Province, ancora nulla di fatto (e ora si rischia davvero) - QdS

Province, ancora nulla di fatto (e ora si rischia davvero)

Antonio Leo

Province, ancora nulla di fatto (e ora si rischia davvero)

venerdì 14 Febbraio 2014

Sebbene i termini sono ormai quasi scaduti, l'Assemblea regionale siciliana ha deciso che l'esame della riforma, articolo per articolo, comincerà martedì prossimo. Ritorno al voto non da escludere

Da domani riparte la campagna elettorale per il rinnovo degli organismi politici delle Province. Anzi no. Secondo l’assessore alle Autonomie locali, Patrizia Valenti, c’è ancora tempo per evitare di vedere i faccioni di aspiranti presidenti e consiglieri sui cartelloni (e, si spera, non anche sui muri) delle città siciliane.
 
“Il termine del 15 febbraio non è perentorio, lunedì scadono i mandati dei commissari delle Province, poi c’è ancora qualche giorno di tempo per decidere, per cui se la legge dovesse essere approvata la prossima settimana saremmo ancora in tempo”, precisa la Valenti. Sarà: fatto sta che Governo e Parlamento sono riusciti a far decorrere inutilmente anche i 45 giorni successivi al termine del 31 dicembre 2013, data entro cui – a rigore della legge regionale 7/13 – avremmo già dovuto mandare in soffitta i vecchi Enti intermedi. Il punto è uno: scaduti i Commissari di nomina crocettiana che attualmente governano le Province, non si può fare altro che convocare i comizi elettorali.
 
Il Governo – nonostante abbia avuto ormai quasi un anno per portare un testo definitivo in Aula – continua a cincischiare e prendere tempo. L’Ars, nella giornata di ieri, ha chiuso soltanto la discussione generale sulla riforma delle Province votando il passaggio agli articoli; l’esame dell’articolato comincerà martedì prossimo. Il termine per gli emendamenti è scaduto alle 12 di oggi, mentre per i sub-emendamenti c’è tempo fino a lunedì prossimo.
 
Dunque – ammesso che il termine non sia perentorio – non possiamo credere che il Parlamento e la maggioranza possano protrarre la votazione finale oltre martedì. Di buono c’è che il Movimento cinque stelle dovrebbe obbedire al volere della base, che sul web ha ordinato ai propri “dipendenti" (così si fanno chiamare) di sostenere la riforma della Giunta (qui i punti principali). Loro, i grillini, però fino all’ultimo vogliono mantenere la suspense. “Non è la legge per cui ci eravamo battuti”, affermano i pentastellati.
 
“Le continue marce indietro del governo, che ha ritirato quasi tutti i suoi emendamenti, le hanno tolto gran parte della sostanza. Cercheremo – continuano – di migliorarla in aula. Al momento le poche cose da salvare sono la scomparsa degli organi politici e la gratuità dei liberi consorzi . E queste sono due tra le cose che, se dovessero saltare, ci spingerebbero a votare contro”.
 
Intanto il Pd per provare ad accogliere le richieste dell’altra opposizione, quella di centrodestra – decisamente più riottosa sul tema – ha deciso di trovare una via di mezzo tra la loro richiesta di elezione diretta e il voto indiretto originariamente previsto dall’intesa trovata al Nazareno (sede nazionale dei democrats).
 
Baldo Gucciardi e Antonello Cracolici, infatti, hanno ottenuto che “il presidente dei Consorzi dei Comuni sarà eletto dai sindaci e da tutti i consiglieri comunali dei Comuni aderenti”. La proposta verrà inserita nel maxi emendamento della Governo. In questo modo, teoricamente, verrebbero rappresentanti più cittadini, “così si allarga la base elettorale”. Basterà a Nello Musumeci e a tutti gli altri che gridano all’incostituzionalità e alla violazione della democrazia? Lo sapremo martedì (ma non c’è da scommetterci).
 

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