Antenne e inquinamento elettromagnetico: il territorio invaso dalle Stazioni radio base - QdS

Antenne e inquinamento elettromagnetico: il territorio invaso dalle Stazioni radio base

Alessandro Accardo Palumbo

Antenne e inquinamento elettromagnetico: il territorio invaso dalle Stazioni radio base

mercoledì 17 Aprile 2013

La preoccupazione è principalmente legata ai possibili rischi per la salute della cittadinanza

MAZARA DEL VALLO (TP) – Stanno appollaiate a pochi metri dalle nostre teste, ma sembra interessi a pochi. Sono le Stazioni radio base (le antenne) che servono a sfamare il bisogno di comunicazione di noi tutti. Telefonia cellulare, Adsl e quant’altro viaggiano nell’etere cittadino con una tale rapidità di diffusione che quasi ci si dimentica degli impianti necessari a diffondere il segnale. Essere connessi, sempre e comunque, avrebbe però delle conseguenze per la salute di tutti, e in particolare per quella dei minori sotto i 12 anni.
Come ha spiegato Vincenzo Pecunia, presidente provinciale dell’Isde (Associazione medici per l’ambiente, Italia), “l’Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, facente parte dell’Organizzazione mondiale della sanità) il 31/05/2011 si è espressa attribuendo alle onde elettromagnetiche potere cancerogeno. È la scienza a emettere il verdetto sull’impatto per la salute da esse provocato ”.
L’esperto, poi, ha diretto la sua attenzione al territorio cittadino. “Questa notizia – ha aggiunto – non ha scosso minimamente la sensibilità di chi amministra il nostro territorio, che avrebbe dovuto quantomeno iniziare una campagna di informazione, mettendo in guardia la popolazione sui rischi connessi all’esposizione delle onde elettromagnetiche e, soprattutto, bloccando ogni successiva installazione. La popolazione, ignara, continua a essere esposta alle onde elettromagnetiche e nuove autorizzazioni all’istallazione vengono date agli enti gestori. Per gli increduli sui danni prodotti dalle onde elettromagnetiche porto a conoscenza i risultati di studi epidemiologici sugli effetti biologici, documentati, nelle popolazioni residenti a distanza tra 200 e 500 metri da stazioni radio base (R. Santini et al.-Pathol. Biol., 50: 368-373, 2002 E. A. Navarro et al. Elettromagn. Biol. and Med. 20(2): 161-169, 2003)”.
“Questi studi – ha continuato Pecunia – hanno evidenziato come il rischio di ammalarsi di tumore è tre volte superiore nelle persone che vivono nel raggio di 400 metri dalle stazioni stesse. Alla luce di quanto emerge da questi studi, le antenne dovrebbero essere installate a non meno di 500 e 50 metri di altezza dalle prime abitazioni. I cittadini che si trovano a una distanza tra i 110 e 280 m. dalle Srb ed esposti a circa 0,2-0,6 Volt/metro, presentano svariati disturbi: irritabilità, mal di testa, nausea, perdita di appetito, disturbi del sonno, depressione, difficoltà di concentrazione, vertigini, affaticamento, perdita della memoria, disturbi di vista, udito e cutanei, aritmie ed altro ancora”.
Le norme (Codice delle comunicazioni elettroniche, decreto legislativo n. 259 del 01/8/2003) dispongono che il limite massimo per le radiazioni elettromagnetiche non debba superare un campo elettrico di 6 Volt/metro.
Sono 51 le antenne (Srb) piazzate in giro per il territorio mazarese. E muovono un’economia alquanto “appetita”, che si aggira sui 600 mila euro l’anno.
“È anche un fatto speculativo – ha dichiarato Antonia Russo, responsabile comunale del Servizio Edilizia e Uso del territorio – in quanto i privati che accettano l’installazione delle antenne incassano un canone tra le 800 e i 1.000 euro al mese. Per non fare speculare i privati, abbiamo detto alle compagnie telefoniche: e se noi, vi proponiamo delle aree o dei siti comunali, potete dialogare con noi? Ed hanno detto sì. E, quindi, qualcuno ha optato per queste aree, soprattutto zone agricole lontane dai centri abitati”.
La stragrande maggioranza (44 su 51) delle Stazioni radio base, cioè le antenne, sono all’interno del perimetro urbano. Il regolamento comunale (art. 10) dice chiaramente che “per gli impianti esistenti già installati su aree di privati nel centro urbano, i gestori dovranno attivarsi alla loro rimozione e rilocalizzazione (…) non oltre un anno dall’entrata in vigore del regolamento”. La scadenza è ampiamente trascorsa, ma le antenne stanno al loro posto.
Le compagnie telefoniche avrebbero dovuto rendere noto agli uffici comunali competenti quali installazioni intendano fare per l’anno successivo: “Il Piano annuale viene pubblicato all’albo comunale e, ove possibile, sul sito internet del Comune” (art. 4), ma di tutto questo, a oggi, non c’è traccia alcuna.

 
Comune con le mani legate “Non possiamo più opporci”

MAZARA DEL VALLO (TP) – “Le autorizzazioni per montare un’antenna – ha spiegato Antonia Russo, responsabile comunale del Servizio Edilizia e Uso del territorio – sono adesso sottoposte a semplice Scia (Segnalazione certificata inizio attività), prima potevamo anche dire di no”.
“Le amministrazioni precedenti – ha aggiunto – avevano bloccato queste attività, ma abbiamo perso sempre i ricorsi perché le antenne sono state assimilate a opere di pubblica utilità come luce, gas, fognatura. Io dovrei pagare, quindi, pure i danni di interruzione di pubblico servizio”.
“Quello che ci preme sottolineare – ha aggiunto l’addetto stampa del Comune, Ettore Bruno – è questo: le amministrazioni, succedutesi negli anni, hanno sempre rispettato la norma, sulla base delle leggi in vigore”.
Il fatto che i regolamenti siano cambiati, però, non vuol dire che si possa intervenire tanto facilmente. Proprio a sostegno di questa tesi arriva un esempio pratico, tanto per far comprendere come sia complicato muoversi su questo campo, anche quando gli impianti in questione sorgono nei pressi di edifici che possono essere condiserati a rischio, come malati o bambini.
“Vicino all’ospedale – ha raccontato Antonia Russo – lato scuola Pirandello, è sorta un’antenna. Tempo fa l’ho bloccata, ma poi c’è stato un ricorso da parte della società telefonica. Ho fatto installare all’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) una centralina di monitoraggio nella scuola e un’altra nell’ospedale, ma non c’era niente, quindi la Srb è rimasta”.

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