Imu e art. 18, esenzioni per i privilegiati - QdS

Imu e art. 18, esenzioni per i privilegiati

Carlo Alberto Tregua

Imu e art. 18, esenzioni per i privilegiati

mercoledì 28 Novembre 2012

Chiesa, partiti, associazioni, sindacati

Il Governo dei tecnici ha approvato la norma che disciplina l’applicazione dell’Imu per gli enti no profit, ma sembra una fotografia molto conveniente per uno Stato estero qual è quello del Vaticano.
Sia chiaro, qui non sono in discussione gli alti valori morali e religiosi della Chiesa cattolica, che alimentano lo spirito di coloro che credono; qui sono in discussione i vantaggi materiali che codesto Stato estero ottiene da quello italiano, cioè da noi cittadini, anche speculando e usando quei valori morali come una leva.
La norma approvata dal Consiglio dei ministri non solo è in netto contrasto con la direttiva europea a riguardo, ma anche con due pareri del Consiglio di Stato, col rischio che l’Ue apra una procedura di infrazione contro l’Italia per aiuti di Stato ad un Paese straniero quale, ripetiamo, è lo Stato del Vaticano.
Esso agisce nel suo territorio e ha diplomatici in tutto il mondo, una sua banca nazionale, lo Ior (che ha compiuto tante nefandezze). Con il provvedimento indicato la Chiesa di fatto non paga l’Imu allo Stato italiano attraverso le decine di migliaia di strutture insediate nel nostro territorio nazionale. Si parla di un taglio alle entrate previste di oltre 4 miliardi.

Tutto ciò mentre i possessori di prima casa e di altri immobili stanno duramente scontando l’aumento delle rendite catastali di ben il 60 per cento nonché le aliquote che la maggior parte degli 8.082 Comuni italiani hanno portato al massimo per rimpinguare le loro esangui casse.
Il privilegio della sostanziale esenzione dell’Imu per la Chiesa è accompagnato da altri privilegi a favore di associazioni, sindacati e partiti politici, i quali approfittano del loro status per non pagare quanto dovuto allo Stato italiano.
Proprio queste tre categorie dovrebbero dare l’esempio di equità e rispondere con immediatezza alla chiamata del fisco. Così non accade perché le loro lobby intervengono pesantemente attraverso le cinghie di trasmissione che si trovano in Parlamento attraverso deputati e senatori, che ovviamente, per riconoscenza, li proteggono.
Si sa, l’Italia è il Paese di tanti privilegiati, riuniti in corporazioni che, infischiandosene del bene comune, approfittano per speculare, in modo da ottenere i massimi vantaggi per loro stessi.

 
Vi è un altro privilegio che hanno le quattro corporazioni citate: non hanno l’obbligo di rispettare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (L. 300/70). è inspiegabile come proprio sindacati e partiti politici, nonché le associazioni, fra cui quelle imprenditoriali, possano tranquillamente assumere e licenziare i propri dipendenti al di fuori del recinto vincolante per imprese e professionisti. Ed è sintomatico che la grande stampa e i media radiotelevisivi non si siano occupati e non si occupino di questo fatto gravissimo e iniquo.
Come si può pensare di rimettere in moto questo Paese, duramente colpito dalla recessione se non si ripristinino regole di equità e soprattutto l’effettiva aplicazione dell’articolo 3 della nostra Costituzione?
Non è vero in atto che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Come diceva il compianto Enzo Biagi qualcuno è più uguale degli altri.
Questo è lo sforzo principale che dovrebbe fare l’attuale Governo, cosiddetto dei tecnici, in questi ultimi mesi di lavoro, e questo dovrebbe fare il primo Governo della prossima (XVI) legislatura, anche se vi sono grandi timori e perplessità sull’effettiva capacità di convincere gli italiani ad andare a votare.

Se i seggi elettorali fossero visitati solo dal 50 per cento degli aventi diritto al voto, si creerebbe una situazione analoga a quella greca con la necessità di dovere ritornare al voto, oppure di riformare un governo di emergenza richiamando Mario Monti ancora una volta nella veste di commissario straordinario.
Ora, se è vero che il Professore ha quasi rimesso in equilibrio i conti pubblici, è anche vero che sul versante del taglio della spesa corrente improduttiva ha fatto quasi niente.
Il naufragio previsto della riforma delle Province, l’incapacità di tagliare i vitalizi al ceto politico e di tagliare i compensi di decine di migliaia di persone che percepiscono indennità senza far nulla (anzi facendo danno), e, ancora, l’incapacità di mettere ordine nella Pubblica amministrazione sono lacune che depongono male, perché non consentono di rimettere in moto la crescita di cui il Paese e i cittadini hanno urgente bisogno.

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