L’Italia vista da Sud - QdS

L’Italia vista da Sud

Carlo Alberto Tregua

L’Italia vista da Sud

giovedì 08 Ottobre 2009

Secondario il punto di vista dei meridionali

Il processo di federalizzazione dell’Italia è cominciato con la prima approvazione del disegno di legge preparato dal ministro Calderoli. Ora, il ministero si sta preoccupando di riempire le caselle con i numeri senza di che il contenitore non ha alcun effetto pratico. I numeri riguardano la situazione esistente relativamente ai parametri fondamentali di economia, Pil pro capite e Pil regionale su quello nazionale, stato sociale, infrastrutture e via elencando.
Il nuovo assetto federalista dovrebbe riequilibrare le condizioni delle venti regioni, consentendo l’autogestione in ognuna di esse e devolvendo con un comportamento solidale il plus a quelle molto arretrate.
Il federalismo ha un altro obiettivo, non meno importante. Ed è quello di stabilire in maniera inderogabile che i costi dei servizi resi da enti pubblici a livello di Stato, Regioni e Comuni sia uguale in qualunque parte d’Italia.

I costi standard mettono tutti i responsabili istituzionali di fronte alle proprie responsabilità, perché nessuno di essi potrà giustificare che per un pari servizio sostenga un costo maggiore. Questo fatto comporterà necessariamente l’abbattimento del clientelismo e il taglio delle spese inutili della bassa politica con un risvolto benefico.
Quando il ceto politico non potrà più esercitare lo scambio del voto col bisogno, perché mancano le risorse, sarà costretto a esprimere progetti di alto profilo che hanno ritorni in anni e non in mesi.
La questione che si pone è come il Sud potrà intervenire per contribuire positivamente a questo processo iniziato, ma che troverà molti ostacoli e detrattori sulla propria strada, proprio in coloro che da questo squilibrato stato economico sociale trae vantaggi.
L’autonomia della Sicilia, portata con lo Statuto del 1946, può dare un forte contributo al suddetto processo, a condizione che proprio qui, in quest’Isola, ci sia un ribaltamento di comportamenti ed inizi un percorso virtuoso.

 
MpA e PdL Sicilia devono prospettare all’opinione pubblica questa nuova strada, basata sui seguenti elementi.
1. Far prevalere la meritocrazia in tutte le attività, pubbliche e private, anche come ascensore sociale.
2. Diffondere all’interno di tutti gli apparati pubblici la scienza dell’organizzazione, in modo da raggiungere i massimi obiettivi in tempi ridotti e con il minor costo possibile.
3. Introdurre nella mentalità dei siciliani il concetto che il lavoro è un’attività professionale, nulla a che fare con il posto di lavoro e lo stipendio, che sono una compensazione. Per accedere al mercato del lavoro, però, bisogna possedere o acquistare adeguate competenze. In Sicilia il lavoro non c’è solo per gli incapaci.
4. Cofinanziare le infrastrutture, utilizzando presto e bene i finanziamenti europei e statali. Occorrono i Parchi-progetto di ogni Comune e di ogni branca amministrativa della Regione, abbandonando quel cadavere dello stabilimento Fiat di Termini Imerese.
5. Vitalizzare e controllare energia e ambiente, per diminuire il tasso di inquinamento nei poli di produzione di energia.
Per queste ed altre iniziative positive è necessario che la Sicilia, e tutto il Sud, dia il suo contributo su quotidiani e televisioni nazionali, in modo da bilanciare la presenza di tanti giornalisti, professori universitari, politici del Nord e del Centro. Risulta evidente in tutti gli spazi televisivi l’assenza di meridionali, pensatori e competenti, che sono chiamati solo quando si dibattono questioni che riguardano la Sicilia. Così non va. È necessario che nel dibattito nazionale sia tenuto presente il punto di vista dei meridionali sulle questioni nazionali, come dire l’Italia vista da Sud.
Occorre uno sforzo di meridionali o siciliani per intervenire nel dibattito nazionale e uno sforzo del ceto politico meridionale che gravita a Roma per sostenere questa nuova linea di condotta che in atto praticamente non esiste.
Non è più possibile accettare che si parli della Sicilia solo in caso di tragedie, come quella di Messina, o ancora di mafia (quando è dimostrato che ce n’è più a Milano che a Palermo) o della nostra incapacità del fare. Ribaltiamo questa perniciosa situazione, prendiamo  il nostro destino nelle nostre mani, in modo da mettere le nostre carte in regola.

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