Aligrup, cronaca di una tragedia evitabile - QdS

Aligrup, cronaca di una tragedia evitabile

Antonio Leo

Aligrup, cronaca di una tragedia evitabile

sabato 19 Gennaio 2013

Chiudono gli esercizi, la Regione si sveglia. Azienda leader nel settore della Gdo collassata sotto i colpi della crisi e delle lungaggini burocratiche

PALERMO – I punti di vendita Aligrup chiudono i battenti. La notizia che non avremo mai avuto leggere, è arrivata nei giorni scorsi attraverso un gelido e striminzito comunicato del liquidatore della società di San Giovanni La Punta. Un cronoprogramma che vedrà ben 16 esercizi abbassare le saracinesche nel giro di una settimana. Domani toccherà a tre negozi dislocati tra Acireale, Tremestieri etneo e Palermo (il noto Centro Guadagna). Mesi e mesi di trattative non sono serviti praticamente a nulla, se non a prolungare l’agonia di quei lavoratori che ormai fanno fatica anche a comprare il pane. Ripercorriamo le tappe che hanno portato a questa ingloriosa fine per uno dei gruppi che fino a un paio di anni fa era considerato un colosso della grande distribuzione nazionale.
La genesi di un disastro.
Il fallimento di Aligrup è legato a doppio filo con due circostanze, una economica e l’altra giudiziaria. La crisi e l’altissima concorrenza che negli ultimi anni si è venuta a creare nel settore della distribuzione in Sicilia hanno certamente incrinato i conti dell’azienda, la quale dal canto suo ha fatto qualche scelta azzardata. Aprire diversi grandi esercizi nell’hinterland catanese a pochi chilometri l’uno dall’altro non ha fatto che balcanizzare la clientela e aumentare notevolmente i costi. Ciò ha letteralmente logorato le finanze della società, che oggi registra un buco di oltre 100 milioni di euro e svariati creditori da soddisfare. Ma se questo è un aspetto fondamentale della vicenda, qualcuno punta il dito nei confronti dell’altro filone. Bisogna sapere che il gruppo puntese era saldamente in mano fino a poco tempo fa al suo fondatore Sebastiano Scuto, passato agli onori della cronaca come il “re” dei supermercati nell’Isola: da solo ha costruito un impero con circa 50 ipermercati dislocati tra Palermo e Catania, tra Ragusa e Siracusa. E ha formato un esercito di 1.600 dipendenti più altre 4.000 persone afferenti all’indotto. Tempi d’oro, finiti quando il Tribunale di Catania ha aperto un’inchiesta a suo carico per associazione mafiosa. L’accusa sostiene che Scuto sia colpevole di aver finanziato una cosca mafiosa etnea, riciclandone il denaro e ottenendo in cambio protezione. Una tesi avallata durante il processo di primo grado, in cui l’imprenditore è stato condannato a 4 anni e 8 mesi. Adesso è in corso il secondo grado del giudizio e bisognerà vedere se i giudici dell’appello confermeranno o meno la sentenza. Qualcuno probabilmente si starà chiedendo cosa centri questa parentesi. Centra eccome. Quando iniziarono le indagini, la Procura catanese ha disposto la confisca del 15% dell’azienda, il che naturalmente ha legato le sorti di ogni trattativa alle pronunce del Tribunale. Il custode, infatti, è delegato espressamente dalla Corte e da tutti i potenziali compratori quale supervisore ed elemento di garanzia (tutte le trattative devono ottenere l’autorizzazione della Corte). Il meccanismo, però, è risultato un po’ farraginoso, tanto che nel corso di questi mesi l’amministratore è cambiato per ben tre volte.
La telenovela delle Cooperative.
Nel maggio dello scorso anno, la società Aligrup Spa in liquidazione inizia una lunghissima trattativa con un gruppo che viene visto immediatamente come il salvatore della patria: le Coop. Vengono firmate alcune lettere d’intenti e un contratto preliminare che prevede l’acquisizione di 21 punti vendita su un totale di 46, mica male. Viene fissata anche una data di scadenza per l’acquisizione nel mese di giugno. Tutto sembra andare per il verso giusto, ma manca una conditio sine qua non: il nulla osta della Corte d’Appello. Un via libera che non è mai arrivato. Nel frattempo viene nominato il nuovo custode nella persona di Massimo Consoli. Le Coop (due quelle in ballo, Adriatica e Nord Est, le quali per l’occasione avevano anche creato una supersocietà con un capitale di circa 3 milioni di euro) cominciano a spazientirsi, ma fissano una nuova data, improrogabile: entro il 10 settembre Aligrup dovrà adempiere alle loro richieste. Sindacati, politici e giornali annunciano la cosa come fatta. La realtà palesatasi di li a poco è ben diversa.
Addio Coop, inizia l’agonia.
Arriva settembre e porta con se, finalmente, il nulla osta del Tribunale. Ma le Coop, ritenendo violati i presupposti contrattuali ai quali si era faticosamente giunti, decidono di uscire di scena. Qualcuno parla anche di timore di una possibile revocatoria, altri di indisponibilità ad assorbire l’intero parco dipendenti che supera le 1.500 unità. Iniziano così a serpeggiare i primi malumori, gli stipendi tardano ad arrivare e la soluzione sembra sempre più lontana. Il custode giudiziario Massimo Consoli, a inizio ottobre, afferma però con una certa sicumera che la partita è tutt’altro che persa, con una mezza dozzina di aziende siciliane pronte a rilevare i punti vendita. In quei giorni nasce il cosiddetto “spacchettamento” del Gruppo, una strategia che coinvolge 27 esercizi e di cui ancora oggi i dipendenti pagano le conseguenze. Non passa molto, circa un mese, ed ecco un triplo colpo di scena: il Tribunale “fa fuori” Consoli, nomina il nuovo custode nella persona di Nicola Lo Iacono e cambia la forma giuridica del procedimento. Si abbandona l’iter scelto all’inizio, cioè la procedura del 182 bis (la ristrutturazione dei debiti da parte dell’azienda con i creditori e la successiva omologazione da parte del Tribunale) per passare alla procedura concordataria. Secondo il commissario liquidatore dell’azienda, Maurizio Verona, la nuova procedura concorsuale permetterebbe al Tribunale fallimentare di entrare nel vivo delle trattative, offrendo così maggiori garanzie sia ai creditori che agli acquirenti. Ma le trattative non decollano e così, nella prima decade di dicembre, per circa 1.256 lavoratori viene chiesta e ottenuta la Cassa integrazione. Uno strumento che però fino a oggi non è mai partito. Intanto anche Verona, uno dei registi della prima ora, si dimette e al suo posto subentra Agatino Rizzo.
I risultati ottenuti e le prospettive.
Dopo quasi un anno di trattative incessanti, su 46 punti vendita soltanto cinque sono stati piazzati. Lo scorso mese, infatti, il Gruppo ennese Arena ha rilevato quattro esercizi del catanese e uno a Valguarnera, tutti già riforniti e perfettamente funzionanti. Per il resto, la situazione è desolante. Lo scorso 14 gennaio si attendeva la sentenza del Tribunale sul concordato preventivo per l’affitto del ramo d’azienda, ma la decisione ha subito un nuovo rinvio. Altri 30 giorni di tempo sono stati concessi ad Aligrup per riempire di contenuti l’accordo presentato in bianco. Nelle intenzioni della società, stando alle notizie riferite al QdS dalla Cisal, il fantomatico documento dovrebbe vedere luce il 28 del mese corrente. Ma a oggi le uniche trattative in piedi sono quelle con Conad e Re Leone per un totale di 10 punti vendita. Operazioni ancora lontane da una conclusione positiva. E ora è arrivata anche la mazzata della chiusura degli esercizi che partirà proprio da domani (nella tabella qui sopra trovate il programma). Qualche giorno fa le parti sociali sono state sentite in Commissione attività produttive dell’Ars. La Regione ha preso precisi impegni per evitare che la vicenda si trasformi in tragedia sociale. Si spera che non sia troppo tardi.
 

 
Le parti sociali avvertono: “Lavoratori ormai al limite”
 
CATANIA – La notizia della chiusura dei punti vendita non è stata accolta bene dai sindacati. “La situazione – ha affermato Paolo Magrì, segretario Cisal della provincia di Catania – si fa sempre più drammatica. Martedì scorso siamo stati convocati all’Ars e durante l’incontro si dicevano cose diverse rispetto alla chiusura. Quest’ultima, mi ha spiegato il direttore del personale di Aligrup, è necessaria per dimostrare che c’è la messa in liquidazione e la cessazione delle attività, in modo che il concordato venga presentato”. Concordato che, nelle intenzioni della società, dovrebbe essere reso noto il 28 del mese corrente. Ma cosa potrebbe esserci dentro questo fantomatico documento? “Le trattative che stanno ancora in piedi – ha continuato il sindacalista – sono quelle con Conad e Re Leone”. In totale queste due operazioni ricomprendono dieci punti vendita e assorbirebbero circa 230 dipendenti. Ma su Re Leone pendono molti dubbi. “Il problema di quest’ultima – ha precisato Magrì – è che è una piccola azienda: sicuramente con tanta volontà e voglia di lavorare, però siamo perplessi perché si è parlato da parte loro di dare in affido i punti che acquisiscono”. E intanto la rabbia lavoratori, che ormai non vedono un soldo bucato da mesi o a stento percepiscono il 25% dello stipendio quando sono fortunati, rischia di esplodere. “Noi come organizzazioni sindacali – ha concluso Magrì – non siamo più in condizione di tenere a freno i lavoratori, perché non c’è più alcun presupposto per poterlo fare. I lavoratori sono da mesi senza stipendi, non stanno percependo la Cassa integrazione e quelli che avevano la speranza di rientrare in qualche operazioni adesso si vedono chiudere gli esercizi in cui lavorano”. Intanto già oggi è previsto uno sciopero dei lavoratori presso il Centro commerciale “Le Zagare”.
 

 
Le ultimissime
PALERMO – Nei giorni scorsi si è riunita all’Ars la Commissione Attività produttive per fare il punto della situazione sulla vertenza Aligrup. Nel corso dell’incontro sarebbe emerso un nuovo interessamento delle Coop. Addirittura è uscito fuori anche un numero di punti vendita sotto la lente delle Cooperative: 12. Ma quanto c’è di vero? Lo abbiamo chiesto a Paolo Magrì della Cisal:“Ero presente alla riunione e non si è parlato né di numeri di punti vendita, né tanto meno di quali fossero. So che la Coop è intenzionata a risedersi al tavolo delle trattative e la Regione sarà garante. Ciò che ci da speranza per il futuro è che la Regione avrebbe chiesto una diretta interlocuzione con la proprietà per capire quali sono le loro reali intenzioni e per conoscere i motivi che hanno fatto saltare le trattative”. Intanto il deputato nazionale Basilio Catanoso ha chiesto l’intervento del Governo. Al parlamentare etneo ha risposto a stretto giro di posta, Michel Martone, vice ministro del Lavoro: “Il ministero dello Sviluppo economico ha assicurato la più ampia disponibilità ad aprire un tavolo di confronto con tute le parti coinvolte”.

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