Biocarburanti, nuove regole Ue. Anche qui la generazione 2.0 - QdS

Biocarburanti, nuove regole Ue. Anche qui la generazione 2.0

Rosario Battiato

Biocarburanti, nuove regole Ue. Anche qui la generazione 2.0

venerdì 26 Ottobre 2012

L’Unione europea promuove la seconda e terza generazione, compresa quella derivata dai rifiuti. La Sicilia assente a priori: sta per inviare la monnezza a bruciare nei cementifici

PALERMO – Se in Sicilia siamo ancora all’anno zero, o quasi, a Bruxelles sfornano la nuova politica sui biocarburanti. L’Ue, ne giorni scorsi, ha infatti pianificato le nuove modalità di azione per l’industria europea: limitare la produzione di quelli di prima generazione e derivati da culture alimentari (principalmente agricole) per puntare sui biocarburanti “sostenibili”. Il nuovo capitolo comprende alghe, rifiuti, paglia ed altri tipi di residui, così che si coniughino emissioni più contenute e nessuna interferenza con la produzione alimentare mondiale. 
 Proprio dai rifiuti potrebbe sortire la grande occasione per la Sicilia, ma i movimenti della Regione in questo campo sembrano pachidermici.
Saranno quattro gli interventi previste dall’Ue per far cambiare marcia alla produzione di biocarburanti: 
limite massimo al 5% fino al 2020 per la quantità di biocarburanti e bioliquidi derivati da colture alimentari nel raggiungimento dell’obiettivo del 10% di energia rinnovabile nel settore dei trasporti; incentivi di mercato per i biocarburanti per la seconda e terza generazione derivati da materie prime che non implicano una domanda supplementare di utilizzo di terreni (quindi anche e soprattutto i rifiuti). Altre novità arriverebbero in tema di qualità dei carburanti, visto che Bruxelles vorrebbe aumentare fino a quota 60% la soglia minima di riduzione dei gas a effetto serra per i nuovi impianti. Ultimo provvedimento riguarderà l’impatto della conversione dei terreni a livello mondiale (il cosiddetto fattore Iluc), nella valutazione delle prestazioni dei biocarburanti in termini di riduzione delle emissioni.
Per la Sicilia potrebbe essere straordinariamente semplice inserirsi nel nuovo quadro. Certo, bisognerà rinunciare ai biocarburanti di prima generazione e quindi ai principali scarti da agricoltura, anche se ad oggi l’Isola non ha mai realizzato grandi performance in tal senso. E se l’utilizzo degli scarti in agricoltura per la produzione di biocarburanti non è mai attecchito (uno dei pochi esempi è l’Industria Meridionale Alcolici che in provincia di Trapani produce il bioetanolo), i rifiuti non si citano nemmeno. Non se ne parla nemmeno nel ‘nuovo’ Piano rifiuti, approvato lo scorso luglio a Roma dal ministero e della Protezione civile. “Nel piano è previsto – hanno spiegato al Qds fonti dell’assessorato – che il rifiuto residuo venga smaltito nei cementifici.
 
Il modello fa riferimento a differenziata, sistemi di compostaggio e riciclo”. Il Piano, anziché aggiornarsi e superare la concorrenza proprio sui carburanti da rifiuto, preferisce restare indietro e puntare sull’utilizzo del CSS (combustibili solidi secondari) in “co-combustione con i combustibili tradizionali” come “già adottato in diversi cementifici in Italia”. Ne godranno certamente i cementifici presenti sul territorio siciliano che sono afferenti essenzialmente ai tre colossi industriali, tutti associati all’AITEC (Associazione di categoria delle Cementerie italiane): Italcementi, Buzzi Unicem; Colacem. Dai consumi energetici, in relazione con la produzione di cemento, si desume una capacità di utilizzo complessivo di CSS oscillante da 250.000 a 300.000 t/a.

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