Corruzione e sanità, business criminale - QdS

Corruzione e sanità, business criminale

Anna Claudia Dioguardi

Corruzione e sanità, business criminale

mercoledì 25 Settembre 2013

87 i casi registrati nel 2012, la maggior parte al Sud. In Sicilia si colloca nella fascia tra gli 8 ed i 10 casi. Il settore più colpito è quello dei farmaci. Il più “redditizio”, invece, è quello degli appalti

PALERMO – La normativa anticorruzione in Sicilia ha iniziato a far saltare le prime poltrone.
Dopo il caso di Stefano La Spada e Giovanni Settepani, primari presso l’Asp del capoluogo, potrebbero esservi avviati altri iter di provvedimenti di revoca di incarico, in virtù dell’articolo 3 del Dlgs 39/2013 (Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico), che vieta il conferimento dell’incarico a chi riporta condanne per reati contro la pubblica amministrazione.
Ma questo è solo uno degli aspetti del nodo strettissimo che lega corruzione e sistema sanitario. Secondo uno studio condotto da Transparency International Italia, in collaborazione con Rissc e Ispe-Sanità, sono solo quattro (Val d’Aosta, Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia Giulia e Basilicata), infatti, le Regioni italiane che hanno registrato nessuno o fino a due casi di corruzione, nel 2012. Mosche bianche in un panorama nazionale in cui, sulla base di denunce, indagini aperte, processi iniziati o conclusi, sono stati rilevati, nello scorso anno, 87 casi di corruzione.
Oltre 10 i casi registrati in Campania, prima in classifica, seguita da Calabria, Puglia e Sicilia con 8-10 casi e Lombardia e Umbria con 6-8 casi. Caso a parte per la Lombardia, i dati rivelano una preponderanza del fenomeno al Sud.
La sanità è senza dubbio uno dei settori più facilmente condizionabili dalla corruzione. Il fenomeno sta assumendo aspetti sempre più sofisticati, rendendo perciò più tortuose le indagini condotte dalle forze dell’ordine. La grandezza delle strutture sanitarie, l’elevato numero di pazienti e prestazioni erogate rendono inoltre ancor più difficile l’individuazione di un reato già tacito per sua intrinseca natura. “Il reato corruttivo – si legge infatti nel rapporto – è un accordo tra persone, in cui nessuno ha interesse a denunciare, e dove non ci sono vittime dirette, né una conseguenza immediata”.
 
Ma quanto costa la corruzione sanitaria? Il danno è inquantificabile, un tentativo azzardato potrebbe essere fatto attraverso un gioco di percentuali e proporzioni. Secondo la stima della “Rete europea contro le frodi e la corruzione nel sistema”, a livello Europeo il 5,6% del budget per la sanità è assorbito dalla corruzione. Rapportando tale percentuale alla spesa sanitaria nazionale nel 2012, pari a 110,842 mld di euro, il calcolo ci porta a circa 6,21 mld di euro.
Una stima di Francesco Macchia, Presidente dell’Istituto per la Promozione dell’etica in Sanità, parla invece di un danno pari a circa il 10% della spesa complessiva per la corruzione (60 mld secondo l’ultima stima della corte dei conti), e dunque di 10 miliardi.
Tornando al Focus sulla sanità, i casi analizzati nello studio fanno capo a cinque categorie: nomine, farmaceutica, appalti di beni e servizi, sanità privata e negligenza medica. Se il settore dei farmaci è quello più colpito, la corruzione più costosa è invece legata, come ovvio, agli appalti che rappresentano il 20-30 % dei bilanci sanitari. Gare ad hoc, e abuso della contrattazione diretta, alcuni dei diversi modi in cui il fenomeno si esplica.
“Senza contare – si legge – il rischio di infiltrazione mafiosa, specialmente nei servizi di bassa specializzazione, come le pulizie o la vigilanza”. La corruzione “più dannosa” è invece definita quella legata alle nomine “perché mina l’implementazione delle politiche sanitarie”. Lo studio rivela un forte legame in tal senso con la politica attraverso il conferimento di incarichi di prestigio come quello di direttore generale, sanitario o primario, in cambio di voti e finanziamenti. “Il cosiddetto sistema Ciapi è una roba da bambini rispetto alla speculazione affaristico – criminale sulla salute dei cittadini siciliani”.
 
È con queste durissime parole, pronunciate nel corso di una conferenza stampa nel luglio scorso, alla presenza dell’assessore alla Salute, Lucia Borsellino, che il presidente della commissione VI – Servizi Sociali e Sanitari all’Ars, Pippo Digiacomo, ha descritto il legame tra corruzione e sanità di cui suddetto. Pur elogiando il lavoro di quegli operatori sanitari che lavorano in corsia con assoluta abnegazione, Digiacomo ha affermato: “C’è una minoranza di mascalzoni che dobbiamo cacciare; a volte sono anche bravi, molto bravi, ma dobbiamo avere il coraggio di fare pulizia nella sanità siciliana”.
“C’è chi ha utilizzato il camice bianco e il posto letto – ha continuato il deputato – per il proprio arricchimento personale. Su episodi come questi in passato si chiudevano gli occhi, oggi per fortuna c’è il coraggio di denunciare”. Ed è proprio questo coraggio di denunciare che deve essere alla base del cammino da intraprendere per “una sanità efficiente e libera da ogni interesse esterno”.

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