Mancato pagamento dei tributi. Nuove ipotesi di non colpevolezza - QdS

Mancato pagamento dei tributi. Nuove ipotesi di non colpevolezza

Michela Forastieri

Mancato pagamento dei tributi. Nuove ipotesi di non colpevolezza

giovedì 31 Ottobre 2013

Ultima la decisione del Gup di Milano di assolvere il contribuente che non ha versato 180 mila € di Iva. Si allarga ancora la giurisprudenza che attenua le conseguenze per i cittadini

PALERMO – Continua ad allargarsi il filone della giurisprudenza che attenua le conseguenze del mancato pagamento dei tributi per “causa di forza maggiore” o per mancanza di “cosciente” volontarietà, colposa o dolosa, nel commettere la violazione.
Dalle pagine di questo Quotidiano abbiamo già parlato delle cause di non punibilità in materia tributaria e abbiamo pure evidenziato l’esistenza di alcune sentenze che, ampliando il concetto di causa di “forza maggiore” previsto dall’art.6 del Decreto legislativo 472 del 1997, hanno ammesso l’esistenza di tale causa esimente e, quindi, la non punibilità, quando la violazione dipende dalla mancanza di liquidità dell’azienda legata a insufficienza di incassi oppure alla esigenza di dare la precedenza ad altri creditori (come – ad esempio – i lavoratori dipendenti) piuttosto che all’Erario.
L’assenza di liquidità, secondo i Giudici, assume peraltro particolare significato quando dipende dal mancato pagamento, da parte della Pubblica amministrazione.
L’anno scorso la Commissione tributaria regionale del Lazio, con sentenza n. 158 del 20/6/2012, ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo non applicabile la sanzione per il mancato versamento dei tributi in quanto l’omissione era stata conseguenza del mancato pagamento dei corrispettivi dovuti da parte della Pubblica amministrazione (nel caso specifico la regione Campania) e l’impossibilità, per il prestatore del servizio e destinatario della cartella di pagamento, di sospendere la prestazione oggetto dell’appalto in quanto tale sospensione, trattandosi di un servizio di pubblica utilità (trattamento delle acque reflue), avrebbe comportato l’interruzione di un servizio indispensabile per la salute dei cittadini.
La sentenza, in questo caso, faceva leva quindi sulla particolare natura del servizio svolto dal contribuente, nonché sulla circostanza che tale contribuente, da un lato, era debitore verso l’Erario e, dall’altro, creditore verso la Pubblica amministrazione per somme che, stante il perdurare del mancato pagamento, gli impedivano di assolvere correttamente ai propri doveri di contribuente.
La Commissione giudicante, comunque, prendendo in considerazione le difficoltà finanziarie della società ricorrente, non ha fatto alcuna distinzione tra i tributi “propri”, come l’Irap, e quelli come l’Iva e le ritenute. Questi ultimi, infatti, rappresentando sostanzialmente somme da riversare, probabilmente avrebbero potuto essere accantonate al momento della loro percezione, ossia al momento della rivalsa in fattura o al momento della ritenuta sulle retribuzioni al personale dipendente.
Ma anche la Cassazione, con sentenza 33424/2012, ha, più recentemente, mostrato tolleranza, ai fini dell’applicazione della sanzione penale, quando vi sono prove evidenti della circostanza che il tributo non è stato pagato solo a causa di oggettive difficoltà economiche dell’impresa e non perchè si sia voluto omettere, volontariamente, un versamento.
Ora, si registra un’altra decisione della Magistratura, più in particolare quella del Gup di Milano, il quale ha assolto il contribuente, che aveva omesso di versare Iva per 180.000 euro e, quindi, passibile di sanzione penale avendo superato la soglia di 50.000 euro, perchè “il fatto non costituisce reato” visto che l’importo del debito era stato regolarmente portato a conoscenza dell’Ufficio ed il mancato pagamento è dipeso dalla “difficile condizione economica delle imprese e, più in generale, della crisi finanziaria del Paese”.
In pratica, anche secondo questo Giudice, nel caso specifico è mancato l’elemento soggettivo del reato in quanto era mancata la volontà di evadere.

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