Ma Mike Bongiorno non era un eroe - QdS

Ma Mike Bongiorno non era un eroe

Carlo Alberto Tregua

Ma Mike Bongiorno non era un eroe

mercoledì 16 Settembre 2009

Fuori luogo il funerale di Stato

Sabato 12 settembre il mondo dei media italiano si è mobilitato per rendere onore al campione della comunicazione che da 50 anni imperversa nel mondo dei quiz. In sostanza, un quizzarolo che appassionava tanti italiani su piccole domande di dettagli e particolari che costituivano nozioni insignificanti, in quanto non collegate a quadri di riferimento che danno il senso di come si muovano le cose.
I retroscena dei quiz di Bongiorno, e poi di altri, è che essi non erano scollegati ma inseriti in un testo che veniva fornito ai concorrenti. Di modo che le risposte erano frutto di memoria e non di conoscenza. Infatti, i più bravi a rispondere erano coloro che avevano imparato bene il testo, un po’ come accade per gli esami a base di quiz che vengono usati da qualche anno per i concorsi a magistratura, a notariato e per l’accesso alle facoltà universitarie a numero chiuso.

Ora, che i quiz possano appassionare, come peraltro appassionano i cruciverba, è un fatto rispettabile di per sé. Ma che esso venga gonfiato fino al punto di diventare un evento di massa, seppur basato sulla morte di una persona, fatto di per sé doloroso, corre tanta strada.
Dispiace che dalle più alte cariche dello Stato all’ultima delle piccole persone che si agita nel mondo dello spettacolo, la gara a esaltare le qualità quizzarole di Bongiorno è stata continua e questo ha costituito un pessimo esempio per la gente comune, la quale non trova civilmente corretta un’esagerazione di questo tipo.
Non sappiamo chi abbia disposto i funerali di Stato, che si riservano di solito agli eroi. Ma come si fa a sostenere che Bongiorno era un eroe? Un eroe di che cosa? Della televisione? Suvvia, siamo seri. E rimettiamo le cose al loro posto. Evitiamo certi comportamenti che indicano alla gente una via di crudo civismo, perché esalta l’effimero, facendo prevalere piuttosto le azioni concrete, per le quali spesso occorrono sacrifici.

 
Il bravo presentatore, come usava definire Renzo Arbore, era attento alla propria immagine, fino a costruirsi, dicono i maligni, le gaffes. E fino a far circolare la voce su false gaffes. È stato la fortuna del Silvio Berlusconi imprenditore, il quale, secondo la biografia scritta dal presentatore, nel 1980 gli offrì 600 milioni l’anno per andare a Telemilano, quando Bongiorno ne guadagnava alla Rai solo 26, di milioni.
La morte di Bongiorno è stata considerata un evento da parte di quotidiani e televisioni, che gli hanno dedicato paginate e servizi a non finire, tirando fuori retroscena, tutti basati su fatterelli di piccolo cabotaggio. Per alcuni giorni, il presentatore ha troneggiato sulle pagine, spostando l’interesse di lettori e telespettatori dalle cronache sportive che offuscano la mente di tanti italiani, i quali non parlano d’altro che di calcio e annessi nei bar dello sport e nelle sale dei barbieri.
Ognuno è padrone di dirigere la propria attenzione dove vuole, ma questo sintomo fa capire come i cittadini si lamentano, ma non pensano alle soluzioni indispensabili e urgenti per fare crescere il Paese.

La questione che proponiamo sistematicamente, ma anche oggi, non è nuova e chiama in causa gli insegnanti scolastici che hanno la prima responsabilità di portare i cittadini dai 5 anni ai 19 oltre la soglia della maturità.
Purtroppo, la maggioranza di questi insegnanti non ha avuto la validazione dei concorsi pubblici, che pur con le raccomandazioni costituivano un notevole filtro. Naturalmente, è fatta eccezione per moltissimi insegnanti bravi, colti e preparati che ce la mettono tutta per far crescere i propri allievi come bravi cittadini, ma che alla fine del mese sono fortemente delusi di percepire lo stesso stipendio dei loro colleghi fannulloni, ignoranti, che fanno solo danno.
Non sappiamo se il corpo degli insegnanti ha commentato la morte di Bongiorno secondo linee di cultura proprie alla scuola, ma continuamente disattese, oppure si è adeguata all’attività dei mass media senza discernere il grano dal loglio (Matteo 13, 24-30).
Per quanto accaduto, non possiamo plaudire il Presidente della Repubblica che si è fatto coinvolgere in una vicenda mass-mediologica che non apparteneva al suo Ufficio.

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