Scandalo Ars, perché molti deputati siciliani sono indagati - QdS

Scandalo Ars, perché molti deputati siciliani sono indagati

redazione

Scandalo Ars, perché molti deputati siciliani sono indagati

mercoledì 15 Gennaio 2014

Come funziona il meccanismo di finanziamento ai partiti. Oltre 10 milioni di euro in spese "folli", una carellata delle più assurde: dal rimborso della mancia di un euro fino ai soggiorni in alberghi di lusso.

L’alba del giorno dopo è durissima per molti deputati regionali di questa e della scorsa legislatura. La notizia dell’approvazione della Finanziaria, di fatto, è già storia vecchia (sebbene sia avvenuta nella notte appena trascorsa). A tenere banco in queste ore è l’indagine della Procura di Palermo che vede coinvolti 87 deputati regionali e 14 tra dipendenti e consulenti dei gruppi dell’Ars.
 
Per tutti l’accusa è di peculato. La finanza, che ha condotto l’indagine, ha passato al setaccio i documenti relativi alle spese dei gruppi della scorsa legislatura e di quella precedente accertando che i fondi assegnati per spese di segreteria sarebbero stati impiegati per acquisti personali. Le spese illegittime ammonterebbero a oltre 10 milioni di euro.
 
L’indagine è coordinata dal procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci: tra gli indagati ci sono anche il parlamentare del Pd Davide Faraone, responsabile del Welfare della segreteria nazionale, il presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone e l’ex Francesco Cascio, nonché il precedente governatore siciliano Raffaele Lombardo.
 
Il meccanismo di finanziamento. Ammonta a 52,9 milioni il budget gestito dai gruppi parlamentari nella scorsa legislatura finito sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Palermo che indaga sulla spesa dei fondi pubblici: si tratta di fondi assegnati dal Parlamento in base alle regole in vigore fino all’estate di due anni fa, poi modificate con l’introduzione delle rendicontazioni.
 
Nel 2012 i gruppi incassarono 12,65 milioni di euro, 13,72 mln l’anno precedente e la stessa cifra nel 2010. Due i canali di finanziamento previsti in quel periodo: il “contributo per le spese legate allo svolgimento dell’attività parlamentare” pari a 4.178 euro assegnato per ogni deputato aderente al gruppo e un contributo di 3.750 euro al mese per ogni parlamentare.
Con il primo canale di finanziamento i gruppi dovevano pagare il portaborse, eventuali consulenti e manifestazioni con finalità istituzionali. Fino alla primavera di due anni fa queste somme venivano caricate direttamente nella busta paga del parlamentare, dunque non facilmente controllabili. Alla fine del 2012 la metà della somma venne erogata in busta paga e ogni deputato ogni quattro mesi doveva fornire le pezze d’appoggio che giustificavano le spese; l’altra metà della somma invece veniva assegnata dal gruppo parlamentare al singolo deputato ogni mese ed era necessaria un’autocertificazione.
 
Per quanto il secondo canale di finanziamento, cioè il contributo a ogni deputato, il gruppo tratteneva i fondi con i quali pagare i dipendenti e le spese di funzionamento (stampanti, fotocopiatrici, convegni e consulenti). Un’altra fonte di finanziamento era legata all’utilizzo dei cosiddetti dipendenti “stabilizzati”, un bacino di 86 persone: se il gruppo vi faceva ricorso riceveva il contributo per il pagamento degli stipendi.
 
Le spese contestate. Acquisti di cravatte, borse, ma anche biancheria intima griffati, gioielli e rimborsi di soggiorni in alberghi di lusso: così, secondo le Fiamme Gialle, 87 deputati della scorsa e della precedente legislatura e 14 consulenti e dipendenti dell’Ars avrebbero speso i rimborsi destinati ai Gruppi parlamentari.
 
Lo scontrino per la mancia. Per potere intascare i rimborsi destinati ai Gruppi parlamentari alcuni dei deputati indagati si sarebbero addirittura fatti fare lo scontrino della mancia di un euro lasciata al bar.
 
Multe pagate con i soldi dei cittadini. Con il denaro dei Gruppi sarebbero state pagate multe prese dai parlamentari, regali fatti a colleghi dell’Ars per la nascita dei figli, o per matrimoni.
 
Con il rimborso soldi extra ai portaborse. Dall’inchiesta è emerso che molti dei fondi distratti dalle casse dei Gruppi parlamentari finivano nelle tasche dei portaborse attraverso pagamenti extra e soldi fuori busta.
 
Necrologi e cialde per il caffè. Tra le spese contestate dalla Procura di Palermo all’ex capogruppo del Pd, Antonello Cracolici, ci sarebbero anche spese fatte con i fondi del gruppo per l’acquisto di cialde per il caffè, bottiglie di acqua minerale e per la pubblicazione di necrologi.

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