Il forte terremoto dell’Aquila, di 5,8 gradi della scala Richter, fa riprendere il vecchio tema della fragilità delle costruzioni sul territorio nazionale. La stima dei costi causati dai terremoti in questi ultimi vent’anni è di circa cento miliardi di euro. Se il Governo in carica e quelli successivi decidessero di spendere cento miliardi nei prossimi venti anni, si ergerebbe un forte baluardo contro i danni dei successivi terremoti, che sistematicamente investono il nostro Paese.
Tutti parlano del Big one, che dovrebbe investire in questo secolo la costa che va da Vibo Valentia fino a Pachino ma, a parte progetti sulla carta, nessuna azione concreta è stata presa per reagire al catastrofico terremoto previsto. La Protezione civile ha piani di soccorso ed evacuazione delle popolazioni, ma se non si effettuano esercitazioni e simulazioni, quando sarà il momento tutti i piani scritti sulla carta saranno inefficaci.
Berlusconi ha avuto l’idea di rilanciare l’edilizia abitativa, che è un forte motore dell’economia. Non ha pensato, ma è ancora in tempo per farlo, di inserire fra i requisiti dell’abbattimento e ricostruzione dei palazzi, quello delle opere antiterremoto.
Siccome però queste opere non danno benefici immediati, e quindi i proprietari potrebbero essere tentati di non farle, il disegno di legge in proposito dovrebbe prevedere, in caso della loro esecuzione, sgravi fiscali da dedurre direttamente sulla propria dichiarazione dei redditi. Dei privati (Irpef) o delle società (Ires).
Ci rendiamo conto che parlare di prevenzione in un Paese come il nostro, dove si vive alla giornata, può sembrare una provocazione. Ma se da un canto i terremoti non si possono evitare, e neanche prevedere, dall’altro si può fare una cura di cavallo a tutte le strutture infisse nel territorio. Di modo che, salvo casi catastrofici eccezionali, esse resistano al traballare, ondulatorio o sussultorio, del terreno.
Il Governo non ha facoltà di legiferare in materia di ampliamento degli immobili, perché questa è riservata quasi sempre alle Regioni. Tuttavia, se volesse regolamentare la materia del rinforzo degli stessi in funzione antisismica, trattandosi di un’operazione straordinaria potrebbe superare la facoltà legislativa delle stesse Regioni. Aggiungendo gli sgravi fiscali, nessuna Regione avrebbe l’interesse a contrastare un ddl di tal fatta.
Il buonsenso e l’intelligenza del pater familias dovrebbero guidare le azioni di Governo per evitare che quando accada un disastro come quello della notte fra domenica 5 e lunedì 6 aprile de L’Aquila questo possa creare vittime e danni materiali.
In Abruzzo, fervono i soccorsi e il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, sta predisponendo interventi di vario genere. C’è da auspicare che una sciagura non si trasformi in un’azione di sciacallaggio come è accaduto nel Belìce (1968) e in Irpinia (1980).
Dobbiamo ricordare che il Giappone, con i suoi 125 milioni di cittadini e una miriade di isole, è un territorio a forte rischio sismico. In quel Paese, distrutto anche in seguito alle due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki (1945), la ricostruzione è stata fatta all’insegna delle misure antiterremoto tal che tutti i tremori, piccoli e grandi, siano assorbiti dagli immobili senza danni e soprattutto senza morti. Un Paese intelligente che in sessant’anni è diventato la seconda potenza industriale del mondo nella quale si produce un Pil di oltre 4 mila miliardi di dollari contro i circa 1.800 miliardi di dollari dell’Italia.
Nel Paese del Sol levante, i treni sono puntuali al minuto, si fermano alle banchine con le porte esattamente in corrispondenza dei corridoi disegnati sulle stesse, la gente esce da dove deve uscire ed entra da dove deve entrare, e non il contrario. Insomma, un Paese ordinato che a prezzo di enormi sacrifici è riuscito a ritornare agli splendori della sua secolare civiltà.
L’ennesimo, pesante terremoto, è un’ulteriore occasione di profonda riflessione. Ma la riflessione da sola non basta se non è seguita da forti azioni, frutto di decisioni.