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Catania – Aligrup, situazione ingestibile. Sono 771 le famiglie nel caos

Antonio Leo

Catania – Aligrup, situazione ingestibile. Sono 771 le famiglie nel caos

giovedì 22 Novembre 2012

Durissimo colpo per i dipendenti che adesso, per bocca dei sindacati, chiedono la Cassa integrazione. I liquidatori hanno avviato la “procedura per la dichiarazione di mobilità”

CATANIA – Brutte notizie. È arrivata la lettera che i dipendenti Aligrup non avrebbero mai voluto leggere. I liquidatori della società di San Giovani La Punta, preso atto di una situazione divenuta ingestibile, con impiegati senza stipendio da mesi, hanno avviato la “procedura per la dichiarazione di mobilità–riduzione di personale ex art. 24 legge 223/91”, dandone tempestiva comunicazione alle sigle sindacali, alla Confcommercio, nonché all’Assessorato regionale al Lavoro. Sono 771 i lavoratori che perdono il posto, tra addetti ai punti vendita e agli uffici amministrativi dislocati su tutto il territorio regionale. Dopo mesi di trattative estenuanti, voci di corridoio e proteste clamorose, per i lavoratori dei punti fuori dalle operazioni di vendita la partita si chiude con una fumata nera come la pece.
Una vicenda che va avanti da quasi un anno – I liquidatori, nelle motivazioni che giustificano la procedura di mobilità, ripercorrono le tappe fondamentali di una storia iniziata male e finita peggio. “A seguito di approvazione del bilancio di esercizio al 31 dicembre 2011 – si legge nella raccomandata inviata alle parte sociali – si è certificato una perdita di oltre otto milioni di euro e alla successiva data del 31 maggio 2012, un’ulteriore sopragiunta perdita di ulteriori sette milioni, che ha comportato l’azzeramento del capitale sociale producendo un deficit patrimoniale di quasi quattro milioni di euro”. Un buco che di fatto ha rappresentato l’iceberg su cui si è infranta la nave Aligrup, iniziando così un’agonia lenta e inesorabile.
“Per questo motivo – è scritto ancora nel documento – gli organi collegiali societari hanno adottato la decisione di porre in liquidazione la società, cosa che è avvenuta in data 23 luglio 2012, con la conseguente nomina di un Collegio dei liquidatori a cui sono stati affidati i compiti previsti dalle vigenti normative e l’esercizio provvisorio dell’impresa, che avrebbe dovuto, come primario obiettivo, tentare la dismissione dei rami commerciali con il miglior realizzo e realizzare ai sensi dell’ex art 182 bis della legge fallimentare un programma di ristrutturazione debiti”. Obiettivi che però sono falliti miseramente.
“Purtroppo il tentativo di dismissione dei rami aziendali – ammettono i liquidatori a conclusione della loro cronistoria dei fatti – non si è concretizzato e questo ha comportato la non procedibilità dell’operazione di ristrutturazione dei debiti, e per l’effetto si è incamerata la procedura concorsuale del concordato preventivo, ancora in corso di definizione, che dovrà per forza di cose prevedere una ristrutturazione aziendale con una riduzione degli organici attuali insiti nelle unità non più produttive e profittevoli”.
“In conseguenza di ciò – si chiude lapidaria la missiva – si rendono necessari interventi strutturali sul personale, atteso che ad oggi si evidenzia una dimensione di esuberi pari a 771 unità lavorative”. Un taglio di circa il 50% della forza lavoro dell’azienda, con migliaia di famiglie intrappolate tra un passato recente di mancate retribuzioni e un futuro ancora più fosco, senza nemmeno la certezza di un lavoro.
Mobilità – Una parola che stride come un coltello su un piatto per i dipendenti, ma che per Pietro la Torre di Uiltucs Sicilia significa, e deve significare, una sola cosa: “Cassa integrazione”. “La procedura che abbiamo avviato – spiega La Torre – è una procedura di mobilità che teoricamente è quella per i licenziamenti. In realtà serve per provocare una discussione. C’è già un accordo di massima per addivenire all’utilizzo della Cassa integrazione e non arrivare subito al licenziamento. Da ora ci sono 75 giorni di tempo, ma vogliamo chiudere la vicenda il più presto possibile. Una volta definita la pratica il Ministero impiega circa tre mesi per erogare le somme del trattamento economico: più tempo passa e più peggiora la situazione dei lavoratori che ormai sono senza retribuzioni”. Infatti, mentre si aspetta che la burocrazia faccia il suo corso, i lavoratori non percepiscono lo stipendio da tre mesi.
Le partite ancora aperte – “Di definitivo non abbiamo nulla anche perché abbiamo chiesto, relativamente agli acquirenti, di verificare non solo la bontà della proposta nell’immediato, ma anche le capacità tecniche ed economiche nel lungo periodo. Non vorremmo che la medicina fosse peggio della malattia”. Così Pietro La Torre, con i piedi di piombo anche per quanto riguarda le trattative in corso di definizione per 27 punti vendita. Da questo altro versante della faccenda Aligrup ci sono due novità, un buona e l’altra cattiva. Iniziamo dalla prima, con la Corte di Cassazione catanese che ha fatto sapere come i cinque punti vendita del palermitano, afferenti alla parte dell’azienda denominata K&K, sono cedibili immediatamente senza seguire la procedura del concordato preventivo. La brutta notizia è invece il passo indietro del gruppo Abate, il quale aveva opzionato otto esercizi. Allo stato odierno continua a esserci un solo accordo di massima con il gruppo Arena di Enna per cinque punti vendita. Restano calde anche le operazioni in corso con il gruppo Romano e, a quanto pare, sarebbe arrivata una nuova manifestazione di interesse per quattro punti da parte del Gruppo Alioto.

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