Un’infinità di ritardi che rischia ancora di allungarsi. Infatti quando i Confidi chiedono la “sburocratizzazione” intendono anzitutto eliminare dal processo di stanziamento dei fondi la necessità di presentare le relative fideiussioni. Questa “postilla” per il momento congela tutto l’apparato: sono infatti pochissime le aziende beneficiarie dei contributi che sono in possesso del documento di garanzia, molte probabilmente non saranno nemmeno in grado di ottenerlo perché le banche hanno stretto in maniera esagerata il credito ed anche una seppur minima “defaillance” comporta il blocco dell’emissione della stessa fideiussione.
“Noi riteniamo che – aggiunge Filippello – la fideiussione sia assolutamente inutile in quanto i Confidi non sono né titolari né gestori dei fondi regionali ma solo mandatari della Regione”. In pratica si vuole aggirare il sistema accorciando questa trafila burocratica. E c’è solo una strada percorribile teoricamente su cui poi il governo siciliano dovrà mettere l’ultima parola relativamente alla fattibilità: presentare la sola iscrizione dell’impresa alla Camera di Commercio con la relativa informativa sull’assenza di carichi penali pendenti. Tutto questo però destabilizza i valori fondanti dei Confidi dove per partecipare l’impresa sottoscrive una quota di capitale sociale e concorre alla costituzione, secondo le previsioni di legge e statutarie, del Fondo Rischi e del Monte Fidejussioni che insieme formano i cosiddetti Fondi di Garanzia mutualistica offerti all’ente finanziatore.
Il punto nodale sta proprio qua: da sempre la fideiussione ha avuto, nella prassi, un valore più formale di adesione all’idea solidaristica che un valore reale di garanzia. Ma evidentemente, in questi tempi di crisi, non sembra essere più così.