Caso percolato: l’affare passa al Tar. L’azienda Paradivi presenta il ricorso - QdS

Caso percolato: l’affare passa al Tar. L’azienda Paradivi presenta il ricorso

Rosario Battiato

Caso percolato: l’affare passa al Tar. L’azienda Paradivi presenta il ricorso

venerdì 19 Aprile 2013

Il sindaco di Olbia promette battaglia. Per il consorzio gallurese potrebbe saltare un affare da un milione di euro. La richiesta della società etnea: il blocco del sindaco è illegittimo. Richiesti anche i danni

PALERMO – La palla ripassa in Sicilia. Il blocco del percolato isolano di Bellolampo indirizzato a Olbia non ha fatto piacere alla Paradivi servizi srl, la società catanese incaricata di smaltire il refluo della discarica palermitana. Adesso il caso giunge nelle mani del Tribunale amministrativo regionale dove l’azienda isolana ha depositato un provvedimento cautelare urgente richiedendo la sospensiva del parere negativo del Comune di Olbia e del Cipnes (il consorzio industriale sardo) che ha di fatto "congelato" la nave contenente la prima tranche da tremila tonnellate.
Le polemiche sarde dei giorni scorsi tra due protagonisti della vita gallurese come Settimo Nizzi, ex sindaco, consigliere e coordinatore regionale del Pdl, e Gianni Giovannelli, attuale primo cittadino, hanno avuto come unico esito, al momento, il fallimento dell’accordo col consorzio per lo smaltimento di circa trentamila tonnellate di percolato proveniente da Bellolampo nel depuratore di Olbia. Il contratto con la Paradivi prevedeva il trattamento dell’intera quantità per 25 euro a tonnellata per una cifra complessiva da circa un milioni di euro. Al momento è tutto bloccato e prevedere il futuro – così come ha spiegato Nizzi al Qds nei giorni scorsi – è attualmente impossibile.
 
Di certo c’è che i legali della Paradivi servizi si sono rivolti al Tar perché il diniego, manifestato dal sindaco sulla base di un’ordinanza del 2008 che vieta il trattamento dei rifiuti provenienti da altre Regioni, e ribadito dal Cipnes, sarebbe illegittimo. Il punto non è nuovo e prima degli avvocati della società etnea l’aveva chiaramente espresso proprio Settimo Nizzi, che, secondo indiscrezioni della stampa sarda, era all’oscuro dell’accordo originario.
 
L’ordinanza del sindaco sarebbe illegittima perché poggia su una legge regionale di inizio anni duemila che è stata cassata dalla Corte costituzionale. Nizzi, tra le altre cose, è proprio il presidente di quello stesso Consorzio che prima firma l’accordo e poi tentenna, rispettando un’ordinanza che lo stesso presidente, secondo quanto dichiarato nei giorni scorsi al Qds, considera illegittima. Insomma, siamo di fronte a un evidente caso di schizofrenia probabilmente derivato dalla duplice carica: presidente di un consorzio industriale – un contratto da un milione di euro resta un contratto – e uomo politico schiacciato dalle proteste della cittadinanza sull’arrivo di rifiuti “stranieri”. Intanto l’affare diventa sempre più pericoloso per la città sarda perché in ballo ci sono anche i danni e il giudice deciderà chi dovrà rimetterci. Il sindaco olbiese, intervistato da quotidiani sardi, ha comunque promesso battaglia.

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