Confisca beni, neutralizzare investimenti in attività illecite - QdS

Confisca beni, neutralizzare investimenti in attività illecite

Roberto Quartarone

Confisca beni, neutralizzare investimenti in attività illecite

mercoledì 10 Aprile 2013

La direttiva COM (2012) 85 demanda agli Stati membri l’istituzione di uffici nazionali centralizzati per la gestione. Parlamento Ue pronto a varare una legislazione europea ad hoc

BRUXELLES – La recente maxiconfisca dei beni di un imprenditore del trapanese, da 1,3 miliardi di euro, ripropone la questione di come agire contro le organizzazioni criminali a livello europeo attraverso uno strumento che ne blocca i fondi e quindi rallenta le attività illecite. Da mesi, le commissioni del Parlamento europeo sulle Libertà civili e sul Crimine organizzato stanno discutendo della possibilità di varare una legislazione europea sulla confisca dei beni della mafia. Ci si aspettava già a novembre, e poi a febbraio, un voto sul progetto relazione firmato dalla democristiana romena Monica Macovei, ma al momento il testo è bloccato in attesa del parere legale e non sarà esaminato prima del 24-25 aprile.
 
“La data del voto in commissione – spiega al QdS l’eurodeputato – non è ancora certa, quindi non sappiamo ancora quando sarà votato in plenaria. Gli argomenti di cui si parlerà nelle prossime due settimane, prima del voto, sono la confisca non basata sulla condanna e la confisca estesa e, mentre si cercherà di trovare dei compromessi, potrebbero essere proposti dei cambiamenti agli emendamenti”.
La gestazione della legge è stata difficile, visto che già nell’ottobre 2011 si chiedeva alla Commissione una direttiva in materia, approvata poi nel marzo 2012. Si tratta di un testo con le norme minime per gli Stati membri in materia di congelamento e di confisca dei proventi di reato attraverso la confisca diretta, i poteri estesi di confisca, la confisca non basata sulla condanna e la confisca nei confronti di terzi. È la direttiva COM(2012) 85, che demanda comunque agli Stati membri la sua applicazione e prevede, per la gestione dei beni, “l’istituzione di uffici nazionali centralizzati o meccanismi equivalenti”, ma non prende in considerazione il riutilizzo sociale.
 
Il lavoro del Parlamento si è concentrato quindi sul rafforzamento delle “disposizioni in materia di confisca non basata sulla condanna e confisca estesa – come spiega la relazione della Macovei –, in modo da renderle più efficaci e da prevenire così l’utilizzo di proventi di reato per il compimento di futuri reati o il reinvestimento in attività illecite”. Infine, i diritti di chi subisce la confisca potranno infine essere difesi, ovviamente, davanti a un tribunale, per evitare di incorrere a violazioni dei diritti dell’uomo. Si attendono quindi progressi su questo fronte, dalla cui approvazione passa anche il lavoro della commissione Antimafia, la Crim. “La commissione Crim – ha confermato la Macovei al QdS – ha tenuto varie audizioni e prodotto alcuni documenti tematici che sono stati una buona fonte d’informazioni nel nostro lavoro sugli emendamenti e nel primo progetto di compromesso”.
Salvatore Iacolino (Pdl/Ppe), relatore di quella che dovrà essere la prima legge antimafia europea, ha battuto più volte questo tasto, parlando anche del riutilizzo a fini sociali dei beni. “Ritornare alla società i beni confiscati alle mafie ha un forte valore simbolico”, diceva già a novembre, così come prima di Natale anche la presidentessa della Crim, Sonia Alfano (liberali), sottolineava le mancanze della Commissione europea in materia (“È un grave errore”, affermava rispetto al silenzio sul riutilizzo dei beni confiscati). Il problema sottolineato più volte a Crim, tuttavia, risiede anche sulla base legale nella legislazione nazionale: molti Stati non ce l’hanno e c’è quindi la necessità che ci sia più omogeneità. E così si torna indietro: ecco perché è necessario approfondire tutti gli aspetti legali prima che il testo venga approvato e possa operare con la massima efficacia.

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