Nel 2014 il più grande parco solare africano. Dietro c’è un siciliano in fuga imprenditoriale - QdS

Nel 2014 il più grande parco solare africano. Dietro c’è un siciliano in fuga imprenditoriale

Nel 2014 il più grande parco solare africano. Dietro c’è un siciliano in fuga imprenditoriale

venerdì 21 Giugno 2013

Intervista a Salvatore Moncada, ceo dell’impresa “Moncada Group Energy”. Partito da Agrigento e impegnato in Sudafrica. “Nella nostra Isola troppi problemi di burocrazia e corruzione nella Pa, impossibile sopravvivere così”

PALERMO – Poco tempo fa, l’Economist, analizzò nell’articolo “Investing in Africa” il fenomeno sempre più diffuso di aziende, imprese (non per forza multinazionali), che a poco a poco stanno colonizzando il continente. Si dà il caso infatti che l’Africa subsahariana, stia attraversando una crescita non trascurabile (crescita del Pil del 5% negli ultimi anni) e molti investitori stranieri trovano conveniente impegnare soldi in un mercato relativamente giovane. Inoltre, più della metà della popolazione africana ha meno di 20 anni. Ciò significa che nel giro di tre decenni, si avrà una maggiore popolazione in età lavorativa rispetto alla Cina.
Buttarsi nel bacino africano può anche rappresentare un modo efficace per fuggire alla crisi economica e di sistema nostrana. È il caso della “Moncada Group Energy”, azienda leader nel settore delle energie fotovoltaiche, che nel gennaio di quest’anno ha dato via al più grande impianto fotovoltaico del Sudafrica.
Per capire meglio, le motivazioni che hanno spinto una delle più importanti aziende siciliane ad investire nel continente nero, abbiamo intervistato il Ceo della Moncada Group Energy, Salvatore Moncada.
Quante sedi avete?
“In Sicilia abbiamo attualmente una sede a Porto Empodocle, mentre a Campofranco abbiamo la fabbrica di pannelli di fotovoltaici. La nostra sede legale invece è a Milano. Fuori i confini nazionali, abbiamo un ufficio a Città del Capo, delle rappresentanze in Bulgaria e negli Stati Uniti”.
Molte aziende del vostro settore, ma non solo, hanno deciso di investire in Africa. Quali sono le vostre motivazioni e in cosa consiste il progetto?
“Stiamo realizzando un parco enorme, che abbiamo iniziato a costruire a gennaio e che finiremo presumibilmente nel febbraio 2014. A marzo dell’anno prossimo dovrebbe quindi entrare in funzione. Per quanto riguarda le motivazioni, una è che le energie rinnovabili sono ben sussidiate dai Paesi africani e proprio in Sudafrica c’è una delle più importanti opportunità, perché lo Stato ha deciso di sostenere una grande quantità di impianti di energie rinnovabili e noi abbiamo vinto delle gare per costruire due impianti. Uno lo stiamo costruendo ora e l’altro dovremmo iniziarlo a costruire a fine anno”.
Suona tanto come un addio alla Sicilia. È così?
“Abbiamo degli impianti esistenti che producono e una fabbrica fotovoltaica, per cui le attività ci sono. Stiamo ovviamente ridimensionando il nostro apporto occupazionale, perché non avendo più nulla da fare per certi aspetti, siamo molto occupati come gruppo all’estero. Non è un addio, ma è certamente un ridimensionamento del nostro impegno in Sicilia”.
Perché?
“Il primo problema è che noi, negli ultimi tre/quattro anni, in Sicilia non abbiamo avuto più progetti approvati. Potete chiedere alla Pubblica amministrazione che fine hanno fatto le nostre richieste, i nostri piani sono lì parcheggiati da almeno otto anni. Nel frattempo è cambiato il mondo, sono cambiate le tariffe e per tener in piedi l’azienda uno deve cercare lavoro dove ti permettono di svolgerlo in pieno. Nella nostra Isola ci sono problemi innanzitutto burocratici (autorizzazioni), poi di tariffe e terzo, se non si entra in alcune logiche si viene considerato un estraneo, un delinquente. Sento parlare spesso che la Regione siciliana vuole fare impianti da fonti rinnovabili, ma la Regione ha perso una grandissima opportunità, quando c’erano le tariffe per autorizzare i progetti. Hanno mercificato un sistema, dando a pochi quello che si poteva dare a tanti”.
Prevede margini di miglioramento per la Sicilia?
“Ritengo che il mondo si stia muovendo in maniera radicale verso le rinnovabili, quindi nei prossimi anni ci potrà essere uno sviluppo ulteriore. In questo momento, in Sudafrica abbiamo due mega parchi da 95 MWp ciascuno, mentre in 4 anni in Sicilia abbiamo costruito solo 50 MWp e non le dico con quanti sacrifici e quanti sforzi.”
Quanti capitali state investendo in Sudafrica?
“L’investimento complessivo, finanziato dalla banca è di circa 450 milioni, noi siamo sponsor e abbiamo una quota del 30%, per cui mettiamo circa 60 milioni”.
Così come si parla di “cervelli in fuga”, ci sono quindi pure gli “imprenditori in fuga”. È una sconfitta per l’Italia e la Sicilia?
“Guardi, sicuramente è una mia sconfitta. Avevo pensato che il mio territorio potesse creare opportunità e continuità di lavoro per diverse persone. Anche se poi, alla fine, non si riesce, per diversi motivi, a fare quello che si vuole fare. Ostinarsi verso una strada che è chiusa, significa suicidio imprenditoriale”.
Confindustria: perché ne è uscito?
“Uno dei motivi della mia uscita da Confindustria è che vi è una classe imprenditoriale siciliana che vuole fare impresa a braccetto con una Pubblica amministrazione poco trasparente. Quando io denunciai le lungaggini e le mancate autorizzazioni, non ho trovato sostegno nell’associazione e quando li ho incitati ad alzare la voce, loro sono stati “richiamati all’ordine”. Quando non hai nessun interesse in termini di lavori pubblici e di attività pagate dalle Regioni, allora materialmente dai fastidio e quindi me ne sono uscito”.
Perché non fate più edilizia pubblica?
“Siamo usciti dai lavori pubblici, perché in Sicilia se qualcuno sbaglia in qualsiasi cosa diventa mafioso. Nel pubblico non c’è mai qualcosa di veramente legale, quando uno poi cerca di fare gare si può trovare facilmente indagato. Abbiamo deciso di stare fuori dai lavori pubblici, poi ovviamente quando siamo andati a chiedere autorizzazioni, non potendo soggiogarli in alcun modo, non abbiamo avuto risposte”.
E la mafia? Quanto è presente?
“Il problema della Sicilia non è quella mafia che ognuno si ricorda di tanti anni fa, c’è una mafia dei colletti bianchi che tutti fanno finta di non vedere. Molti cercano di conquistare fette di mercato grazie alle amicizie, non grazie alle capacità imprenditoriali. Ovviamente in tutte le parti del mondo esistono le lobbies economiche, in Sicilia però si usano altri canali per distruggere il nemico. Non è un mondo bello per fare impresa. Immaginare un giovane che fa impresa in Sicilia è come immaginare un percorso pienissimo di ostacoli”.
Quali utili e fatturato prevedete quest’anno?
“Utili? Quest’anno mi sembra difficile averne, come fatturato siamo intorno ai 130 milioni”.
Avete risentito molto della recessione?
“Ovviamente sì ed è la motivazione per cui abbiamo dovuto ridurre il personale a 125 persone dalle 285 di un anno fa”.
Un consiglio per i giovani imprenditori siciliani.
“Non farsi ammaliare dal Pubblico, anche perché la Pa avrà sempre meno denaro da spendere, e di guardare alle attività produttive a 360°. Non mirare solo al territorio, perché ormai il mondo è talmente globalizzato che la Sicilia è troppo piccola per contenere tutte le nostre aspirazioni”.

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