Protezione civile, piani per metà dei Comuni - QdS

Protezione civile, piani per metà dei Comuni

Marina Pupella

Protezione civile, piani per metà dei Comuni

mercoledì 04 Settembre 2013

Intervista al dirigente regionale di settore: "Non abbiamo poteri d'intervento, non sono previste sanzioni per gli inadempienti". Foti: possiamo aiutare ma non sostituirci agli enti, perché conoscono il loro territorio più di chiunque

PALERMO – In Sicilia poco meno della metà dei Comuni si sono dotati di un Piano di protezione civile. Secondo un recente censimento realizzato dal dipartimento di Protezione civile regionale, risulta che ad oggi i Comuni in regola con i Piani sono 190 su un totale di 390 amministrazioni presenti nell’isola, pari al 48,72%.
 
Fra le province, quelle di Catania e Ragusa risultano essere le più virtuose con 55 comuni su 58 la prima, con 12 amministrazioni su 12 la seconda. Le poco lusinghiere maglie nere nei piani di rilevazione del rischio spettano alle province di Agrigento (con 10 comuni su 43), Messina (32 su 108) e Palermo (29 su 82).
A fronte di questi dati poco incoraggianti, come può intervenire il dipartimento regionale di Protezione civile?
“In nessun modo – spiega Calogero Foti, capo del dipartimento – non abbiamo poteri particolari. Speriamo di poter cambiare la legge 14/98 di Protezione civile della Regione siciliana, ma questo è un aspetto che riguarda la componente politica e non quella tecnica, che invece ci compete. Possiamo solo offrire suggerimenti su strategie ed interventi da fare. Le modifiche alla legge spettano a Governo e Parlamento, persino a livello nazionale non è previsto un obbligo particolare per i Comuni, solo di recente è cambiato qualcosa in base alla legge 225/92 attuata con la legge nazionale numero 100 del 12 luglio 2012. Ma il punto è che questa non prevede un’attività sanzionatoria nei confronti dei comuni inadempienti”.
La protezione civile nazionale ha reso noto il censimento dei comuni italiani che si sono dotati di un piano di emergenza. Da una comunicazione del dipartimento, datata 19 agosto scorso, risulta che la Sicilia è l’unica regione a non aver presentato i dati. Può darci la motivazione di tale anomalia?
“Abbiamo inviato a Roma, agli inizi del mese di agosto, tutta la documentazione relativa alla situazione dei Piani di protezione civile regionali ma, dato il periodo, chiaro che ci sarà stato un rallentamento”.
Dal momento che non esiste alcune norma sanzionatoria per i Comuni che non approvano i Piani, come pensate di agire in quei casi dove a un elevato rischio sismico (livello 1 o 2, ad esempio) si associa una carenza assoluta in materia di prevenzione?
“Con la Regione siciliana ci stiamo muovendo incentivando e finanziando gli studi di micro zonazione sismica, così da poter verificare che tipo di modifica potrebbe avere il moto ondoso sismico in caso di terremoto. Ci sono, infatti, dei terremoti che amplificano gli effetti e questo dipende evidentemente dalle caratteristiche del terreno. Laddove ci sono, ad esempio, depositi alluvionali, vecchi corsi d’acqua, il moto sismico viene amplificato con effetti più dannosi. è chiaro che lì non bisognerebbe costruire o quanto meno farlo usando modalità di edificazione antisismiche. E qui rientriamo in un altro campo, in cui determinati Piani di protezione civile devono assolutamente esser fatti propri dai piani urbanistici e regolatori. Evidentemente, le due cose devono camminare in assoluta simbiosi”.
Dal momento che molti Comuni hanno affidato la redazione del piano agli uffici tecnici, non disponendo in alcuni casi degli uffici di Protezione civile sul proprio territorio, non ci sono modalità di "aiuto" che da Palermo possono essere inoltrate per agevolare il lavoro degli Enti locali?
“Spesso fare il piano di Protezione civile non costa niente, la prima cosa da fare è individuare lo scenario. E questo penso che qualunque cittadino, e a maggior ragione i tecnici, sa quali sono le criticità del proprio territorio. è pur vero che, con i sistemi informatizzati e aggiornati di oggi, anche un tecnico comunale potrebbe incontrare difficoltà. Il punto è che nella Protezione civile è assolutamente indispensabile l’utilizzo di questi sistemi perché aiutano la condivisione dei dati. è un problema di formazione, di aggiornamento che stiamo risolvendo anche inviando nostri tutor in supporto dei Comuni. Ma sia chiaro, che sono questi a conoscere meglio il territorio e le problematiche ad esso correlate, e mai noi potremmo sostituirci ad essi. Se infatti, io redigo un piano di Protezione civile sostituendomi al Comune, nel momento in cui si verifica un evento calamitoso che richiede l’attuazione di determinate procedure che sono all’interno del piano e che sono state redatte da altri, il Comune non le conoscerà. Se invece questo si sforza di redigere e applicare un piano, saprà poi come comportarsi”.
Esiste un quadro aggiornato, anche parziale, delle strutture pubbliche siciliane, e di quelle strategiche in particolare, in materia di resistenza al rischio sismico?
“Gli edifici strategici sono contenuti nei Piani di protezione civile, quindi tutti i Comuni che hanno redatto il piano, hanno anche individuato gli edifici strategici”.
Di recente sono stati effettuati degli interventi per la mitigazione del rischio sismico nelle strutture strategiche della Sicilia?
“Abbiamo una serie di ordinanze di protezione civile che nel tempo si sono susseguite, che hanno permesso al dipartimento di finanziare gli studi di verifica con parecchi milioni di euro. Abbiamo fatto dei lavori di adeguamento soprattutto negli ospedali che, fra gli edifici strategici, rappresentano quelli di maggiore attenzione”.
Rischio idrogeologico. In vista della stagione autunnale delle grandi piogge si stanno predisponendo degli interventi di messa in sicurezza per le strutture pubbliche che ricadono nelle aree più esposte?
“Abbiamo una serie si mappature delle aree a rischio, ma noi non interveniamo sulla messa in sicurezza del territorio, di cui invece si occupano altri dipartimenti. Noi siamo vocati all’intervento in situazione emergenziale, nella gestione dell’evento calamitoso”.

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