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Messina – Truffa per 13,6 milioni di euro tra le pesanti accuse a Capone

Francesco Torre

Messina – Truffa per 13,6 milioni di euro tra le pesanti accuse a Capone

mercoledì 21 Novembre 2012

Avrebbe percepito indebitamente fondi della Regione siciliana nel periodo dal 2006 al 2011. L’ex assessore al centro di un sistema di potere nel settore della formazione

MESSINA – Una troupe di Report si trova in questi giorni nella Città dello Stretto per realizzare un’inchiesta sul settore della formazione. La cosa non può stupire, viste le ultime vicende giudiziarie ed extra-giudiziarie che hanno messo a nudo la fragilità di un sistema nato e gestito – come ha detto recentemente il neo Presidente regionale Crocetta – “ad uso e consumo delle cricche”.
 
Tra queste vicende, potremmo certamente citare la recente condanna al risarcimento inviata all’ex assessore regionale Centorrino, gli articoli di giornali nazionali contro la ragnatela di piccoli e grandi enti che gravitano attorno al deputato Francantonio Genovese e al Pd, ma soprattutto l’emblematica e tristissima indagine della Procura nei confronti dell’ex assessore comunale al Lavoro e alla Viabilità Melino Capone.
Quest’ultimo, secondo la ricostruzione del sostituto procuratore Camillo Falvo e sulla base dei riscontri effettuati dagli uomini della sezione di Pg della Guardia di Finanzia, avrebbe percepito indebitamente dalla Regione siciliana dal 2006 al 2011 l’assurda somma di 13 milioni e 600 mila euro per la realizzazione di corsi di formazione con la sigla Ancol (Associazione nazionale delle comunità di lavoro) Sicilia. Della suddetta onlus senza scopo di lucro, infatti, Capone – dopo contrasti con la sede centrale di Roma – non era più commissario regionale proprio dal 2006, ed erano addirittura stati sciolti tutti i circoli in Sicilia. Nonostante ciò, l’ex assessore ha continuato a presentare progetti sfruttando la sigla e a percepire gli emolumenti di cui sopra, destinati in gran parte al pagamento di stipendi (alcuni davvero da nababbi) a familiari propri e di illustri colleghi di partito: tra tutti l’ex sindaco Giuseppe Buzzanca (impiegate con ruolo di dirigenti risultano la moglie e la sorella) e il senatore Domenico Nania.
Ora Capone è accusato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, e con lui due funzionarie della Regione siciliana, Patrizia Di Marzo e Anna Saffioti, che avrebbero archiviato senza prendere provvedimenti una lettera contenente un’esplicita denuncia dalla sede centrale dell’Ancol. Lettera che poi, inviata anche alla Procura della Repubblica, ha dato origine a questa seconda fase dell’inchiesta, che in realtà aveva avuto origine nel 2009 su richiesta dell’ex magistrato Franco Langher.
Negli anni presi in considerazione Melino Capone aveva aperto nuove sedi dell’Ancol a Barcellona, Priolo, Catania, Palermo e Mirabella Imbaccari, assumendo decine di persone. Era questo il suo curriculum, la carta da spendere per ottenere ruoli istituzionali. Non altro, come possono dimostrare i suoi trascorsi da assessore, di certo non uno dei migliori nella storia della Città dello Stretto.
 

Le reazioni. Stupore, promesse e recriminazioni

MESSINA – Aveva assunto la madre pagandola 5.500 euro al mese, e il padre con stipendio da 3.500 euro. E all’interno aveva piazzato il fratello, la moglie del fratello e tre cugini, oltre a garantirsi la benevolenza della sua area politica agevolando volti noti del Pdl area An. E tutto questo con soldi pubblici, provenienti in massima parte dalla Comunità europea ma in misura del 30% anche dallo Stato e dalla Regione. Per cui, da noi tutti.
Molteplici le reazioni alla notizia: il direttore generale del dipartimento regionale della Formazione professionale, Ludovico Albert ha dichiarato di non saperne niente e di volersi costituire parte civile nell’indagine; Crocetta ha parlato di “feudi” promettendo “piazze pulite” di difficile attuazione, visto che alcuni punti nevralgici del potere nel settore stanno proprio al suo fianco; mancavano solo le recriminazioni dei dipendenti Ancol per riempire il Presepe, e difatti sono puntualmente arrivate. Senza vergogna. (ft)

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