Letta mente, equilbrio ma tagli e crescita - QdS

Letta mente, equilbrio ma tagli e crescita

Carlo Alberto Tregua

Letta mente, equilbrio ma tagli e crescita

martedì 24 Dicembre 2013

Napolitano, subito ridurre spesa

Enrico Letta è degno nipote di suo zio Gianni, noto per la prudenza e la riservatezza. Sono requisiti importanti a condizione che dietro questi due schermi non si compiano azioni contrarie all’interesse  generale.
Letta nipote, da Bruxelles ha mandato un messaggio a imprenditori e sindacati: Devo tenere i conti in ordine. Giusto! Ma i conti si possono tenere in ordine in tanti modi. Quello doroteo del presidente del Consiglio, giovane ma vecchio di esperienza democristiana, è governare galleggiando, senza prendere decisioni, per ribaltare l’asfittica situazione economico-sociale del Paese.
Dal che deriva che egli mente quando dice che non può fare innovazioni né attivare i processi di crescita perché deve mantenere i conti in equilibrio. La verità è che pur di galleggiare non ha la forza, o la voglia, di tagliare la spesa improduttiva adeguatamente e con il bisturi. Tanto che l’azione del commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, dopo un primo slancio con il quale aveva previsto di ridurre 50 mld di spesa inutile, ha presentato il topolino di una riduzione di 1,5 mld.

Il perimetro della spesa pubblica è quello e non può aumentare perché le entrate sono ormai gravosissime con una pressione fiscale insopportabile. Ancora più insopportabile è il cuneo fiscale, per cui il dipendente che riceve 1.500 euro netti al mese riversa sul suo datore di lavoro pubblico o privato un onere di 3.500 euro al mese.
La differenza fra quanto percepisce il dipendente e quanto costa al suo datore di lavoro è appunto quella massa di denaro che va a finire nelle casse pubbliche per indirizzarsi verso spese in parte inservibili alla produzione di servizi per cittadini e imprese.
è diventato noioso fare l’elenco dei possibili tagli alla spesa pubblica a cominciare dagli interessi sul debito sovrano, che non possono diminuire in quanto esso aumenta, avendo toccato nel mese di ottobre la stratosferica cifra di 2.085,3 mld. Se il debito aumenta, anche gli interessi aumentano in valore assoluto pur se la percentuale diminuisce leggermente come si evince dallo spread.
Poi vi è lo sperpero negli acquisti di beni e servizi di tutti gli enti pubblici che potrebbero essere ridotti di almeno 30 mld.

 
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel corso di una ennesima ammonizione nei confronti della classe politica, ha detto con voce forte e chiara che il taglio della spesa pubblica è improcrastinabile, con ciò ribadendo a chiare lettere che i responsabili delle istituzioni nazionali, regionali e locali non possono fare più orecchie da mercanti.
Facciamo un esempio: la Camera e il Senato hanno ridotto lievemente le spese, ma non hanno restituito il risparmio, se lo sono tenuti come propria riserva. Il che significa che le due massime istituzioni nazionali continuano a costare, la prima 1 mld, e il secondo 700 mln. Aggiungendo i circa 300 mln che costa il Quirinale, abbiamo l’incredibile somma di 2 mld quando, in tutti gli altri Paesi europei, le tre istituzioni costano meno di un miliardo.
Un esempio di casa nostra, l’Assemblea regionale ha recepito con propria legge, finalmente, la legge Monti n. 213/12. Con essa l’indennità del consigliere regionale scenderà a 11.100 euro, oltre 2.500 euro per cariche supplementari. Ma nessun taglio è stato fatto alla burocrazia.

Letta continua a parlare di stabilità come valore, dimenticando che non c’è nulla più stabile di un morto: il massimo della stabilità. E invece il giovane-vecchio Letta dovrebbe parlare di governabilità, cioè di decisioni audaci e atti che le mettano in atto rapidamente.
Confidiamo molto nell’azione di Matteo Renzi per mettere in moto, finalmente, questo governo statico e inconcludente con una maggioranza che consolida le poltrone piuttosto che venire incontro alle esigenze dei cittadini.
Renzi ci ha messo la faccia e ha un esame del mercato politico particolarmente impegnativo, a fine maggio, con le elezioni europee. Deve (non può) spingere la maggioranza non solo a fare la riforma elettorale  (senza le preferenze clientelari), ma con il necessario taglio della spesa pubblica improduttiva, le cui risorse recuperate vadano agli investimenti, per rimettere in moto la crescita e con essi  consumi e Pil.

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