriere architettoniche dappertutto, in barba al Decreto presidenziale n. 503 del 24 luglio del 1996, che impone l’eliminaziine degli ostacoli negli edifici, spazi e servizi pubblici.
Soprattutto per quanto riguarda questi ultimi, le cose non sembrano affatto migliorate rispetto a un anno fa quando un’inchiesta del Quotidiano di Sicilia, fotografava una situazione iniqua e una città insensibile: marciapiedi, piazze, strade, oltre che i mezzi di trasporto, sono ancora sbarrati da ogni tipo di ostacolo. A questo si deve aggiungere il comportameto dei cittadini, non certo campioni di sensibilità sociale, per ottenere una realtà davvero difficile per le migliaia di portatori di handicap.
Da anni le associazioni Onlus segnalano queste disfunzioni all’amministrazione che, tutta insieme dovrebbe muoversi per mitigare questo disagio, dal momento che sono tante le Direzioni coinvolte: Manutenzioni, Servizi Sociali, Pari Opportunità, Polizia Municipale, ma l’impressione generale è che niente sia cambiato veramente fino a oggi.
Basta fare un giro per la città, in centro come in periferia, per notare come non vi sia nulla di facile per una persona non deambulante: i marciapiedi sono prevelentemente impraticabili e non solo perché troppo stretti, così come le strade, ma soprattutto perché occupati, quando non dalle automobili o dai rifiuti che abbandonati per strada, dai innumerevoli altri ostacoli, molti dei quali “istituzionali”: cartelli stradali, fermate dell’autobus, cestini dei rifiuti per fare alcuni esempi.
Percorrere le strade sconnesse e piene di avvallamenti, inoltre, non è certo una valida alternativa, come non lo è prendere un mezzo pubblico, a meno di non avere la fortuna di salire sull’autobus giusto, sul quale funziona la piattaforma mobile, o la metropolitana dalla fermata priva di barriere architettoniche.
Non va meglio per non vedenti o non udenti, categorie non certo agevolate per gli spostamenti in città: per i primi, ad esempio, sono state realizzate le guide tattili sulle strade, ma solo in alcuni punti dell’area urbana e comunque, sono spesso interrotte da ostacoli e di semafori acustici, ad oggi, ne risulta appena qualche unità.
Eppure, proprio di disabilità e barriere architettoniche si era discusso a lungo nel corso della giornata dedicata all’argomento nell’ambito degli Stati Generali del Comune di Catania, del 2010, dalla quale erano emerse alcune proposte concrete: “eliminazione delle barriere culturali e sociali, non solo architettoniche, fisiche e sensoriali; istituzione di una squadra di operai che quotidianamente intervengano per eliminare le barriere architettoniche (a partire dai pali e le buche presenti sui marciapiedi) per rendere Catania ai livelli delle città europe”.
Niente di tutto questo, in due anni, sembra invece essere stato realizzato: per assenza di fondi, personale, risorse in generale, di pratico è stato fatto poco o nulla.
“Le emergenze in città sono tante – ha spiegato l’assessore ai Servizi Sociali del Comune, Carlo Pennisi – e serve un lavoro sinergico con altre direzioni e con l’Asp. Per ora siamo concentrati sui servizi essenziali e negli ultimi tempi, però, abbiamo puntato su due servizi in particolare: la riorganizzazione del trasporto pubblico per disabili, che si spera possa ampliare i destinatari e l’elaborazione di un piano triennale per l’assistenza domiciliare e l’accompagnamento per le disabilità gravissime”.
C’è anche una novità. “L’ufficio che stiamo costituendo – ha aggiunto il neo assessore alle Pari Opportunità, Carmencita Santagati – sarà a disposizione per raccogliere disagi e problematiche anche dei portatori di handicap. Pari opportunità – ha concluso – significa anche questo”.
 

 
 

Salvo Mirabella, presidente dell’associazione Come Ginestre Onlus e messaggero FIABA, Fondo Italiano Abbattimento Barriere Architettoniche, da anni conduce una battaglia per l’abbattimento delle barriere, fisiche e non.
Cosa è cambiato nell’ultimo anno, per quanto riguarda l’accessibilità?
Nulla. Non ci si può appellare sempre alla mancanza di denaro perché alcune cose possono essere fatte senza, come i controlli da parte dei Vigili Urbani per evitare che i marciapiedi siano bloccati, o rimuovendo ostacoli. Ci sono zone completamente inaccessibili: in via Vittorio Emanuele, ad esempio, le macchine sono spesso posteggiate sulla banchina con tutte e quattro le ruote. E poi, i parcheggi riservati sono sempre occupati da chi non na ha diritto, o non ci sono proprio. L’autobus è un tabù e la metropolitana idem. Il problema a Catania è culturale, non c’è sensibilità e informazione.

Cosa si può fare per migliorare la qualità della vita?
Come rappresentante del tavolo tecnico permanente alla Prefettura e consulente del FIABA, penso che l’elemento più importante sia agire a livello culturale, partire dalle barriere mentali per poter rimuovere gli ostacoli fisici. Bisogna cambiare l’idea di handicap, creare una nuova cultura di disabilità, affrontandola non con spirito di assistenza, ma come progetto civico.
Cosa potrebbe fare, in concreto, un amministratore?
Osservare cosa non va attorno a sé, eseguire tutto ciò che è possibile anche con poche risorse. È importante poi, non confrontarsi con le associazioni per arrivare a soluzioni condivise.

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