Project bond per favorire le grandi infrastrutture - QdS

Project bond per favorire le grandi infrastrutture

Grazia Ippolito

Project bond per favorire le grandi infrastrutture

sabato 20 Ottobre 2012

Forum con Mario Ciaccia, vice ministro Infrastrutture e Trasporti

Cosa sta facendo l’attuale Governo tecnico per lo sviluppo delle infrastrutture del Paese?
“Per capire la natura degli interventi nell’ambito delle infrastrutture, occorre far riferimento alla Legge Obiettivo del 2001, che ha stabilito le modalità di finanziamento delle grandi opere nel nostro Paese per il periodo 2002-2013. A mio avviso, la legge in questione non era concettualmente sbagliata: l’intento era quello di creare un meccanismo per l’individuazione delle opere, ritenute strategiche per il Paese, alle quali destinare le risorse disponibili. La Legge Obiettivo si è però trasformata in una sorta di “legge omnibus”: Regioni ed altri enti locali hanno presentato, complessivamente, progetti per quasi 300 opere. Il meccanismo si è intasato. Il Governo precedente, poco più di un anno fa, ha operato una prima selezione delle opere infrastrutturali da realizzare, perché ritenute indifferibili. Si trattava comunque di un numero di opere elevato, in relazione alle risorse disponibili per finanziarle.
L’attuale Governo ha cercato di mettere ordine, stabilendo delle priorità nella realizzazione delle opere, ed elaborando un appropriato quadro normativo di riferimento”.
Quali novità sono state introdotte a livello normativo?
“Il quadro normativo presentava diverse lacune. Prevedeva la possibilità di realizzare grandi opere attraverso strumenti quali il project financing e il partenariato pubblico/privato, senza tuttavia indicare chiaramente i presupposti per investimenti sul medio e lungo termine.
In questi mesi sono state messe a punto le prime 100 norme che, con i relativi decreti attuativi, hanno fornito un quadro normativo chiaro, disciplinando le modalità di finanziamento delle infrastrutture. Si è definito, in relazione a ogni opera, qual è l’ammontare del contributo pubblico e del contributo privato. Sono state elaborate nuove regole sul cronoprogramma e sulla copertura finanziaria dei progetti, semplificando le procedure da avviare nei confronti del Cipe. Sono stati individuati i presupposti di realizzabilità dell’opera. Sul sito internet del ministero le opere sono state fotografate e tracciate, in modo che i cittadini abbiamo una reale percezione dell’evoluzione di un’opera e del perché, quando accade, un’opera viene bloccata”.
È prevista una riduzione dei tempi di realizzazione delle opere?
“I tempi sono stati notevolmente accelerati. Prima, dal momento della deliberazione del Cipe a quello della registrazione presso la Corte dei Conti, passavano 12/14 mesi. Adesso trascorrono non più di 60 giorni. Per le grandi infrastrutture, che richiedono poderosi investimenti, il periodo di durata della concessione è stato dilatato, fino a 50 anni. Si è posta particolare attenzione alla fase di progettazione delle opere, per evitare che passando dal piano preliminare a quello definitivo il progetto si blocchi.
Con l’art. 18 della legge di stabilità, viene ampliata la defiscalizzazione per alcune opere pubbliche: al contributo pubblico subentrano incentivi quali la riduzione dell’Iva o del credito d’imposta.
In questo quadro di maggiore certezza normativa, è stato possibile inoltre l’introduzione di un nuovo strumento finanziario: il project bond. è uno strumento, in grado di favorire il coinvolgimento di investitori privati nel finanziamento di grandi infrastrutture, alternativo o complementare alle tradizionali fonti di finanziamento (contributi pubblici, credito bancario)”.
Quali sono i vantaggi del project bond?
“È uno strumento pensato soprattutto per le opere di medie e grandi dimensioni. Permette all’investitore privato di ottenere vantaggi fiscali (attraverso la deducibilità degli interessi). Non ha alcun impatto sulla finanza pubblica: non è garantito dallo Stato, quindi non rientra nel debito. Il decreto ministeriale, che dà il via libera al project bond, individua anche i soggetti che possono garantire i progetti finanziari. I project bond potrebbero arrivare a muovere circa 25-30 miliardi (stanziati dai privati), che equivalgono a circa un quarto dei 100 miliardi di euro destinati alle infrastrutture nei prossimi tre anni”.
 
Il nuovo quadro normativo di cui ci ha parlato, in tema di infrastrutture, può contribuire a ridurre il gap tra Nord e Sud del Paese?
“L’azzeramento del gap è condizione indispensabile per lo sviluppo dell’intero Paese. Non possiamo più parlare di “infrastrutture per il Sud”. La grandi opere vanno ormai considerate in relazione all’Europa e in un’ottica di competizione globale. La vicinanza con l’Africa, continente ricco e in via di emancipazione politica ed economica, rappresenta una grande opportunità per la crescita dell’Italia. è fondamentale però agire in fretta, adeguare le infrastrutture alle esigenze di mobilità del mercato, in modo da stare al passo con gli altri Paesi del Mediterraneo e con altri Paesi (quali la Cina, l’India, il Brasile) in fase di notevole espansione economica”.
In questo contesto, qual è il ruolo degli investitori privati?
“Per rendere il Paese adeguato, dal punto di vista infrastrutturale, bisogna reperire circa 300 miliardi di euro entro il 2020. Questo è possibile solo attraverso un sano partenariato tra pubblico e privato, agevolato adesso dal nuovo contesto normativo. Molti investitori stranieri hanno già manifestato grande interesse per lo strumento del project bond.
Per rendere il mercato italiano ancora più “appetibile” per gli investitori bisogna però agire il modo da ridurre i tempi della giustizia civile e snellire la burocrazia, in modo da non scoraggiare i potenziali investitori”.
 


Su dieci corridoi europei quattro riguardano l’Italia
 
Come si sta muovendo l’Europa nell’ottica di un potenziamento delle infrastrutture di collegamento tra i vari Paesi?
“La posizione dell’Europa si è evoluta, passando attraverso tre periodi distinti. Il primo periodo è stato quello delle ‘14 priorità’: 14 grandi opere, che rappresentavano l’obiettivo comune dei Paesi europei dal punto di vista infrastrutturale. Durante il secondo periodo l’attenzione si è focalizzata su ‘31 corridoi’, intesi come assi di collegamento autostradale e ferroviario. Nei giorni nostri la concezione di “corridoi” si è ampliata: la programmazione di grandi infrastrutture, a livello comunitario, riguarda non solo assi autostradali e ferroviari, ma vere e proprie reti di collegamento, in cui un ruolo strategico è svolto anche da porti, aeroporti e interporti. In virtù dell’importanza strategica rivestita a livello internazionale, l’Europa arriva a cofinanziare il 40% delle opere infrastrutturali che rientrano in questi corridoi”.
Che ruolo svolge l’Italia in questo contesto di realizzazione di grandi reti infrastrutturali?
“Nell’ambito del dibattito europeo, l’Italia è riuscita a riaffermare la propria posizione, non solo geo-politica, ma soprattutto geo-economica. In un contesto globale, caratterizzato dalla competizione tra continenti (e non più tra Paesi all’interno dello stesso continente), l’intera area mediterranea riveste per l’Europa un’importanza strategica fondamentale, in quanto “territorio d’accesso e di confine” con Paesi extra-europei. L’economia globalizzata richiede grandi infrastrutture per la mobilità delle merci e delle persone. Sono stati individuati 10 corridoi europei, di cui 4 riguardano l’Italia: tra questi ricordiamo soprattutto quello che va da Helsinky a La Valletta”.
 


In Sicilia la Rg-Ct, Sr-Gela e l’aeroporto di Comiso
 
Quali sono gli interventi previsti per lo sviluppo delle infrastrutture nel Mezzogiorno?
“Nell’ambito della realizzazione dei 4 corridoi che coinvolgono l’Italia, un ruolo cruciale è svolto da 11 porti marittimi italiani, di cui 3 di importanza strategica per il Sud: Cagliari, Gioia Tauro e Taranto.
Per quanto riguarda i sistemi metropolitani, si è visto che l’80% della popolazione si concentra nelle grandi città. Se consideriamo solo il Mezzogiorno – nelle città di Napoli, Bari, Taranto, Reggio Calabria, Messina, Palermo e Catania – viene prodotto oltre il 20% del Pil nazionale.
Il corridoi Helsinky-La Valletta, arrivato a Napoli, si biforca, rispettivamente verso Bari e verso Palermo.
Sono tutti dati significativi del fatto che il Mezzogiorno d’Italia riveste per l’Europa un’importanza decisiva”.
Quali sono i principali interventi previsti in Sicilia?
“L’autostrada Ragusa-Catania verrà realizzata con un importo di oltre 815 milioni di euro, di cui 448 garantiti da capitali privati: nel 2013 inizieranno i lavori.
Circa 750 milioni di euro sono destinati alla realizzazione dell’autostrada Siracusa-Gela (il costo globale ammonta a circa 2 miliardi e 700 milioni di euro).
Entro la fine del 2012 verrà varato un piano nazionale aeroporti: da qui a pochi mesi diventerà dunque più chiara la sorte dell’aeroporto di Comiso.
Circa 85 milioni di euro sono previsti per l’area portuale di Augusta che si appresta a diventare, nel Mezzogiorno, il quarto hub di transhipment.
La disponibilità generale dello Stato per le opere di trasporto in Sicilia ammonta a 4 miliardi di euro. Se si tiene conto delle risorse assegnate con il Piano per il Sud e di quelle previste dai contratti di programma dell’Anas, l’importo globale è pari a circa 7,4 miliardi di euro”.
 

 
Curriculum Mario Ciaccia
 
Mario Ciaccia ha ricoperto diversi incarichi pubblici: magistrato e componente dell’Organo di autogoverno della Corte dei conti, capo di gabinetto vicario del ministro delle Poste e telecomunicazioni, capo del dipartimento riforme istituzionali presso la Presidenza del Consiglio, capo di Gabinetto del Mibac. Entrato nel mondo bancario nel 2002, è stato amministratore delegato e direttore generale di Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo e presidente e amministratore delegato di Banca OPI. Dal 29 novembre 2011 è vice ministro delle Infrastrutture e Trasporti.

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