“Ci sono molte riflessioni da fare sui beni culturali, perché è facile osservare i mali che l’affliggono. Spesso, l’attenzione dell’opinione pubblica è rivolta alle distorsioni quali quelle che riguardano la politica sociale, l’economia e la Pubblica Amministrazione, ma non sui beni culturali. Molte strutture possono essere migliorate e possono attrarre risorse, ma tutto ciò potrà accadere se prevarrà il senso di responsabilità”.
“Le ricette sono state preparate da molto tempo, ma occorre che siano tradotte in pratica. Per fare ciò, occorre lavorare su queste ricette, puntando su cultura, economia e turismo. Il compito dell’operatore dei Beni culturali nasce come conservatore dei beni. Perciò, la sua formazione culturale è votata alla conservazione, ma il ruolo di difesa dei Beni culturali si deve sapere fare con intelligenza”.
“Esistono, ma occorre cercare di trasferire la capacità di proposta. L’organizzazione dei Beni culturali in Sicilia è vecchia di 35 anni ed è esclusiva, perché spetta di competenza alla Regione. Perciò, si sta cercando di allineare la legislazione siciliana a quella nazionale. Del resto, il patrimonio culturale siciliano non appartiene solo alla Sicilia, ma a tutto il mondo, però deve essere reso attrattivo per i turisti, valorizzandolo. Tuttavia, tale valorizzazione può avvenire con l’intervento di operatori economici, così che le condizioni che si creerebbero, permetterebbero al patrimonio culturale di divenire generatore di cultura e di economia. Un monumento restaurato a non poco costo è mantenuto dall’assessorato con risorse finanziarie notevoli nello stato in cui è stato comprato o restaurato, ma non si può valorizzarlo a livello economico da parte dell’assessorato cosa che, invece, possono fare gli operatori economici. Il rischio è che, lasciando la struttura nelle mani dell’assessorato, venga abbandonata per mancanza di fondi. Potrebbero esserci degli investitori siciliani, ma, finora, non si sono impegnati come è accaduto con il teatro Bellini di Catania”.
“Esistono una serie d’investimenti fatti nel tempo che hanno consentito di recuperare quei beni culturali che possono attrarre nuovi investimenti, i cosiddetti “attrattori culturali”. Tuttavia, questi ultimi devono essere messi in condizione di essere offerti a livello internazionale. Non occorre svendere il patrimonio culturale poiché ciò darebbe la possibilità di interventi speculativi e non deve accadere. La scommessa dell’amministrazione si basa sulla valorizzazione del patrimonio, che non è la costituzione dei servizi aggiuntivi che sono operazioni, spesso, speculative. Si tratta di beni culturali che vanno messi in condizione di poter essere utilizzati da un punto di vista turistico ed economico, però è l’operatore economico che può suggerirlo”.
“La Sicilia ha molte possibilità e i comuni siciliani possiedono i musei che, però, non sono conosciuti e sono sentiti estranei dal pubblico. Quando i potenziali visitatori trovano un museo chiuso per la disorganizzazione del personale, non sono invogliati a tornare. Eppure, il museo è la vetrina che presenta una regione, anche perché in Sicilia si è deciso di potenziare le realtà locali, purché possano attrarre flussi turistici”.
“Finora, l’amministrazione è formata da 3.600 dipendenti e i dirigenti costituiscono il 10%, uno ogni 9 funzionari, perciò la media generale è la stessa di quella della Regione. La dirigenza presente si giustifica per la complessità del dipartimento e l’attuale assessore, prof. Zichichi, ha espresso la necessità che tutta la macchina amministrativa dell’assessorato si modernizzi. Quest’invito è stato accettato di buon grado dal nostro dipartimento, però bisogna sapere cosa fare”.
“La cultura si può fare anche in posti non strettamente culturali; sono stati recuperati teatri, solo che non sono aperti al pubblico. Occorre, perciò, mettersi a disposizione degli operatori culturali, ma la decisione di separare i cinema e i teatri dai Beni culturali è andata in controtendenza rispetto alla politica seguita dal Ministero. Oggi, questi settori spettano al dipartimento al Turismo, ma i dipartimenti non troveranno difficoltà a collaborare”.
“Occorre togliere tutti i freni legislativi non indispensabili che impediscono ai privati di poter avere la gestione dei beni e rendere i musei più attrattivi. Esiste una forte presenza di personale in questi ultimi che deve comprendere che i musei hanno un senso se sono aperti al pubblico. Un altro provvedimento è l’apertura all’associazionismo che fa cultura, evitando le tendenze clientelari e i contributi a pioggia. Un’altra proposta riguarda le autorizzazioni che vanno semplificate. Esiste un provvedimento di legge già pronto che la giunta deve esaminare. Infine, occorre accorpare la tutela del paesaggio al piano urbanistico, uniformando la legislazione siciliana a quella nazionale così da eliminare le storture oggi vigenti”.
“Sì, le nostre opere possono andare all’estero ma prima devono attrarre i flussi turistici in Sicilia. Le nostre opere sono state inviate all’estero in occasione di eventi, quali le olimpiadi, o in visita a musei internazionali in modo indiscriminato. Se le opere d’arte possono attrarre turisti in Sicilia, creando un circuito economico virtuoso, le economie locali potranno usufruirne, aiutandole nello sviluppo. Invece, le opere che sono ospitate nei grandi musei esteri che già possono essere sostenute da fondazioni private molto forti economicamente, non incidono molto sulla loro gestione economica”.
“Il sito dei Beni culturali della Regione siciliana è uno dei migliori. Il sito deve indurre il potenziale turista a venire in Sicilia, ma devono esistere dei collegamenti con i tour operetor in grado di poterlo agevolare. Il Palazzo Branciforte è stato offerto dalla Provincia di Palermo alla Fondazione del Banco di Sicilia che lo mantiene bene. Nessun impiegato potrebbe adottare comportamenti che possano nuocere all’immagine del museo, mentre in assessorato si attiverebbero delle procedure che divengono onerose in termini di tempo impiegato. Queste iniziative delle province possono essere prese ad esempio per le iniziative regionali, seppur disponga di un patrimonio notevole. Questi monumenti, del resto, occorre farli vivere al pubblico, sensibilizzando anche le università, che possiede una parte di questi beni”.