L’avvertimento mafioso di De Bortoli e Poteri forti - QdS

L’avvertimento mafioso di De Bortoli e Poteri forti

Carlo Alberto Tregua

L’avvertimento mafioso di De Bortoli e Poteri forti

venerdì 03 Ottobre 2014

Contro Renzi per non cambiare

L’editoriale sul Corriere della Sera di mercoledì 24 settembre, del direttore Ferruccio De Bortoli sembra un vero e proprio avvertimento di stile mafioso nei confronti del giovane Primo ministro.
Queste le caratteristiche che emergono: nell’incipit una serie di apprezzamenti negativi, perfino la colpa di avere scelto una squadra di una debolezza disarmante (non è vero), secondo, l’accusa di non avere saggezza negoziale. Tradotto significa che Renzi avrebbe dovuto continuare le liturgie degli incontri con sindacati e imprenditori, tenendo conto degli indirizzi dei quotidiani e dei loro direttori. Ha infastidito De Bortoli il fatto che Renzi non va nei salotti né buoni né cattivi, che denomina i poteri forti come pensieri deboli, che non discute di nulla con tutte le parti che vogliono qualcosa per sé e nulla per i cittadini.
Uno strumento di retorica è dare merito di una cosa secondaria (l’oratoria del Premier è straordinaria) per poi denigrare per una cosa importante (l’oratoria fine a se stessa, cioè senza costrutto).  

Non sorprende la chiosa finale dell’editoriale con cui viene dato un consiglio consistente nel ricordargli che ha la responsabilità del Paese. Come dire: senza di noi non puoi fare nulla.
La Chiesa, dal suo canto, è venuta allo scoperto con monsignor Nunzio Galantino, segretario della Cei, contro gli slogan, supponendo che siano il piatto forte di Matteo Renzi.
Le Banche, dal loro canto, sono infastidite dal fatto che il Primo ministro ha lavorato per costringerle a girare i finanziamenti europei alle imprese. Come dire: ragazzo, fatti più in là e non disturbare il manovratore.
Poi c’è il signor so tutto, alias Diego Della Valle, mister Tods, che è scattato non appena ha visto l’incontro tra Renzi e Marchionne.
Diamo merito al manager canadese di avere preso un’azienda bollita come la Fiat e di averle consentito di acquistare la terza fabbrica americana di automobili. Tutti i conti sono stati risanati e la FCA (Fiat Chrysler Automobiles) ha guadagnato 3 miliardi. Magari facessero tutti così.
Ancora, i dinosauri D’Alema (deluso per non avere ricevuto la nomina a commissario europeo) e Bersani, che ha dimostrato la sua incapacità quando era segretario del Pd insieme ai Bindi, Fioroni e tanti altri, dovrebbero avere il pudore di ritirarsi, coperti da ricchi vitalizi.

 
Nella direzione di lunedì 29, il progetto Job Acts è stato approvato da 130 membri e contrastato da 20, mentre 11 si sono astenuti. Non crediamo che i contrari si comporteranno in modo eticamente corretto quando la legge-delega arriverà in Parlamento. Crediamo piuttosto che tenteranno scorrettamente ogni sgambetto per contrastare l’azione del Premier. Ma tanto sono bolliti.
Siamo convinti che la Legge di stabilità 2015, che dovrà essere trasmessa alla Ue improrogabilmente entro il prossimo 15 ottobre, condenserà tutti gli annunci di Renzi, trasformandoli  in realizzazioni.
Ma Lui ha un grosso vulnus. Non ha ancora capito, anche se intelligente, che deve riformare il modo di fare leggi. Nessuna di esse, infatti, deve più rinviare la propria esecutività oltre l’indomani del giorno di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.
Nel modo di fare le leggi devono essere tagliati senza remore decreti e provvedimenti di ogni tipo, perché questi sono l’arma letale della burocrazia, utile a ritardare gli effetti delle riforme anche a 2 o 3 anni di distanza. Infatti, non sono ancora attuate molte leggi Monti e Letta, approvate definitivamente da oltre 24 mesi.

La guerra dentro il Corriere della Sera riflette le tante anime. La Fiat è l’azionista di maggioranza relativa con circa il 16%, pro Renzi; Della Valle è il secondo azionista con circa l’8%, contro Renzi. Poi vi è il gruppo delle Banche che preferisce un’azione sotterranea di contrasto; altri azionisti si mantengono in silenzio.
Non è pensabile che De Bortoli, per quanto dimissionato col prossimo 2015, abbia scritto un editoriale al veleno per sfogo personale, perché gli riconosciamo prudenza, intelligenza ed equilibrio che mai lo avrebbero portato a fare quello che ha fatto.
I prossimi mesi o i prossimi anni, in relazione a dove andrà a lavorare, ci faranno capire se la sua azione è stata mossa da altri interessi.
Intanto il Corrierone è diventato Corrierino nel senso che ha ridotto il suo formato ad una dimensione moderna e sfogliabile.

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