Messina – “Perché tanto accanimento contro l’E.A.P.M., che è forse il solo Ente ad aver presentato un bilancio in attivo, che ha un cospicuo patrimonio immobiliare ed aziendale, nonché un consistente deposito bancario e continua a svolgere un’intensa attività di promozione per la definitiva attuazione del Punto Franco?”. Se lo chiede già da tempo il Presidente dell’Ente Porto Rosario Madaudo, e stavolta ha deciso di chiederlo anche al direttore de “La Repubblica” e al Procuratore Generale della Corte d’Appello di Messina, replicando punto per punto all’articolo di denuncia del collega Emanuele Lauria pubblicato, in data 31 luglio scorso proprio sull’autorevole quotidiano nazionale, con il titolo “Gli sprechi della Regione. La società fantasma che costa 200 mila euro”.
L’anomalia dello statuto dell’Ente Porto è nota a tutti e sulle colonne di questa pagina siamo stati tra i primi a denunciarla. 14 consiglieri di amministrazione sembrano proprio un insulto a chi è abituato a faticare giorno dopo giorno per avere a fine mese uno stipendio. E poi c’è la questione del presunto conflitto d’interessi con l’Autorità Portuale che, per via di un’ambiguità normativa mai risolta, sembra dover perdurare in eterno. Salvo decisioni della Regione Siciliana, che da un paio d’anni ormai promette l’abolizione dell’Ente senza mai attuarla in concreto.
Conscio della difficoltà del proprio mandato in situazioni così “estreme”, Madaudo però da qualche tempo a questa parte non è più disposto a subire aggressioni mediatiche di un certo tipo, soprattutto se – come da lui sostenuto – “errate, infondate e, sicuramente, non di prima mano. L’Ente Autonomo Portuale di Messina, da me presieduto – dichiara Madaudo – non è affatto un Ente fantasma: è titolare di aree nella “Zona Falcata” di Messina, ha sottoscritto con vari Enti un protocollo d’intesa per la realizzazione, nella medesima “Zona Falcata” di un polo d’eccellenza per la cantieristica navale da diporto, ha avviato contatti internazionali per l’insediamento di imprese nel Punto Franco di Messina”.
Madaudo, inoltre, smentisce Lauria sul tema delle consulenze e dell’unica dipendente dell’Ente, ma non sulle cifre, segno che i 200 mila euro la Regione li ha spesi davvero per foraggiare l’Ente.
Insomma, tra notizie vere, altre presunte e altre ancora smentite, un’unica sola sembra certa, ovvero la necessità che la Regione prenda definitivamente una decisione sul futuro dell’Ente Porto: o chiuderlo o avviare una programmazione che possa essere foriera di sviluppi economici per la città.
I conflitti. L’ente che dà fastidio al Piano portuale
MESSINA – Torniamo per un attimo alla domanda di apertura posta da Madaudo, e sentiamo la sua risposta: “La risposta potrebbe trovarsi nella lettura del Piano Regolatore Portuale, redatto di recente dall’Autorità Portuale di Messina, che prevede la trasformazione della zona Falcata di Messina da industriale, quale è stata, almeno dal terremoto del 1908, a zona residenziale turistico-alberghiera, con la realizzazione anche di un porticciolo turistico, e di centri commerciali. A tale proposito – continua il Presidente dell’Ente Porto – si deve rilevare che anche “Goletta Verde” di Legambiente, di recente, ha considerato il proliferare di questi porticcioli causa di scempio ambientale, dettato da soli scopi speculativi. Nonostante questo, nella Zona Falcata di Messina, sono già in itinere procedure di sgombero di tutte le attività produttive ivi insistenti, non risparmiando neppure la Rodriquez e la stazione marittima ferroviaria. è palese, quindi”, conclude Madaudo, “che l’Eapm, titolare, come si è detto, di due importanti strutture industriali nella zona, rechi fastidio”.