Trattativa Stato-Mafia, saltato l’attentato a Grasso nel 1992 - QdS

Trattativa Stato-Mafia, saltato l’attentato a Grasso nel 1992

redazione

Trattativa Stato-Mafia, saltato l’attentato a Grasso nel 1992

giovedì 12 Dicembre 2013

Ieri il pentito Giovanni Brusca ha fatto una serie di rivelazioni nell’aula bunker di Milano. Le richieste fatte col “papello” dopo la strage di Capaci erano troppe

MILANO – “La strage di Capaci fu accelerata per influire sulla nomina del presidente della Repubblica”. Lo ha rivelato il pentito Giovanni Brusca deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia in corso nell’aula bunker di Milano. Brusca ha raccontato che il commando inizialmente investito dell’incarico di uccidere Falcone avrebbe dovuto agire quando il giudice era a Roma, “poi – ha aggiunto – vedendo che perdevano tempo si rivolse a me e diede a me il compito”. “Riina e Provenzano avevano divergenze di vedute non sull’uccidere Falcone, ma sulle modalità. – ha aggiunto – Provenzano mostrò la volontà di ammazzarlo fuori dalla Sicilia e Riina lo trattò a pesci in faccia e gli disse: ‘io lo devo uccidere qua’”. “Riina voleva essere sicuro di riuscire nell’attentato – ha spiegato – infatti mi disse di impiegare 1000 chili di esplosivo”. “Circa 20 giorni dopo l’attentato a Giovanni Falcone, Totò Riina mi disse ‘si sono fatti sotto, mi hanno chiesto cosa vogliamo per finirla e io gli ho consegnato un papello così. Era contentissimo. Riina non mi disse a chi aveva dato il papello ma mi fece capire che alla fine era andato a finire a Mancino". “Gli attentati del’93 erano finalizzati a fare tornare i contatti di Riina a trattare perché dopo il papello i rapporti si erano interrotti in quanto le richieste che avevamo fatto erano state ritenute eccessive” aggiunge Brusca. Il collaboratore di giustizia ha riferito di avere saputo da Riina che le richieste fatte dopo la strage di Capaci attraverso il papello erano troppe e che gli era stato detto che gli avrebbero potuto concedere solo alcune cose. Ma il boss, arrabbiato, si sarebbe rifiutato di accontentarsi.
 
Secondo il pentito, Riina, dunque, gli avrebbe fatto capire che alcuni esponenti delle istituzioni, dopo gli omicidi dell’eurodeputato Salvo Lima e del giudice Giovanni Falcone, avrebbero chiesto al padrino di Corleone in cambio di cosa avrebbe fermato la stagione delle stragi. E Riina avrebbe risposto consegnando il papello, il documento con le richieste di Cosa nostra allo Stato.
Tra le rivelazioni del pentito c’è anche questa: "Decisi di dire anche quel che avevo fino ad allora taciuto dopo un incontro con la sorella del giudice Borsellino, Rita, che mi chiese di sapere tutta la verità sulla morte di suo fratello" che ha raccontato cosa lo indusse a fare, anni dopo l’avvio della collaborazione, il nome di Marcello Dell’Utri. Il collaboratore ha infatti raccontato solo in un secondo momento del tentativo di contattare Dell’Utri tramite il boss Vittorio Mangano per ottenere benefici per i detenuti. Brusca ieri ha risposto alle domande dell’aggiunto Vittorio Teresi che ha ripercorso la travagliate fasi della collaborazioni dell’ex capomafia e la recente indagine per estorsione aperta a suo carico. “Riina intorno a novembre del 1992 mi disse che dovevamo dare un altro colpetto per farli tornare e pensammo così di colpire Piero Grasso" ha rivelato ancora il pentito alludendo alla decisione di Riina di colpire nuovamente, dopo le stragi di Falcone e Borsellino, per ottenere qualcosa dallo Stato.
 
"Preparammo la chiave per aprire un tombino vicino casa della suocera di Grasso a Monreale – ha aggiunto -. Dovevamo metterci l’esplosivo. Eravamo arrivati a buon punto. Mi ero procurato il telecomando con i catanesi. Poi per un problema tecnico desistemmo e l’argomento si chiuse".

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