Quinto Conto, perché conviene autoconsumare l’energia prodotta - QdS

Quinto Conto, perché conviene autoconsumare l’energia prodotta

Bartolomeo Buscema

Quinto Conto, perché conviene autoconsumare l’energia prodotta

mercoledì 23 Gennaio 2013

La metà dei ricavi da tariffa omnicomprensiva dev’essere dichiarata al fisco e sottoposta a tassazione. Meglio rinunciare agli incentivi e programmare l’accensione degli elettrodomestici

CATANIA – A differenza dei precedenti meccanismi d’incentivazione, il Quinto Conto Energia remunera con una tariffa omnicomprensiva la quota di energia netta immessa in rete dall’impianto e, con una tariffa premio, la quota di energia netta consumata sul posto.
Nel caso di un impianto con autoconsumo la tariffa spettante sarà, quindi, data dalla somma della tariffa omnicomprensiva sulla quota di produzione netta immessa in rete e della tariffa premio sulla quota di produzione netta consumata.
Molti si sono chiesti se conveniva immettere in rete l’energia prodotta o fare in modo di auto consumare il più possibile. Dopo il recente chiarimento dell’Agenzia delle Entrate, tutto è più chiaro. Procediamo con ordine.
Sul finire dello scorso anno, l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta a una richiesta di chiarimento del Gse, circa il trattamento fiscale sia della tariffa omnicomprensiva sia quella per l’autoconsumo del quinto conto energia.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, per impianti sotto i 20 kWp a servizio di un’abitazione, i ricavi dalla tariffa omnicomprensiva del Quinto Conto Energia costituiscono reddito soggetto a tassazione.
In parole povere, per gli impianti di potenza inferiore a 20 kWp, posti a servizio dell’abitazione di titolarità di persone fisiche o enti non commerciali, l’immissione in rete non concretizza attività commerciale, per cui la tariffa non è sottoposta al regime dell’Iva, mentre ai fini delle imposte dirette è considerato come "reddito diverso".
Ciò significa che i ricavi provenienti dalla tariffa omni comprensiva devono essere dichiaratati ai fini Irpef, mentre l’autoconsumo non è soggetto ad alcuna tassazione. Conviene, dunque, autoconsumare il più possibile.
Ciò, però, non è sempre possibile, perché molte famiglie concentrano i propri consumi di energia elettrica nelle ore serali, raggiungendo una quota di autoconsumo non più alta del 50%. Quindi almeno la metà dei ricavi da tariffa omnicomprensiva devono essere dichiarati al fisco.
Un contribuente con un reddito inferiore ai 15mila euro/anno deve, pertanto, dichiarare i proventi della tariffa omnicomprensiva, versando al fisco il 23%. Se ha un reddito da 15mila a 28mila euro/anno, pagherà invece il 27%, tra 28 e 55mila il 38%, sopra i 55mila il 41% e sopra ai 75mila il 43%. Un impatto economico non trascurabile.
Per esempio, un impianto da 3 kWp, installato in Sicilia, che entri in esercizio nel primo semestre di applicazione del Conto Energia e che produce 4.500 kWh/anno al servizio di un’utenza che autoconsumi il 40% dell’elettricità prodotta, per un contribuente che dichiara 28mila euro/anno di reddito, la tassa si porta via 215 euro l’anno.
Va da sé che più è alto il reddito, più alto è l’ammontare della tassa. A ciò si aggiunga che la tariffa omnicomprensiva rimane fissa per venti anni, mentre le aliquote Irpef probabilmente aumenteranno. Un motivo in più per rinunciare agli incentivi e organizzarsi per autoconsumare quanta più energia possibile, magari con piccoli sistemi che programmano l’accensione della lavatrice o della lavastoviglie di giorno, quando l’impianto fotovoltaico produce più energia.

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