Ue: per crescere tagliare spese, tasse e debito - QdS

Ue: per crescere tagliare spese, tasse e debito

Carlo Alberto Tregua

Ue: per crescere tagliare spese, tasse e debito

martedì 19 Novembre 2013

Bocciata la Legge di stabilità

Il commissario europeo Olli Rehn non aveva il potere di bocciare il Ddl Stabilità, ma ha detto delle cose ovvie: esso è totalmente insufficiente per avviare il processo di crescita, dal momento che non contiene tagli a spese, tasse e debito.
Letta e Saccomanni sembrano due pulcini nella stoppa quando proclamano che la pressione fiscale, nel 2014, diminuirà dello 0,1%. Primo perché si tratta di una variazione insignificante. Secondo, perché essa non si verificherà per l’effetto trascinamento della crescita delle spese, delle tasse e del debito.
È vero che una grande coalizione all’italiana non può produrre niente di buono, mentre la grosse koalition sotto il primo ministro Gerhard Schröder in Germania ha fatto profonde riforme, i cui risultati positivi si sono visti in questi ultimi anni.
Appare inoltre del tutto ridicolo che Letta e compagni continuino a prendere in giro gli italiani creduloni che ora, però, hanno smesso di credere alle fanfaluche.

Sembra anche risibile la proposta del commissario straordinario alla spending review, Carlo Cottarelli, di ridurre la spesa pubblica nel 2014 di appena 1,5 miliardi. Non c’era bisogno di cercare un mago per un’ipotesi di questo tipo.
C’è bisogno, invece, di un deciso taglio di 20 o 30 miliardi, l’unico modo per: a) abbassare le imposte in modo da mettere più soldi nelle tasche delle fasce più deboli e alimentare i consumi; b) impedire che il debito pubblico cresca ancora e con esso gli interessi, che hanno superato, quest’anno, gli 80 miliardi.
Letta sembra un ragazzo di oratorio quando si accoda a Grillo e Berlusconi nel dire che di rigore si può morire. Qui non si tratta di rigore, ma di tagliare la spesa pubblica improduttiva e clientelare. Quella che ha alimentato la famelicità di burocrati, politicanti, imprenditori, professionisti e sindacalisti che se ne sono infischiati e se ne infischiano dell’interesse generale.
Ricordiamo che il fiscal compact del 2012 impone il taglio di 50 miliardi l’anno di debito dal 2015, per venti anni. Se la Legge di stabilità 2014 non metterà le condizioni perché ciò avvenga l’Italia precipiterà inevitabilmente nel burrone.
 

In questi giorni è avvenuto il divorzio fra Berlusconi e i traditori di Alfano e altri, avvitati alle loro poltrone ministeriali. Non entriamo nel merito di chi abbia ragione, se il Cavaliere o l’ex delfino. Saranno le prossime elezioni europee a certificare chi abbia commesso l’errore, ovvero se la chiarezza conseguente sia stata salutare per gli elettori.
In Senato, nonostante l’apporto di Nuovo centrodestra la maggioranza continua a restare risicata, forse di una decina di voti. è impensabile che per fare le riforme profonde e radicali questo governo possa contare su tale piccola maggioranza.
La conseguenza è che la cosiddetta stabilità divenga una palude perché, all’interno delle Commissioni parlamentari e delle due Aule, vi sarà guerriglia continua e ostruzione massima, che impedirà quasi sempre di approdare a risultati positivi.

Se a destra c’è questa bagarre, a sinistra essa non è inferiore per intensità. C’è la questione Cancellieri, che va verso le dimissioni, ma, più importante, l’esito delle primarie dell’8 dicembre. Quasi certamente Matteo Renzi uscirà vincitore, ma c’è D’Alema che sta già minacciando una scissione contro il sindaco di Firenze.
Perché la vecchia guardia comunista è contraria? Semplicemente perché Renzi vuole attuare una politica blairiana che, ricordiamo, non fu molto diversa da quella thatcheriana.
Tale politica ha come cardini proprio quanto afferma Olli Rehn, e cioè l’urgenza di tagliare la spesa pubblica improduttiva, le tasse e il debito. C’è una perfetta coincidenza tra l’invito europeo e quello che pensa di fare Renzi. E, non sembri un paradosso, le stesse cose ha affermato Angelino Alfano, fresco leader di Nuovo centrodestra.
A questa svolta si oppongono i conservatori, gli italiani garantiti che impediscono ai giovani di entrare nel mondo del lavoro, i privilegiati che prendono ricchi emolumenti, i giovani pensionati che incassano l’assegno non conteggiato in base ai contributi versati. Sono ovviamente contrari alle riforme anche corrotti e corruttori, che dall’opacità di Pa e procedure traggono immani profitti illeciti.

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