La lotta alla corruzione: una questione di cultura - QdS

La lotta alla corruzione: una questione di cultura

Luca Mangogna

La lotta alla corruzione: una questione di cultura

venerdì 16 Maggio 2014

Le realtà italiana e brasiliana a confronto e gli strumenti di prevenzione

PALERMO – Combattere la corruzione a partire dalla formazione e non solo con gli strumenti messi a disposizione dalle leggi presenti nel sistema italiano e anche in quello brasiliano. Sono le conclusioni tratte al termine del convegno “Strumenti di contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione tra ordinamento italiano ed ordinamento brasiliano”, svoltosi a Palermo, nella Sala Gialla dell’Ars, alla presenza, fra gli altri, di Maurizio Graffeo, presidente della sezione regionale della Corte dei Conti in Sicilia, di Maria Immordino dell’Università di Palermo, da Mario Spasiano della Seconda Università di Napoli e di Estefania Maria de Queiroz Barboza dell’Universidade Federal do Paraná in Brasile.
“Il controllo – ha detto Graffeo – ha un ruolo di prevenzione fondamentale. Per combattere la corruzione occorre un piano di applicazione che non prevede eccezioni, né compromessi e non bisogna accontentarsi di un sistema passivo di controllo”. Altra considerazione ha espresso Spasiano. “L’anticorruzione – ha detto – inizia con la formazione, è innanzitutto un fattore culturale. I codici vanno bene se sono proceduti da un adeguato processo formativo a partire dalle stesse Università”.
Quindi la professoressa Immordino ha aperto il dibattito sul parallelismo che esiste fra Italia e Brasile, così lontani geograficamente, ma così vicini per quel che riguarda il dilagarsi della corruzione. “Brasile e Italia – ha detto – hanno molto in comune per quel che concerne la corruzione, estesa a tutti i livelli. In Italia si è cercato di porre un freno alla corruzione dilagante, ma si è puntato molto sulla repressione e poco sulla prevenzione. In entrambi i paesi inoltre – ha aggiunto – c’è un forte intreccio fra la corruzione e la criminalità organizzata, con la forte corresponsabilità della politica. Basti pensare che gli indici di corruzione vedono sia Italia che Brasile ai primi 7 posti della classifica mondiale”.
Nel corso del convegno la docente brasiliana Barboza ha illustrato nel dettaglio i dati di questo poco edificante primato condiviso dai due Paesi e di quanto accade al di qua dell’equatore, dove le complicanze sono dovute anche un sistema giudiziario farraginoso che prevede quattro gradi di giudizio e alle influenze della politica sulla magistratura. Tutto ciò considerando che dal 1988, anno in cui in Brasile è finita la dittatura e si è passati alla transizione verso la democrazia, sono state promulgate innumerevoli leggi per combattere la corruzione.
“I tribunali brasiliani – ha spiegato Barboza – sono riusciti a isolarsi dalle influenze politiche, ciò nonostante esistono gravi problemi di peculato e di corruzione nei magistrati. Tante, troppe, leggi sono state promulgate per combattere la corruzione – ha raccontato – ma quello che manca è la loro esecutività. La giustizia brasiliana infatti è lenta e si fonda sull’antiquato principio della presunzione d’innocenza in senso positivista, con l’imputato che di fatto è punibile solo in flagranza di reato, un’eventualità molto rara nei reati di corruzione. Per di più – ha concluso – la lentezza dei procedimenti giudiziari, favorisce i casi di prescrizione”.

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