“Terra dei fuochi”, i rischi si estendono anche in Sicilia - QdS

“Terra dei fuochi”, i rischi si estendono anche in Sicilia

Rosario Battiato

“Terra dei fuochi”, i rischi si estendono anche in Sicilia

giovedì 21 Novembre 2013

Oltre alla Campania, la contaminazione del suolo riguarda molti siti. Persino quelli apparentemente legalitari. Le dichiarazioni del boss Carmine Schiavone dovrebbero attivare i controlli nell’Isola

PALERMO – La Terra dei fuochi non è lontana. Le dichiarazioni desecretate del pentito di camorra Carmine Schiavone hanno descritto le rotte del male in terra campana, ma anche la Sicilia potrebbe rientrare nel novero delle regioni destinatarie degli scarti inquinanti dell’industria. Lo confermano i dati annuali sul traffico illecito di rifiuti nell’Isola, ma adesso bisognerà controllare il territorio.
Dal 1991 al 2013 sono state censite 82 inchieste per traffico di rifiuti che hanno riguardato rifiuti speciali pericolosi in arrivo da tutta Italia e destinati al seppellimento direttamente nelle discariche legali e illegali della Terra dei Fuochi, gestite della criminalità organizzata casertana e napoletana.
I numeri delle inchieste, presentati in un report di Legambiente, dicono che le attività degli inquirenti si sono concluse con 915 ordinanze di custodia cautelare, 1.806 denunce, coinvolgendo ben 443 aziende. La terra campana ha accolto ogni cosa: scorie derivanti dalla metallurgia termica dell’alluminio, polveri di abbattimento fumi, morchia di verniciatura, reflui liquidi contaminati da metalli pesanti, amianto, terre inquinate provenienti da attività di bonifica. Non sono rimasti esclusi dal fenomeno nemmeno i pericolosissimi rifiuti dei petrolchimici storici: Legambiente elenca “i veleni dell’Acna di Cengio, i residui dell’ex Enichem di Priolo, i fanghi conciari della zona di Santa Croce”.
Ci sono state 9,7 milioni di tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente. Nella grande mappatura nazionale dello smaltimento illegale dei rifiuti in terra campana ci sono anche due rotte siciliane e tra le inchieste segnalate nelle Procure siciliane in cui è coinvolta la Campania si fa riferimento a quella messinese di Rinazzo, avviata il 21 febbraio del 2011. 
Ma c’è di più. La Sicilia non è protagonista del traffico in uscita, ma anche di quello in entrata. Lo ha denunciato in un articolo pubblicato online (http://selmade.it/dalla-terra-dei-fuochi-al-cuore-della-sicilia) Erasmo Palazzotto, deputato di Sel, che già il 22 maggio scorso aveva depositato un’interrogazione “relativa alla vicenda della miniera abbandonata di Bosco Palo (in provincia di Caltanissetta, ndr) chiusa nel 1988, nel territorio del comune di San Cataldo in provincia di Caltanissetta”.
Nel testo dell’interrogazione, che attende ancora una risposta da parte del governo, si chiedeva un intervento urgente per la bonifica dell’area e l’avvio di un opera di monitoraggio delle aree circostanti, anche perché
 "appare logico quindi ipotizzare che l’area mineraria dismessa tra le provincie di Enna e Caltanissetta, a causa della totale mancanza di vigilanza, possa essere identificata come l’area finale dello stoccaggio illegale dei rifiuti speciali".
Le dichiarazioni di Schiavone dovrebbero insomma allertare la vigilanza e il monitoraggio di tutte le aree a rischio di Sicilia, considerando che in materia di rifiuti la gestione regionale è sempre stata carente sotto tutti i punti di vista e persino nell’ambito ritenuto “legalitario”.
Ad esempio il caso Bellolampo resta un esempio per tutti: una delle più grandi discariche pubbliche della Sicilia orientale sequestrata dalla magistratura lo scorso febbraio per inquinamento delle falde acquifere ad opera del percolato, e poi rimessa in sesto dalla cura Marino, l’assessore regionale all’Energia. Nei giorni scorsi dissequestrata anche l’area di Bellolampo denominata ex poligono di tiro, che era stata posta a sequestro preventivo in via d’urgenza a causa della grave contaminazione dell’area nel 2012.

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