Il Cga cancella una parte del Piano energetico del governo Lombardo - QdS

Il Cga cancella una parte del Piano energetico del governo Lombardo

Rosario Battiato

Il Cga cancella una parte del Piano energetico del governo Lombardo

giovedì 24 Luglio 2014

In attesa che l’amministrazione Crocetta aggiorni il Per, il Cga accoglie il ricorso della Società energie rinnovabili e taglia alcune linee guida. Il criterio adottato per le distanze tra gli impianti non risulta ancorato “ad alcun plausibile parametro tecnico-scientifico”

PALERMO – Sono passati ormai quattro anni dall’approvazione del Piano energetico della Regione siciliana, eppure soltanto ieri è arrivata una sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa che ha bocciato alcune linee guida del Piano, dando ragione alla Società energie rinnovabili (Ser) che si era appellata già nel 2007. Il Cga, in particolare, ha annullato alcune prescrizioni previste nel piano varato durante l’amministrazione Lombardo come il divieto di installare impianti con potenza superiore a 10 megawatt e a una distanza inferiore ai 10 chilometri l’uno dall’altro. Le conseguenze di questo atto potrebbero essere impreviste e portare a nuovi ricorsi.
 
La società si era già appellata con due istanze presentate nel 2007, richiedendo il rilascio dell’autorizzazione “prevista dall’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 – si legge nel testo pubblicato sul sito del Consiglio di giustizia amministrativa per la Sicilia – per la realizzazione nei comuni di San Mauro Castelverde (Pa) e Castronovo di Sicilia (Pa) di due impianti eolici per la produzione di energia elettrica”. Nelle more del complesso procedimento era entrato in vigore il Piano energetico ambientale della Regione siciliana, il cosiddetto Pears, approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1 del 3 febbraio 2009, emanata con decreto del presidente della Regione siciliana in data 9 marzo 2009, che prevedeva l’applicabilità anche alle domande già in itinere.
 
A quel punto la Ser ha fatto ricorso al Tar di Palermo impugnando gli atti di approvazione del Piano “contestando l’applicabilità delle norme sopravvenute alle domande anteriormente presentate e deducendo comunque l’illegittimità di numerose clausole normative contenute nelle Linee Guida stesse”. Il Tribunale ha accolto il ricorso dichiarando l’inapplicabilità delle norme. La sentenza è stata poi impugnata dall’Amministrazione regionale. L’ordinanza n. 1023/2011 del Cga ha poi girato alla Corte costituzionale le questioni inerenti la legittimità costituzionale delle Linee Guida al Pears, che poi la Consulta, con sentenza n. 80 del 2013, ha dichiarato inammissibili. In seguito, su impulso dell’amministrazione appellante, “l’appello è stato chiamato all’udienza del 19 marzo 2014”.
Tra i punti in rilievo troviamo il numero 21 delle Linee Guida (Limiti di potenza e distanze) secondo il quale “gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di potenza superiore a 10 MW devono essere realizzati ad una distanza l’uno dall’altro non inferiore a 10 chilometri o, comunque, a distanza congrua sulla base di adeguata motivazione”. Il Tar aveva già annullato la disposizione “perché viziata per eccesso di potere e disparità di trattamento – il criterio adottato in merito alle distanze minime non risulta ancorato ad alcun plausibile parametro tecnico- scientifico” mentre l’Avvocatura, al contrario, sosteneva questa azione perché elaborata dalla Regione nell’esercizio dei suoi poteri conformativi e programmatori derivanti “dalla potestà legislativa esclusiva in tema di protezione del paesaggio conferitale”.
Sul punto in esame il Collegio ha osservato che “la individuazione in via generale della distanza minima, come statuito dalla sentenza appellata, non risulta effettuata sulla scorta di criteri predefiniti, idonei a dimostrarne l’effettiva ragionevolezza e congruità”. Del resto, si legge nel documento, “la disposizione è formulata in termini inammissibilmente generici e sostanzialmente discriminatori” perché “non tiene in alcun conto le caratteristiche socio-geografiche specifiche del territorio ove dovrebbe insediarsi il nuovo impianto, e fissa così un limite generale valido ugualmente per ambiti pianeggianti, collinari , montuosi, antropizzati, tutelati etc. con evidente irrazionalità” e “non rapporta adeguatamente la distanza minima alla tipologia e alla dimensione effettiva dell’impianto”.

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