Controlli fiscali, la Cassazione boccia gli indici di redditività - QdS

Controlli fiscali, la Cassazione boccia gli indici di redditività

Salvatore Forastieri

Controlli fiscali, la Cassazione boccia gli indici di redditività

martedì 18 Agosto 2009

Durissimo colpo inflitto agli studi di settore, a cui non si riconosce nemmeno valore retroattivo. La “non congruità” dei ricavi dichiarati non significa necessariamente “evasione”

PALERMO – Durissimo colpo della Corte di Cassazione agli studi di settore ed a tutti gli altri metodi presuntivi-tabellari di accertamento.
Con uno studio (relazione tematica n. 94 del 9 luglio 2009) condotto sui diversi sistemi di controllo fiscale, la Suprema Corte ha bocciato senza mezzi termini gli accertamenti basati esclusivamente sulle risultanze di tutti gli indici di redditività esistenti (come i parametri e gli studi di settore), ritenendo assolutamente privo di qualunque valore probatorio il semplice scostamento del reddito dichiarato da quanto risultante dall’applicazione dei suddetti indici di redditività (Ge.ri.co. per gli studi di settore) .
Ha affermato pure che gli studi di settore più aggiornati non hanno valore retroattivo, a meno che non risultino più favorevoli a quelli in vigore negli anni precedenti all’aggiornamento. Prevalgono – comunque – sui vecchi “parametri” costituendo certamente un sistema più evoluto di determinazione del reddito.
Secondo la Cassazione, quindi, la semplice “non congruità” dei compensi o dei ricavi dichiarati dal contribuente non corrisponde automaticamente ad evasione. Tutt’al più, questa circostanza può essere assunta dall’Ufficio fiscale come semplice elemento da valere come presunzione semplice la quale, solo unitamente ad altre presunzioni di fonte diversa, può attribuire sufficiente valore probatorio alle risultanze alle quali perviene l’Amministrazione Finanziaria.
C’è da dire, per la verità, che queste nuove osservazioni della Cassazione, seppure importantissime al fine di dare una sempre più precisa qualificazione degli studi di settore e degli altri indici di redditività del genere, non giungono assolutamente nuove agli addetti ai lavori e nemmeno ai contribuenti i quali, facendosi forti dalla più recente giurisprudenza in materia ma anche dalle recenti direttive dell’Agenzia delle Entrate (sicuramente oggi molto più aperta alle giustificazioni dei contribuenti circa la non congruità dei loro ricavi), negli ultimi due anni hanno scelto di adeguarsi alle risultanze di Ge.ri.co. solo nel 60% dei casi, preferendo – invece – affrontare nel restante 40% dei casi il contraddittorio per spiegare all’Ufficio i motivi dello scostamento.
Anche l’Agenzia delle Entrate, che evidentemente ritiene importantissimi – anche al fine di aumentare l’adesione spontanea all’adempimento tributario – gli studi di settore, sembra favorire l’accertamento “condiviso” rispetto a quello semplicemente “applicato”, puntando principalmente verso gli scostamenti più significativi, da confrontare con la storia del contribuente e con tutti gli altri elementi di cui l’Amministrazione Finanziaria è in possesso, principalmente (nel caso di persone fisiche) con gli indici di capacità economica (il così detto “redditometro”).
Perfettamente in linea con la Corte di Cassazione anche una recente relazione della Commissione di Vigilanza sull’Anagrafe tributaria (presidente Maurizio Leo) della Camera dei Deputati, con la quale si afferma che gli studi di settore sono uno strumento ormai superato e si auspica l’introduzione di una sorta di “redditometro di massa”, ovvero un nuovo sistema che, basandosi sulle capacità di spesa dei cittadini, riesca ad individuare facilmente le situazioni che appaiono non coerenti.
Continua quindi la brusca discesa degli studi di settore. L’onere della prova è ormai definitivamente passato dal contribuente al fisco.
 

 
Nel 2008 quasi 8.000 controlli della Guardia di Finanza in Sicilia
 
PALERMO – Nel 2008 sono stati effettuati 7.760 controlli dalla Guardia di Finanza in Sicilia, che hanno individuato ai fini delle imposte dirette 1 miliardo e 217 milioni di euro di redditi non dichiarati e di costi indeducibili e 11 milioni di euro di ritenute non operate o non versate. Sull’Iva, invece, è stato accertato un totale di imposta evasa o non versata di 269 milioni.
L’attività di controllo delle fiamme gialle in Sicilia ha appurato 687 violazioni costituenti reato, 150 soggetti deferiti all’Autorità giudiziaria, 6 invece, quelli tratti in arresto per associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e per violazione al decreto legislativo numero 74 del 2000, ovvero per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Per non parlare poi dell’economia sommersa, del lavoro nero e del mancato rilascio degli scontrini. Sempre nel corso del 2008, gli uomini della Guardia di Finanza in Sicilia hanno scoperto nel campo del “sommerso d’azienda” 743 evasori, di cui 645 evasori totali.

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