Il petrolio abbevera la Sicilia - QdS

Il petrolio abbevera la Sicilia

Antonio Casa

Il petrolio abbevera la Sicilia

sabato 04 Gennaio 2014

Raffinazione e produzione: così gli idrocarburi liquidi restano decisivi per l’economia dell’Isola. Tra il 2010 e il 2012 i derivati hanno determinato il 72% delle esportazioni

PALERMO – La consuetudine non si interrompe, così per il quarto anno di fila l’Osservatorio regionale e l’ufficio statistico per l’energia hanno redatto il Rapporto energia. Nessuna novità di rilievo per una Sicilia che resta innanzitutto “figlia” del petrolio per produzione e raffinazione.
Nel 2012 il petrolio estratto dai giacimenti siciliani ha inciso per il 12,6% nella produzione complessiva nazionale mentre le importazioni rappresentano oltre il 26% degli arrivi nei porti italiani. Dopo la Val d’Agri, il cosiddetto Texas italiano della Basilicata, la Sicilia è la prima regione incidere in materia di idrocarburi sul bilancio energetico nazionale. Altro capitolo determinante del settore fossile è la raffinazione che in Sicilia, seppur in crisi, continua a restare determinante.
 
“La Regione siciliana – si legge nell’introduzione del report a firma di Maurizio Pirillo, dirigente generale del dipartimento Energia – è la regione in cui, a gennaio 2012, la capacità di raffinazione nelle raffinerie (Gela, Milazzo, Priolo Gargallo e Augusta) è stata di 49,2 milioni di tonnellate/anno, corrispondente al 43 % di quella nazionale”. Ed è una Sicilia che continua a vivere un duplice rapporto di dipendenza e necessità col petrolio. Nel triennio compreso tra il 2010 e il 2012 i derivati del petrolio hanno rappresentato in media “oltre il 72 % delle esportazioni siciliane”. Il loro valore è stato pari a 7,9 miliardi di euro, equivalenti a circa il 9 % del Pil regionale.
Alla fine del 2012 il settore petrolifero, senza considerare l’indotto, impiegava ancora oltre 3.600 addetti. Non sono più i tempi d’oro della raffinazione, ma una buona parte dello sviluppo siciliano passa ancora dal petrolio, dal momento che la tanto attesa rivoluzione verde non pare ancora maturata e in grado di sostituire, a livello occupazionale e produttivo, il vecchio regno delle fonti fossili.
Anche per il gas naturale la Sicilia è determinante. Da una parte contribuisce soltanto con il 3,8% alla produzione complessiva nazionale, ma resta strategica per il passaggio del prezioso gas africano, perché se la Sicilia chiudesse i rubinetti potrebbe bloccare l’Italia. Nel 2012 il gas importato in Italia, dalla Libia e dall’Algeria, attraverso i due punti di ingresso di Gela e Mazara del Vallo, ha rappresentato rispettivamente circa il 3,3 % ed il 30,3 % del totale nazionale importato, per complessivi 27.102 milioni di Smc. A fronte di importazioni di gas dal Nord Africa sempre in crescita (+12,7 % rispetto al 2011) il dipartimento energia informa che l’84,4% del gas è destinato al mercato nazionale.
 
Su questi dati si impone un ragionamento molto semplice: la spesa media annua di gas per una famiglia siciliana, riferita a un consumo medio di 1.400 Smc/anno, escluse le imposte, è più alta rispetto ad altri ambiti regionali. "Ad esempio, rispetto alle regioni dell’ambito Nord Orientale (Lombardia, Trentino A.A., Veneto, Friuli V.G., Emilia Romagna), – si legge nel report – la spesa media annua è superiore di 179 euro". Un discorso simile va fatto anche sul fronte dei raffinati: in Sicilia si raffina poco meno della metà del totale nazionale, eppure non esistono incentivi o sgravi per gli isolani e il carburante costa mediamente di più che in altre realtà regionali. Misteri di Sicilia che nessun governo è riuscito a risolvere.

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