La buona educazione dei figli non giustifica l’uso della violenza - QdS

La buona educazione dei figli non giustifica l’uso della violenza

Massimo Piccolo

La buona educazione dei figli non giustifica l’uso della violenza

mercoledì 14 Novembre 2012

Sentenza della Corte di Cassazione sui metodi educativi di un genitore

PALERMO – Dal 7 novembre 2012 i genitori ”normali”, ma anche separati e/o non affidatari, hanno un motivo in meno per trascinarsi dietro un minore di età che non ne vuol sentire di andare dai nonni a scusarsi per presunti “comportamenti insolenti” verso gli stessi.
Trattasi infatti della data relativa alla sentenza n. 42962 della 5^ Sez. penale della Corte di Cassazione, con la quale la medesima ha confermato la condanna del Giudice di primo grado, confermata dalla Corte di Appello territoriale, di un genitore separato e non affidatario, che è stato riconosciuto “responsabile del delitto di violenza privata ai danni della figlia minore”.
I fatti. Il genitore aveva “letteralmente trascinata per parecchi metri” la bambina, al cospetto del nonno paterno, al fine, dice il condannato, “non di far incontrare la figlia coi nonni contro la sua volontà, ma solo di indurla a scusarsi col nonno, rea di precedenti comportamenti insolenti”.
La Suprema corte ha argomentato che lo “ius corrigendi…quali che fossero le finalità educative da lui perseguite, il diritto genitoriale non poteva estendersi fino a farvi rientrare l’uso gratuito della violenza. Inoltre, l’aver trascinato la figlia per parecchi metri, “è stata giudicata eccedente i limiti della causa di giustificazione di cui all’art. 51 cod. pen. (L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità, n.d.a.).
Inoltre, ha lasciato intendere la Suprema Corte, che la “condizione giuridica di… genitore separato dalla moglie e non affidatario della minore”, che ha dirottato la “figlia dal normale percorso dalla scuola alla casa d’abitazione aveva integrato una violazione di legge”.
A nulla, quindi, è valsa la singolare giustificazione del genitore, relativa al primo motivo di ricorso: ossia che lui non voleva far incontrare la figlia dal nonno, ma “solo” di indurla a scusarsi col medesimo, con il quale in precedenza si era comportata (secondo il genitore) in modo insolente.
Verrebbe da dire: Ohibò! Questo ragionamento è singolarmente affine a quello dell’adolescente che, tirando una moneta in aria, scommetteva con la ragazzetta: “se esce testa ti do un bacio, se esce croce il bacio me lo dai tu!". Vi pare?
Alla fine, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile, ed ha condannato il genitore in argomento, al pagamento di mille euro di ammenda a favore della Cassa delle Ammende.

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