Enrico Morando: "Def: risparmi per 7 mld per coprire bonus 80 euro - QdS

Enrico Morando: “Def: risparmi per 7 mld per coprire bonus 80 euro

Anna Maria Verna

Enrico Morando: “Def: risparmi per 7 mld per coprire bonus 80 euro

sabato 17 Maggio 2014

Forum con Enrico Morando, viceministro all’Economia

Il Documento di Economia e Finanza che attenzione dedica alle infrastrutture?
“Intanto vorrei precisare che il Def è un documento impegnativo che è la base per la valutazione del disegno di finanza pubblica e di politica economica del nostro Paese da parte della Commissione del Consiglio d’Europa. Bisogna anche specificare che nel Paese c’è una politica di sviluppo infrastrutturale che nei suoi contenuti specifici non definiamo noi direttamente. Detto questo, nel corso di questi ultimi vent’anni nei quali ci siamo impegnati con esiti alterni in operazioni di risanamento finanziario abbiamo visto progressivamente scendere il volume delle risorse presenti in bilancio da impiegare nelle scelte d’investimento e anche nelle infrastrutture”.
Quindi è più facile tagliare gli investimenti che la spesa corrente?
“Se si taglia la spesa corrente a gridare sono in molti, mentre per gli investimenti gridano molto meno perché sono meno coinvolti interessi specifici. Peccato che, se si guardasse un po’ all’interesse del Paese, si vedrebbe che è la spesa per gli investimenti quella che prepara un futuro migliore mentre la spesa corrente, soprattutto quando si rivolge a interventi di mera alimentazione di una macchina pubblica il più delle volte inefficiente, presenta gravi problemi di costo a danno della società. Per fortuna ci sono tre aspetti che meritano di essere evidenziati. Attraverso il meccanismo delle concessioni, abbiamo potuto coinvolgere capitali privati nello sforzo d’investimento sul versante infrastrutturale. Su questo dobbiamo lavorare ancora di più, specie sulla componente regolatoria e fiscale, per approfittare di una contingenza internazionale favorevole. Il secondo punto che riguarda le risorse da destinare a scelte infrastrutturali ha a che fare, invece, con l’Europa. Si parla sempre di Eurobond ma, grazie al lavoro fatto in Europa a partire dal Governo Monti, quello a cui dobbiamo guardare sono i Project Bond. Sono titoli di debito pubblico emessi sul merito di credito dell’Europa ma su specifiche finalità d’investimento legate a ricerca scientifica, autostrade informatiche, infrastrutture… Per il semestre europeo a presidenza italiana c’è un impegno importante: passare dalle parole ai fatti sui Project Bond. Il terzo aspetto è che bisogna cercare di concentrare le risorse europee su grandi progetti infrastrutturali, in particolare nel Mezzogiorno, piuttosto che disperderle in tanti rivoli. Quindi, anche se nel bilancio pubblico italiano specifico compaiono ancora poche risorse in rapporto alla spesa complessiva per investimenti, questo non significa che in Italia nei prossimi anni le risorse per gli investimenti infrastrutturali dovranno mancare”.
I risparmi che si otterranno dalla revisione della spesa da dove si recupereranno?
“Il disegno che si può evincere su questo punto dal Def è estremamente chiaro. Sommando quello che era previsto nella Legge di Stabilità in vigore a quello che è previsto dal cosiddetto Decreto 80 euro, vediamo che nel 2014 arriveremo a realizzare un risparmio dell’ordine di 7 miliardi di euro che andranno a finanziare tale bonus ma che non saranno sufficienti. Nel primo anno, pertanto, una parte delle risorse dovrà necessariamente essere di tipo straordinario. Nel 2015 la revisione della spesa deve dare 17 miliardi di euro e 32 miliardi nel 2016. Questi obiettivi rendono certo il finanziamento del bonus degli 80 euro dal 2015 in poi. Quindi nel Def è contenuta una risposta puntuale all’osservazione critica di chi dice che il provvedimento degli 80 euro sia limitato al 2014. Se si legge il decreto nell’ottica del Def si vede che, determinando il decreto un onere permanente intorno ai 10 miliardi di euro, la sola revisione della spesa è più che in grado di finanziarlo. Inoltre il Governo ha anche l’obiettivo della riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscale. Tutto questo cercheremo di renderlo ancora più esplicito nella Nota di Aggiornamento del Def che presenteremo ai primi di settembre”.

Cosa andrà a spiegare la Nota di Aggiornamento al Def?
“Preciseremo che nel 2015 e nel 2016, mentre si sviluppa la revisione della spesa, cercheremo di dare progressivamente attuazione ad una norma che è già contenuta nella Legge di stabilità. Attraverso il gettito strutturale che lo Stato riesce ad assicurarsi attraverso la lotta all’evasione e all’elusione fiscale, si alimenta un fondo con risorse che, anno per anno, sono chiamate ad alimentare le scelte di riduzione del cuneo fiscale contributivo sul lavoro. In questo modo, se questo schema funzionerà, le risorse per implementare la prima riduzione del cuneo fiscale, quella che abbiamo fatto con il Decreto 80 euro e quelle che faremo nel 2015 e nel 2016, le prenderemo prevalentemente da lì. A quel punto le risorse che ora si usano per alimentare l’intervento sul cuneo fiscale ricavate dalla revisione della spesa si libereranno e potremo contare su di esse per realizzare finalmente un sistema di ammortizzatori sociali che sostenga il reddito e soprattutto la riqualificazione e la ricerca del posto di lavoro, obiettivo di cui blateriamo da 25 anni ma che da 25 anni non viene nemmeno lontanamente avvicinato. Siamo in una situazione che io trovo descrittiva dello stato dell’arte di questo paese, perché l’istituto fondamentale usato durante la più grave recessione degli ultimi novant’anni della nostra storia si chiama Cassa integrazione ‘in deroga’, un istituto che, per applicarlo, deve ‘derogare’ la legislazione vigente”.


Efficacia della spesa parte da adeguamenti no da tagli

Come si possono contrastare gli eccessi nella macchina pubblica?

“Se guardiamo al numero di dipendenti pubblici in Italia in rapporto alla popolazione, al Pil e alle riduzioni che si sono avute a ritmi anche piuttosto intensi nel corso della fase 2008-2013, vediamo che in realtà non siamo affatto fuori parametro rispetto all’Europa. Lo siamo, semmai, sull’efficacia di questa spesa pubblica. La revisione della spesa, molto prima di essere un’operazione di taglio, deve essere un’operazione di adeguamento delle risorse impiegate a risultati-obiettivo che devono essere meglio definiti attraverso operazioni di benchmark internazionale cioè attraverso operazioni di comparazione con i risultati e i costi di altri paesi a noi paragonabili nell’area dell’euro”.
In pratica la Pubblica Amministrazione dovrebbe produrre più Pil?
“La Pa deve dare un contributo alla produttività media del sistema economico decisamente più elevato. Perché lo Stato deve spendere soldi nella Pa? La sinistra sostiene che è giusto che lo Stato intervenga significativamente col prelievo e con la spesa nel sistema economico-sociale perché altrimenti la crescita economica sarebbe inferiore e il livello di disuguaglianza talmente grande che verrebbe meno la coesione sociale che è una delle condizioni di esistenza stessa di un grande paese. Questa teoria è giusta e io continuo a difenderla malgrado tutto, peccato che in Italia da vent’anni noi che giustifichiamo questo significativo livello di spesa pubblica e questo significativo livello di pressione fiscale in nome dell’obiettivo dell’eguaglianza e della crescita vediamo che la spesa aumenta, la pressione fiscale aumenta per inseguire la spesa, il livello di disuguaglianza aumenta ma il livello di crescita si abbassa. Ci deve essere qualcosa che non funziona”.

 
“Garantire stabilità politica con riforma istituzionale”

Come far sì che il Paese ottenga migliori risultati?
“La revisione della spesa – se è l’operazione che porta in Italia le metodologie di intervento sulla spesa pubblica che sono state applicate in paesi che l’hanno realizzata con successo – è fondata sull’elaborazione di medio e lungo periodo di progetti e di riorganizzazione radicale della macchina pubblica. Se ragioniamo così non è vero che in Italia siamo in presenza soltanto di comparazioni che ci vedono in una situazione disastrosa. Se guardiamo la spesa per la Sanità e guardiamo i risultati, secondo l’Oms l’unico paese al mondo che sistematicamente compete con noi per i posti di eccellenza nella graduatoria è la Francia. Invece per la Giustizia in Italia si spende più che negli altri paesi. Per avere l’esito di un processo civile banale ci sono tempi lunghissimi e risarcimenti lenti in caso di fallimenti. Passando all’Istruzione bisogna accettare il fatto che quanto speso non dà i risultati attesi: gli esiti dei test Ocse Pisa parlano chiaro. In realtà noi non spendiamo meno ma, evidentemente, non spendiamo bene. La comparazione si può fare anche a livello nazionale, in una stessa area o fra Comuni affinché ci si avvicini alla performance del migliore. Bisogna seguire il meccanismo dello Zero-based budgeting: il bilancio si fa partendo ogni volta dal primo euro di spesa e non partendo da un concetto di spesa talmente rigido che non può essere toccato. C’è la volontà politica di farlo? Ci sono le condizioni politiche? L’ultimo straordinario esempio l’ha fornito la Germania a metà degli anni 2000. Dobbiamo avere l’ambizione di fare lo stesso. Per fare queste operazioni ci vogliono tempo, un progetto enucleato fin dall’inizio e stabilità politica: garantiamocela anche attraverso operazioni di riforma istituzionale”.

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