Non toglietemi l’Imu ma tagliate i privilegi - QdS

Non toglietemi l’Imu ma tagliate i privilegi

Carlo Alberto Tregua

Non toglietemi l’Imu ma tagliate i privilegi

martedì 21 Maggio 2013

Parole vuote sul diritto al lavoro

L’inizio dell’anno ha visto la prosecuzione di uno sterile dibattito politico-istituzionale che ha vivamente interessato l’opinione pubblica. Esso ha riguardato la questione delle questioni: la crescita del sistema economico con la conseguente creazione di opportunità di lavoro.
Tale dibattito si è fondato per almeno nove decimi su vuote parole ed inutili slogan, emessi da persone che hanno ruoli rappresentativi e istituzionali, i quali non hanno la benché minima capacità di individuare la soluzione ai due problemi: la recessione e la perdita di occupazione, soprattutto nella classe giovanile. Solo un decimo dei partecipanti al dibattito ha cercato di individuare le soluzioni. Vediamole.
L’Unione europea monetaria (Uem), non avendo la facoltà di stampare moneta – come stanno facendo Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve statunitense, e Masaaki Shirakawa, governatore della Banca del Giappone – su impulso del nuovo primo ministro Shinzo Abe – non ha avuto altra scelta che imporre limiti alla spesa.

Ma nazioni abituate all’allargamento della spesa pubblica in modo irragionevole e sproporzionato ai bisogni, per seguire una linea clientelare, fanno fatica a comprimerla perché con essa dovrebbero comprimere la strada dei favoritismi.
I parolai protestatari non hanno per nulla indicato quale parte della spesa pubblica improduttiva va tagliata, quali apparati inutili ed elefantiaci vanno tagliati, quali privilegi della classe partitocratica e burocratica, nonché di quella sindacale, imprenditoriale e professionale, vanno tagliati. Col risultato che l’economia italiana si è incartata e per il settimo trimestre consecutivo presenta una decrescita.
In appena sei anni, il Pil è diminuito di circa l’8 per cento (oltre 100 miliardi) e con esso la fiducia nel futuro. La gente si è rattrappita, è impaurita e difende l’esistente, col risultato che le attività si stanno contraendo (mille ditte al giorno vengono cancellate nelle Camere di Commercio) e con esse l’occupazione.
Quello descritto è un processo noto in macroeconomia, che va invertito, inserendo ottimismo e fiducia da un canto, e liquidità dall’altro.

 
Col prossimo 30 maggio, se tutto va bene, dovrebbe essere chiuso il procedimento di infrazione aperto da anni dall’Unione europea contro l’Italia. Ciò perché i conti sono stati rimessi in ordine e da essi si può ripartire. Nessuno pensi, però, che ripartire significhi riaprire il rubinetto della spesa improduttiva.
Il perimetro della spesa pubblica è di circa 805 miliardi di euro, di cui più di 80 per interessi del debito sovrano. All’interno del sub-perimetro della spesa (circa 725 miliardi) bisogna tagliare una cinquantina di miliardi di privilegi, come prima indicato, e trasferire queste risorse agli investimenti, alle infrastrutture, all’apertura di decine di migliaia di cantieri, nonché alle opere strategiche nazionali previste dalla legge Obiettivo n. 441/01.

Solo sostenendo le imprese, fornendo loro mezzi per la ricerca e l’innovazione e contemporaneamente facendo le riforme per rendere competitivo il sistema economico, produttivo e dei servizi, si può mettere il carburante nella ruota dello sviluppo perché ricominci a girare.
Fino a quando dovremo pagare forme di assistenza, come la cassa integrazione, o di puro assistenzialismo, come nel caso di una pubblica amministrazione con un milione di dipendenti in più di quelli che servono, o con una giustizia che di giusto non ha niente, le proteste saranno inutili, anche perché non portatrici di soluzioni.
Allora faccio un appello: non toglietemi l’Imu, che pago con sofferenza, ma tagliate i privilegi.
Il governo Letta ha approvato la sospensione dell’Imu sulla prima casa, rinviando il pagamento al 16 settembre, e ha stanziato risorse per la cassa integrazione in deroga (cioè oltre quella ordinaria e straordinaria) per un miliardo. Poi, si è dato cento giorni per fare le urgenti ed essenziali riforme, fra cui quella elettorale.
Ma non crediamo che questi partiti politici abbiano la capacità di fare tale riforma, mentre confidiamo che la Corte costituzionale, prossimamente, dichiari fuorilegge la legge 270/05 chiamata Porcellum, così come ha anticipato il suo presidente, Franco Gallo, nella relazione tenuta a Roma il 12 aprile, come già fatto con le sentenze 15 e 16/2008 e 13/12.

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