Stop a partecipate Tpl, Sicilia peggiore - QdS

Stop a partecipate Tpl, Sicilia peggiore

Rosario Battiato

Stop a partecipate Tpl, Sicilia peggiore

venerdì 29 Agosto 2014

La ricetta del commissario Cottarelli: tagliare le partecipate inutili e privatizzare i servizi locali di rilevanza economica. La richiesta è precisa: chiudere i conti di 1250 società improduttive distribuite sul territorio nazionale

ROMA – La stretta sulle partecipate potrebbe arrivare già oggi con lo Sblocca Italia in discussione al Consiglio dei ministri. Indiscrezioni riferiscono di un taglio delle società che non emettono servizi essenziali e di incentivi per l’aggregazione delle altre. Forse è la volta buona per salvare il tpl siciliano che negli ultimi anni sta assistendo a un crollo verticale di prestazioni, km percorsi e qualità del servizio, a fronte di un taglio costante dei contributi pubblici. Così come abbiamo scritto in una recente inchiesta (“Tpl su gomma ai privati, o muore”) bisogna riorganizzare l’intero settore e puntare sulla privatizzazione.
Carlo Cottarelli, il commissario alla spending review, sta provando a rendere virtuoso un Paese che nella gestione della sua spesa pubblica non è mai stato particolarmente parco. E le partecipate inutili, quei ben noti carrozzoni pubblici che continuano ad arrancare senza produrre utilità precise e che in Sicilia hanno una specie di terra d’elezione, saranno le prime a dover saltare (Cottarelli ha stimato la chiusura di 1250 società non operative sul suolo nazionale). La seconda linea riguarda invece l’aggregazione e l’efficientamento con la quotazione in borsa delle partecipate, in particolare nel settore del trasporto pubblico locale e del servizio igienico ambientale. L’operazione potrebbe essere agevolata da una serie di incentivi studiati ad hoc dal governo con l’allungamento delle concessioni fino a ventidue anni e sei mesi, il massimo consentito dalla normativa comunitaria. Due le opzioni in mano a comuni e regioni: quotazione in borsa del 60% del capitale oppure partner industriale e maggioranza delle azioni (50,01%) in mano all’ente. Da queste operazioni di maquillage ci si aspetta molto: fino a 32 miliardi di risparmi al 2016.
Il “Programma di razionalizzazione delle partecipate locali” elenca tra le priorità per il riordino della partecipate “una strategia ad hoc per il difficile caso del trasporto pubblico locale, che manifesta perdite particolarmente elevate ed indici di efficienza molto deboli anche sulla base di confronti internazionali”. Assieme agli altri quattro tradizionali servizi pubblici di rilevanza economica a rete (elettricità, acqua, gas, rifiuti) le aziende di tpl costituiscono il 23% delle partecipate, il 60% del valore produzione. Agire da queste parti può essere realmente determinante per gli equilibri del Paese.
 
E la Sicilia aspetta una riforma dall’alto per salvarsi, vista l’inutilità delle promesse crocettiane. Il Commissario straordinario per la revisione della spesa ha valutato “la prevalenza di condizioni di eccesso di offerta in molte delle regioni italiane”. Il dato è calcolato sulla base di un indice relativo al rapporto tra offerta e domanda di tpl non ferroviario (normalizzato rispetto al valor medio nazionale). In questo quadro i valori prossimi ad uno indicano valori vicini alla media nazionale. La Sicilia, dato superiore a 2, è tra le sei regioni peggiori d’Italia. “Il risultato di queste criticità – si legge – è un settore in costante perdita, richiedente un elevato livello di compensazioni pubbliche sia in termini di costi unitari (60 percento circa), che in termini assoluti (7,2 mld annui)”. A incidere negativamente ci sono “sia le condizioni di congestione delle città italiane, che determinano una bassa velocità commerciale dei bus, sia le generose condizioni normative – piuttosto che salariali – stabilite dalle contrattazioni integrative aziendali a favore dei dipendenti. Esistono però forti differenze tra regioni negli indici di efficienza”. Sembra si stia parlando proprio della Sicilia, che anche nella tabella col corrispettivo per posto-km offerto dal tpl ottiene uno dei valori peggiori a livello nazionale.
 

 
Dai costi standard previsti risparmi per 350 milioni
 
ROMA – La ricetta per la strategia di riforma del settore dei trasporti è tutta scritta nel rapporto Cottarelli sulle Partecipate. Sei semplici punti. Si comincia dall’introduzione del costo standard “come strumento di verifica della congruità delle compensazioni stabilite per gli esistenti contratti di servizio pubblico affidati senza gara (come peraltro coerente con il regolamento europeo del settore), con eventuale obbligo di rinegoziazione del contratto non congruo” e in tal senso si potrebbe far ricorso al potere dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) di “proporre all’amministrazione competente la sospensione, la decadenza o la revoca dei contratti di servizio pubblico, qualora sussistano le condizioni previste dall’ordinamento”.
Una stima prudenziale dei risparmi dall’introduzione dei costi standard indica un risparmio di circa 350 milioni, pari a circa l’8% del valore aggregato dei contratti considerati. Gli altri punti sono l’affidamento per gara, un attento disegno dei mercati di servizi offerti, l’impiego del costo standard come base di gara, la rinegoziazione del vigente contratto integrativo aziendale negoziato dall’incumbent, la riduzione degli eccessi di offerta di servizio rispetto alla domanda.

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