Dopo la laurea triennale solo un siciliano su tre trova lavoro - QdS

Dopo la laurea triennale solo un siciliano su tre trova lavoro

Liliana Rosano

Dopo la laurea triennale solo un siciliano su tre trova lavoro

martedì 18 Marzo 2014

Per nulla incoraggianti gli ultimi dati Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati. A Catania, ad un anno dal titolo, trova il posto il 31%, a Messina il 29%

CATANIA – Sono ancora i giovani a pagare il prezzo più alto. Per nulla incoraggianti gli ultimi dati Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati a un anno e cinque anni dalla laurea.
Il tasso di occupazione dei neolaureati triennali di Catania è pari al 31%, mentre la media nazionale è del 41%. Tra gli occupati triennali dell’Università di Catania, il 19% è dedito esclusivamente al lavoro, mentre l’11% coniuga la laurea magistrale con il lavoro. Chi continua gli studi con la laurea magistrale è circa il 59%, un valore leggermente superiore al complesso dei laureati triennali (55%). Il 48% è impegnato esclusivamente nella laurea magistrale, mentre, come si è detto, l’11% studia e lavora. Il 17,5%, non lavorando e non essendo iscritto alla laurea magistrale, si dichiara alla ricerca di lavoro.
Il lavoro stabile – contratti a tempo indeterminato e lavoro autonomo (lavoratori in proprio, imprenditori, ecc.) – coinvolge, a un anno dalla laurea, 39 laureati occupati su cento di primo livello dell’Università di Catania (la media nazionale è del 34,5%). Gli occupati che non hanno un lavoro stabile rappresentano il 61% (prevalentemente con contratto a tempo determinato e senza contratto, rispettivamente 14 e 18%). Scarso è lo stipendio mensile che è in media di 827 euro mensili netti. A livello nazionale è di 997 euro. 
 
Cosa avviene, dunque, ai laureati magistrali a un anno dalla laurea? A dodici mesi dalla conclusione degli studi, risulta occupato il 51% dei laureati catanesi, un valore inferiore alla media nazionale (55%). Il 10% dei laureati continua la formazione (a livello nazionale è il 13,5%). Chi cerca lavoro è il 39% dei laureati magistrali di Catania (sul complesso dei laureati è il 31%). A un anno dalla laurea, il lavoro è stabile per 43 laureati occupati su cento di Catania, la media nazionale è del 35%. La precarietà riguarda oltre il 56% del collettivo (prevalgono i contratti a tempo determinato; mentre i senza contratto sono il 10%). Il guadagno è di 971 euro mensili netti, contro i 1.038 del complesso dei laureati magistrali.
Nell’ateneo di Messina invece, il tasso di occupazione dei neolaureati triennali è pari al 29% ed il 21% è dedito esclusivamente al lavoro, mentre l’8% coniuga la laurea magistrale con il lavoro.
Chi continua gli studi con la laurea magistrale è circa il 50%, mentre sul complesso dei laureati triennali è del 55%. Il 42% è impegnato esclusivamente nella laurea magistrale e il 26%, non lavorando e non essendo iscritto alla laurea magistrale, si dichiara alla ricerca di lavoro.
Il lavoro stabile – contratti a tempo indeterminato e lavoro autonomo coinvolge, a un anno dalla laurea, oltre 43 laureati occupati su cento di primo livello di Messina (valore superiore alla media nazionale, 34,5%). Gli occupati che non hanno un lavoro stabile rappresentano oltre il 56% (prevalentemente con contratto a tempo determinato, mentre il 15% è senza contratto).
Invece i laureati biennali di Messina intervistati a cinque anni dalla laurea che sono occupati rappresentano il 62,5%. Chi cerca lavoro è il 31% contro l’11,5% del complesso dei laureati. Per loro lo stipendio arriva a 1.064 euro mensili netti.
 

 
L’approfondimento. I laureati italiani meno competitivi all’estero
 
Oltre il danno anche la beffa per i laureati italiani. Non solo le difficoltà legate al mondo del lavoro, ma ancora prima quelle legate al titolo universitario. Secondo il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, anticipando una ricerca dell’Istituto Centrale, “Laurearsi in Italia rende anche sensibilmente meno che all’estero: “Nel 2010 il rendimento della laurea per i lavoratori dipendenti italiani rispetto a chi ha solo un diploma è stato di poco più del 30%, 15 punti percentuali in meno rispetto agli altri maggiori Paesi europei”.L’altro dato invece, conferma quello che in parte è un dato già conosciuto per gli studenti italiani, che sono brillanti nelle materie umanistiche ma presentano lacune in quelle logico-matematiche. Lacune che si traducono in limiti quando si confrontano con studenti internazionali o nell’accesso alle facoltà straniere dove i test si basano sulle capacità logico-matematiche. Si tratta di una ricerca pubblicata dall’Anvur, agenzia nazionale della valutazione universitaria. “Certamente il quadro complessivo non è entusiasmante – spiega il rettore di Catania, Giacomo Pignataro – come abbiamo avuto modo di rilevare nel corso della recente inaugurazione dell’anno accademico. Il dato incoraggiante che mi preme evidenziare è ad esempio quello che riguarda il lavoro stabile dei nostri neolaureati, già ad un anno dal conseguimento del titolo superiore addirittura alla media nazionale”.

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