Pagamenti, aziende siciliane tra le più “ritardatarie” - QdS

Pagamenti, aziende siciliane tra le più “ritardatarie”

Antonio Leo

Pagamenti, aziende siciliane tra le più “ritardatarie”

giovedì 25 Luglio 2013

Ma i “cattivi pagatori” stanno anche al di là dello Stretto: lo rivela l’indagine Cribis D&B. In Sicilia quasi 7 imprese su 10 non sono puntuali. Maglia nera a Messina

PALERMO – In Sicilia le imprese se la prendono comoda per pagare i fornitori. Per carità, i cattivi pagatori stanno anche al di la dello Stretto, ma è la quantità sproporzionata delle aziende ritardatarie dell’Isola rispetto al resto del Paese a destare sconforto e preoccupazione. Secondo un’analisi realizzata da Cribis D&B, società del Gruppo Crif specializzata nella business information, nei primi sei mesi del 2013 solamente il 34,5% delle imprese isolane ha onorato puntualmente i propri impegni nei confronti dei fornitori, mentre il 46,8% ha saldato le fatture con un ritardo fino a 30 giorni dai termini concordati e il 18,7% oltre i 30 giorni.
Dall’analisi del trend si osserva che, nonostante un miglioramento dei pagamenti puntuali in regione rispetto al 2010, nello stesso periodo oggetto di studio i ritardi superiori ai 30 giorni sono aumentati addirittura del 78%. A dimostrazione che anche in Sicilia in questi ultimi anni sono drammaticamente cresciute le difficoltà delle imprese a onorare gli impegni assunti entro i termini concordati. Certo, va detto, il sistema Italia è un po’ come un cane che si morde la coda: spesso i ritardi tra le imprese sono legati a doppio filo con la scarsa puntualità della Pubblica amministrazione. Recentemente la Cgia di Mestre ha stimato che buona parte dei fallimenti è addebitabile proprio al suddetto circolo vizioso. Tra il 2008 e il 2012, a fronte di oltre 52 mila fallimenti, ben 15 mila e passa chiusure aziendali sono state causate proprio dai ritardi nei pagamenti. È chiaro, però, che delle manchevolezze della Pa non risentono solo le attività produttive dell’Isola, ma anche quelle dell’Italia intera. E però i numeri isolani lasciano allibiti. Nel primo trimestre del 2013 la Sicilia esibisce performance di pagamento ben peggiori rispetto alla media italiana (45,9% di imprese puntuali, 11,1% di ritardi oltre i 30 giorni) e di quella del Sud e Isole (34,7% di imprese puntuali e 17,5% di ritardi oltre i 30 giorni). In Sicilia, la percentuale di imprese che mostrano un ritardo nei pagamenti commerciali – il 65,5% – è la più alta tra le regioni italiane. Detto in altre parole, praticamente quasi sette imprese su dieci sono morose.
Ma come è possibile che in un triennio i “super-ritardi” (oltre i trenta giorni) in Sicilia siano addirittura aumentati del 78%? Marco Preti, ad di Cribis, trova una spiegazione nella “istituzionalizzazione del ritardo”, “cioè la trasformazione dei ritardi in termini contrattuali”. “Le imprese – commenta Preti – non vogliono perdere clienti e fatturato e quindi concedono qualcosa nei termini di pagamento”. Ma ovviamente, alla lunga, questa politica si rivela deleteria. “Alcune imprese – continua Preti – non riescono più a stare sul mercato e ritardano oltre modo il saldo delle fatture. Basti pensare all’andamento dei fallimenti, aumentati del 65% rispetto al 1° trimestre 2009, con quasi 40 imprese fallite al giorno”. Il pericolo è che tante altre aziende possano fare la stessa fine, stritolate tra l’accumulo di debiti non saldati e, a sua volta, il ritardo nella riscossione dei crediti vantati verso soggetti pubblici o privati.
Se la Sicilia, nel suo complesso, si rivela regina nel regno delle lumache, più vicina alla “normalità” è l’analisi per dimensione aziendale. In questo caso, lo studio pagamenti di Crisi D&B mostra un andamento simile a quello individuato a livello nazionale, con Davide più preciso di Golia. Le micro imprese siciliane, infatti, risultano sempre quelle più puntuali (il 36,6% ha pagato i fornitori alla scadenza contrattuale), seguite dalle piccole (26,4%), dalle medie (16,6%) e infine dalle grandi imprese (10,6%). Alle piccole imprese, però, spetta la maggior quota di ritardi oltre i 30 giorni (21,3%).
A livello settoriale, infine, sono il Commercio all’ingrosso e l’Industria a mostrare le maggiori criticità, rispettivamente con il 29,8% e il 30,2% di pagatori regolari (oltre 15 punti percentuali inferiori alla media italiana). In questi due settori, dunque, ben sette aziende su dieci risultano non in regola con la scadenza dei pagamenti. All’opposto, invece, vanno segnalate come “imprese virtuose” quelle impegnate nei servizi Finanziari: ben il 55,1% di esse sono puntuali come un orologio svizzero.
C’era una volta la Milano del Sud. Nel primo trimestre 2013, solo il 33% delle imprese catanesi ha pagato alla scadenza le fatture ai propri fornitori, mentre il 46,3% ha saldato con un ritardo fino a 30 giorni oltre il termine e il 20,7% con un ritardo superiore ai 30 giorni. Una performance inferiore sia alla media nazionale (45,9% di imprese puntuali, 11,1% di ritardi oltre i 30 giorni), che a quella regionale (34,5% di imprese puntuali, 18,7% di ritardi oltre i 30 giorni). Dall’analisi del trend, inoltre, si nota come negli ultimi tre anni in provincia di Catania siano quasi raddoppiati i ritardi superiori ai 30 giorni, passando dal 10,6% del 2010 al 20,7% attuale.
Ma la Città dell’Elefante non è la cenerentola di Sicilia. Il record negativo spetta a Messina, dove le imprese puntuali sono appena il 31,8% (14,1 punti al di sotto della media italiana). La palma della virtù spetta, invece, a Enna dove il 41,7% delle aziende sono puntuali. Seguono Trapani (38,6%) e – a pari merito al terzo posto – Ragusa e Siracusa (37,9%). Più in basso troviamo Palermo (33,6%), Agrigento (33,1%) e Caltanissetta (33%). Catania e Messina – come detto – chiudono il cerchio. Analizzando, infine, le variazioni rispetto a tre anni fa, in tutte le province si nota un forte incremento dei ritardi oltre i 30 giorni. Le variazioni più grandi, manco a dirlo, si riscontrano a Messina (dove le imprese con ritardi gravi sono passate dal 10,1% del 2010 al 20,3% attuale) e – lo ribadiamo – a Catania (dal 10,6% del 2010 al 20,7% attuale).

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