Produzione di energia dagli rsu. A Londra fanno come a Berlino - QdS

Produzione di energia dagli rsu. A Londra fanno come a Berlino

Andrea Salomone

Produzione di energia dagli rsu. A Londra fanno come a Berlino

venerdì 03 Maggio 2013

Nella capitale britannica tre centrali termoelettriche alimentate dai rifiuti dopo opportuna differenziazione

LONDRA – Nelle precedenti puntate della nostra inchiesta sugli impianti di ultima generazione per il trattamento dei rifiuti indifferenziati (rsu) abbiamo spiegato come avviene il recupero energetico e materiale degli rsu berlinesi. Recupero che viene effettuato attraverso impianti per il trattamento termico e meccanico-biologico (tmb).
Ma la capitale tedesca non fa eccezione. Nella nostra rubrica “qui Londra” – in uscita ogni sabato a pagina 4 – abbiamo sottolineato che queste due differenti tecniche per trattare gli rsu vengono impiegate anche nella capitale inglese, dove negli ultimi anni sono state proposte decine di progetti per la costruzione di stabilimenti di questo genere.
Le tre centrali termoelettriche a base rsu di Londra attualmente in funzione, l’ultima delle quali completata quasi due anni fa (Belvedere), vengono definite – in maniera neutrale – waste to energy plants, ossia “impianti per la produzione di energia dai rifiuti”. Come succede in Italia, però, anche in Inghilterra non manca chi preferisce chiamarle “incinerators”, ossia “inceneritori”. Abbiamo già detto più volte che non siamo d’accordo con quest’ultima denominazione, perché contiene in sé una connotazione volutamente negativa e strumentale che non rende giustizia alle caratteristiche dell’oggetto denotato. La parola “inceneritore”, infatti, richiama subito alla memoria i paleo-impianti degli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso, costosissimi sia da un punto di vista economico sia ambientale. Queste centrali, tra le quali può annoverarsi quella di Messina – disattivata recentemente su ordinanza del Tar di Catania – bruciavano gli rsu senza ricavarne energia e senza filtrare adeguatamente i fumi industriali prodotti dal processo di combustione, causando gravissimi danni sia all’uomo sia all’ambiente.
Adesso, però, la storia è cambiata. Gli impianti di ultima generazione attualmente esistenti in tutte le capitali mondiali economicamente e tecnologicamente più avanzate presentano livelli di inquinamento nettamente inferiori rispetto a quelli di vecchia generazione. Essi permettono di ridurre le emissioni di CO² e gas naturale attraverso la produzione di elettricità e teleriscaldamento e lo stornamento degli rsu dalle discariche. Il che non è un controsenso. Produrre energia dagli rsu per decine di migliaia di case significa, infatti, ridurre sensibilmente il consumo dei ben più inquinanti e sempre più costosi combustibili fossili, dai quali siamo e continueremo ad essere dipendenti ancora per decine e decine di anni.
I londinesi – come d’altronde le amministrazioni delle capitali più progredite – lo hanno capito bene e hanno capito anche che gli rsu sono una fonte di energia rinnovabile che continua e continuerà ad essere prodotta ancora per decenni. È per questa ragione che la capitale inglese continua a investire sugli impianti per il trattamento degli rsu. Rispetto ai carburanti fossili, infatti, il combustibile rsu inquina meno e non costa niente. Anzi, le centrali che lo impiegano per produrre energia vengono addirittura pagate dai contribuenti per acquisirlo, normalmente tra i 60 e i 130 €/T di rsu, ossia la stessa gamma di prezzi che i siciliani continuano a pagare per lasciare inutilizzati i loro rifiuti nelle ormai strabordanti discariche isolane, dove gli rsu smettono di essere una risorsa per diventare potenti agenti inquinanti dei terreni, dell’aria e adesso – com’è avvenuto a Bellolampo (PA) – anche delle acque. Danni ecologici gravi, che secondo le direttive Ue devono essere evitati anche attraverso il trattamento degli rsu, in modo da eliminare quella frazione organica in essi presente che è produttrice di gas nocivi, putrescenza e percolato.
La piramide Ue sulla gestione dei rifiuti parla chiaro: le discariche devono essere scelte come ultima spiaggia, il che significa l’esatto contrario di quanto avviene in Sicilia. Se infatti nell’isola ci sono città con strade piene di rifiuti che lasciano schifati cittadini e turisti è proprio perché per anni si è fatto unicamente uso delle discariche e non ci sono stati investimenti sugli impianti. Adesso però in questi siti c’è sempre meno spazio. Non resta altra scelta che seguire le direttive Ue e utilizzare i fondi europei per la costruzione dell’impiantistica necessaria per il trattamento degli rsu accumulati in questi anni e quotidianamente prodotti.

(10. Continua. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 22 febbraio, l’1, 12, 15, 22, 29 marzo, il 5 12 e 19 aprile. La prossima pubblicazione è prevista venerdì 10 maggio)

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017