Province siciliane addio, ora inizia la parte difficile - QdS

Province siciliane addio, ora inizia la parte difficile

redazione

Province siciliane addio, ora inizia la parte difficile

mercoledì 12 Marzo 2014

Aboliti gli Enti intermedi, al loro posto arrivano Liberi Consorzi e Città metropolitane. Passata la sbronza dei festeggiamenti, restano molti nodi irrisolti: dalle funzioni dei nuovi organismi fino al destino dei lavoratori. In ballo ci sono le finanze dei Comuni e i servizi dei cittadini

L’abolizione delle Province siciliane è legge, la Sicilia è la prima regione in Italia a mandare in soffitta gli Enti intermedi. Il parlamento siculo ieri sera ha approvato in via definitiva con una maggioranza inaspettata (62 favorevoli, 14 contrari e 2 astenuti) la soppressione delle nove Province regionali che vengono sostituite da altrettanti Liberi consorzi dei comuni con la possibilità di crearne di nuovi entro sei mesi, purché i Comuni raggruppino almeno una popolazione di 180 mila abitanti e quelli coincidenti con gli enti soppressi non abbiano una popolazione inferiore a 150 mila abitanti. Quest’ultima norma è stata inserita in extremis con un emendamento ad hoc: in pratica un Comune potrà lasciare il Libero consorzio per aderire a un altro o a un’area metropolitana qualora per effetto del distacco la popolazione rimanente del consorzio originario non risulti inferiore a 150 mila abitanti.
 
L’elemento cardine della legge è la soppressione del voto diretto, gli organismi dei Liberi consorzi, infatti, saranno di secondo livello, eletti non dal popolo ma dalle assemblee dei consorzi.
 
Altra novità è la creazione delle tre aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina, la cui elezione degli organismi, sempre di secondo livello, sarà disciplinata con una successiva legge che il governo Crocetta porterà in aula il prossimo autunno. Rinviati alla prossima legge anche i compiti e le funzioni dei Liberi Consorzi.
 
Esulta il governatore Rosario Crocetta: “È una pagina storica, siamo i primi in Italia”. Soddisfazione anche dai Cinquestelle, il cui apporto è stato fondamentale per l’approvazione del ddl: “Finalmente cala il sipario sulle Province”. “Va a posto uno dei tasselli del nostro programma – osservano i deputati del M5s – L’idea dell’abolizione delle Province, come quella della riduzione dei costi della politica, è entrata nel Palazzo assieme a noi. Prima, qui dentro e poi in ambito nazionale, certi temi erano tabù”.
 
Critici pezzi dell’opposizione, che sostengono l’incostituzionalità di alcune norme, paventando il rischio di impugnativa da parte del commissario dello Stato. Per Forza Italia si tratta solo di una legge-spot, “serve a Crocetta per mettersi una stelletta mediatica, serve ai gruppi di maggioranza per portare all’incasso le richieste da tempo avanzate al presidente della Regione, serve ai grillini per convincersi di esercitare una funzione utile all’interno della istituzione siciliana”, afferma il capogruppo forzista Marco Falcone.
 
Durissimo il commento di Nello Musumeci, tra i più strenui oppositori al testo governativo. “Questa legge sulla riforma delle Province – tuona il presidente della commissione Antimafia – è condannata all’orfanotrofio politico, perché resterà senza padri quando, fra qualche mese, chi l’avrà votata sarà costretto a prenderne le distanze, a disconoscerla, per gli effetti devastanti che produrrà. Il centrosinistra, con questa legge, sta condannando i Comuni al collasso finanziario”.
 
“E quando i sindaci siciliani – fra otto, dieci mesi – non potranno più amministrare le loro comunità e andranno a Palermo per consegnare la fascia tricolore a Crocetta, solo allora apparirà chiara e lampante la mostruosità giuridica e l’imbroglio di questa legge”, conclude l’ex presidente della Provincia di Catania.
 
Da ieri, dunque, le Province appartengono al passato. La vera sfida, però, inizia adesso. Tanti sono i nodi irrisolti che la Regione dovrà affrontare da qui a i prossimi mesi: a partire dalla definizione delle funzioni di Città metropolitane e Consorzi per finire alla spinosa questione dei lavoratori degli ex Enti intermedi. Insomma, al di là degli entusiasmi, la strada è in salita. In ballo ci sono le finanze dei Comuni, il destino di migliaia di dipendenti e i servizi dei cittadini.
 

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