La Raffineria di Gela padrona del destino di un intero territorio - QdS

La Raffineria di Gela padrona del destino di un intero territorio

redazione

La Raffineria di Gela padrona del destino di un intero territorio

martedì 29 Luglio 2014

Ieri in 20mila alla manifestazione per la difesa dell’impianto che Eni vuole chiudere e riconvertire. Crocetta: se l’azienda continua, può scordarsi le autorizzazioni per le estrazioni

GELA – In migliaia sono scesi in piazza, ieri a Gela, per manifestare contro le decisioni unilaterali dell’Eni. Uno sciopero generale breve ed ordinato. Il corteo ha riunito i lavoratori del petrolchimico e dell’indotto dell’industria, le famiglie, le donne ed il clero compatto con il vescovo della diocesi armerina, mons Rosario Gisana; i deputati regionali, consiglieri comunali, il sindaco Fasulo, il vicesindaco di Caltanissetta, Castiglione, i rappresentanti istituzionali dei Comuni di Riesi, Sommatino, Niscemi, le delegazioni di lavoratori dei poli petrolchimici di Ragusa e Siracusa, accorsi spontaneamente perché la crisi potrebbe colpire anche quei siti poco lontani, i lavoratori del Consorzio di bonifica senza  stipendio da 7 mesi e quelli di Progetto Vita. Uniti per protestare contro il fermo delle linee produttive.
I gruppi sindacali hanno sfilato dietro gli striscioni, il segretario nazionale della Fiom, Maurizio Landini, Paolo Pirani, segretario nazionale Uiltec-Uil e Susanna Camusso, segretario generale della Cgil. Anche il presidente della Regione, Rosario Crocetta, si è unito al corteo chiuso con un mezzo del settore agroalimentare.
Saracinesche abbassate in centro storico con la motivazione affissa davanti alle vetrine, ma qualcuno ha obiettato che il lunedì mattina è il turno di chiusura. Lungo il percorso manifesti con slogan: ‘Lavoro è dignità’.
Il corteo si è snodato dal museo a piazza Umberto primo, poco meno di un chilometro sotto il sole cocente. La rabbia dei lavoratori è stata sommessa e composta. Il corteo alle 11 è arrivato in piazza Umberto I dove i rappresentanti istituzionali e del sindacato hanno parlato alla gente.
Il primo a prendere la parola è stato il vescovo Gisana, che ha manifestato la sua solidarietà e la necessità di assicurare il lavoro. Poche ma significative parole, facendo seguito alle dichiarazioni di uno dei lavoratori che aveva incontrato ai presidi. Una “scelta antimeridionalistica” – ha detto il sindaco Fasulo, tra qualche mugugno -. “L’Eni non può tradire gli accordi ed andare via da Gela”.
Poi è stata la volta di Pirani: “Gela non può essere il secondo esempio dopo Termini Imerese – ha detto – non lo permetteremo. Abbiamo sottoscritto un accordo un anno fa. Cartastraccia. L’Eni non può permettersi di trattare così i lavoratori; deve sedere ad un tavolo con i sindacati per trattare un accordo in grado di salvare i lavoratori e lo sviluppo”.
Maurizio Bernava, segretario della Cisl Sicilia, ha lanciato un appello all’Eni a tornare sui suoi passi, un messaggio al governo Renzi: la proposta al governo regionale di utilizzare le royalties petrolifere incassate, per lo sviluppo delle aree interessate.
Il segretario nazionale della Cgil, Susanna Camusso, ha parlato chiaro: “Non accetteremo  piani di ridimensionamento dell’Eni a Gela  – ha detto – e su questo non ci muoveremo di un passo, perché gli accordi devono essere rispettati e aumentati gli investimenti. Se ci sono piani alternativi, questi andavano proposti e valutati prima della chiusura delle linee. Lo Stato, che è socio in quota dell’Eni – ha ricordato Camusso – , non parli con i numeri degli utili e su questo concetto che possiamo accogliere la visita del premier, altrimenti non serve che venga qui dove c’è un meridione abbandonato”.
Sembrava che la Camusso dovesse chiudere il comizio mentre dai manifestanti sono piovuti fischi, quando il Governatore della Sicilia è stato annunciato e ha preso la parola. “Se l’Eni continua su questa linea – ha detto Crocetta – si può scordare le autorizzazioni all’estrazione. Ci hanno spremuto come limoni e adesso non se ne andranno tanto facilmente”. 

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