Ratzinger a Wojtyla uno schiaffo virtuale - QdS

Ratzinger a Wojtyla uno schiaffo virtuale

Carlo Alberto Tregua

Ratzinger a Wojtyla uno schiaffo virtuale

mercoledì 13 Febbraio 2013

Il Papa si dimette a sorpresa

Una marea di informazioni su quotidiani, radio e televisioni ha inondato l’opinione pubblica a seguito della comunicazione di Joseph Ratzinger, consistente nelle sue dimissioni irrevocabili a far data dal 28 febbraio prossimo, ore 20.
Forse non ci sarebbe bisogno di un ulteriore commento. Tuttavia, l’informazione ottima e abbondante non ha toccato un punto nodale: il differente comportamento del precedente Papa rispetto all’attuale (ancora per pochi giorni).
Il Polacco ha ritenuto di portare il suo privato in pubblico facendo vedere a tutti le gravi sofferenze che provava e ritenendo che tutto il mondo cattolico avrebbe dovuto considerare le sue pene, come un gravame sopportato nel nome di Dio.
Ma Dio non si serve ostentando i propri guai, ma anzi coprendoli di riserbo. Non abbiamo sentito voci critiche per quello che andiamo scrivendo né da parte di organi ufficiali della Chiesa (ci sarebbe mancato altro!) né da ambienti laici, che dovrebbero avere la libertà di esprimere chiaramente il punto di vista su ciò che accade. Non sappiamo se per prudenza o per viltà.

Karol Woityla è stato un Papa sui generis non certamente innovatore e lontanissimo dal Concilio Vaticano II, aperto nel 1962 da Giovanni XXIII, forse il più grande Papa di questi secoli. Infatti, tutte le innovazioni di Angelo Giuseppe Roncalli sono state messe nel dimenticatoio, cancellate o annullate con sistematicità. Mentre nel 1950 la Chiesa proclamò il dogma “infallibile” dell’assunzione di Maria che, secondo Hans Küng non solo è incomprensibile per uno scienziato, ma di cui non si trova alcun accenno né nella Bibbia né nella tradizione cattolica dei primi secoli.
Ricordiamo che l’ex patriarca di Venezia contribuì fortemente alla soluzione del conflitto tra John Fitzgerald Kennedy e Nikita Krusciov, che ebbe il punto più acuto nella crisi di Cuba nel 1963, anno in cui poi fu ucciso il presidente americano.
Il Papa polacco nominò joseph Ratzinger Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cioè a dire colui che doveva dettare la verità sulle vicende della Chiesa e sui suoi successivi comportamenti. Quello fu il segnale dell’indirizzo di politica religiosa che volle mettere in atto durante il suo Pontificato, durato ben 28  anni.

 
L’elezione del Papa tedesco non è stata una sorpresa, tenuto conto che sul piano teorico e teologico egli era la massima autorità della Chiesa Cattolica. Si sapeva che la sua linea non poteva che essere ultraconservatrice e fedele ai principi generali che hanno condotto la Chiesa di Roma in questi ultimi cento anni.
Il già citato Hans Küng, coetaneo e compagno di scuola di Ratzinger, è sempre stato in una posizione critica, soprattutto sui temi più brucianti che non vengono affrontati: aborto, uso del condom, pillola, castità dei sacerdoti, milizia delle donne ed altri. Tutti temi che hanno fatto allontanare i fedeli dalla Chiesa Cattolica perché non è possibile che essa si mantenga distante da usi, costumi e progresso, fermi restando, ben inteso, principi e valori morali che non mutano mai nel tempo.
Sostiene Küng che “non sempre chi sa nuotare, supera la paura dell’acqua”. Come dire che ci si può barcamenare nelle vicende umane, ma si ha paura che esse soverchino chi cerca di capirle.
Le Chiese si pongono in una posizione di intermediazione fra Dio e gli uomini, facendo balenare l’idea che liturgie e gerarchie siano indispensabili per unirli all’Essere supremo.

Un anonimo disse, nel 2012, che entro un anno il Pontificato di Ratzinger sarebbe finito. Tale profezia fu attribuita al cardinale di Palermo, Paolo Romeo. Ma egli lo ha smentito categoricamente e non c’è ragione di non credergli. Tuttavia la profezia si è avverata puntualmente. Chi l’ha fatta aveva la sfera di cristallo o sapeva cose che noi comuni mortali non sapevamo? Ai posteri l’ardua sentenza.
Resta il fatto che il Papa ha comunicato le sue dimissioni, peraltro in linea con l’obbligo di dimissioni che avrebbero i vescovi all’età di 75 anni. Valutiamo che il gesto è stato di grande coraggio, di umiltà e di consapevolezza che le sue forze non erano più adeguate all’Alto Magistero che unisce due compiti gravosissimi: la guida del mondo spirituale di un miliardo di esseri umani e la guida politica di uno Stato vero e proprio, molto ricco, con centinaia di ambasciatori (Nunzi apostolici) in tutto il Mondo. Ratzinger ha dimostrato di essere un vero uomo, di avere rispetto degli altri uomini, dando uno schiaffo virtuale a Wojtyla. Il prossimo Papa sarà nero? Lo sapremo entro marzo.

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