Stabilità 2015, tagli per l’efficienza - QdS

Stabilità 2015, tagli per l’efficienza

Carlo Alberto Tregua

Stabilità 2015, tagli per l’efficienza

venerdì 24 Ottobre 2014

Crocetta faccia come Renzi

La Legge di Stabilità 2015 è già approdata a Bruxelles che ha inviato una lettera di osservazione, per la verità non pesante, da parte della Commissione uscente presieduta da José Manuel Durão Barroso, che resta in carica fino a venerdì 31 ottobre. Dall’indomani entrerà in vigore la nuova Commissione presieduta dal belga Jean-Claude Juncker, nelle cui fila vi è anche il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, che assumerà il ruolo di vicepresidente e ministro degli esteri dell’Unione europea.
Delle osservazioni così formulate alla legge di Stabilità targata Renzi-Padoan, dovrà occuparsi la nuova Commissione con la quale Renzi ha stretto buoni rapporti. In ogni caso, presentando il disavanzo annuale al 2,9%, cioè inferiore al parametro di Maastricht  del 3%, e le riforme in materia di lavoro e il taglio di 18 miliardi di tasse, la Commissione non dovrebbe avere nulla da obiettare.
I problemi, invece, sono all’interno, ove la Cgil, per partito preso, ha iniziato un’opposizione dura che potrebbe sfociare nello sciopero generale. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, protesta per i tagli, mentre ha assunto una posizione prudente il presidente dell’Anci, Piero Fassino.

Tutti quelli che protestano non hanno capito che è giunto il momento di fare un passo indietro rispetto a una situazione al di sopra delle nostre possibilità, divenute insostenibili.
La Cgil reclama che gli statali non ricevono aumenti da quattro anni. Che dovrebbero dire i milioni di disoccupati che non ricevono neanche lo stipendio, oppure i cassaintegrati  che da anni stanno sopravvivendo con 800 euro al mese? è questa iniquità che mette all’angolo il sindacato della Camusso e fa capire all’opinione pubblica come esso tutela i dipendenti garantiti e contrasta la nuova disoccupazione.
Naturalmente i sinistri del Pd e quelli di Sel sono d’accordo, perché a loro importa che l’Italia vada definitivamente in malora piuttosto che riprendere la via dello sviluppo e dell’occupazione.
In questo quadro, la legge sul Jobs Acts, approvata in Senato e in attesa della definitiva approvazione alla Camera, costituisce un valido strumento per attivare nuova occupazione.
Però non dobbiamo nasconderci dietro a un dito. La nuova occupazione ci sarà solo se aumenteranno i consumi, se si apriranno i cantieri grandi, piccoli e medi per opere pubbliche, sistemazione idrogeologica del territorio, messa in sicurezza antisismica degli immobili mediante bioedilizia. Ci sarà occupazione se si attiveranno la green economy (energia e agricoltura) e il turismo, che utilizzi la messa a reddito dei beni culturali, destagionalizzando l’anno e attirando stranieri e italiani da tutto il mondo.
Il taglio dell’Irap del 10% è stato abolito perché il costo del lavoro sarà detratto dai ricavi; detrazione definitiva di 80 euro in busta paga per chi guadagna sino a 1.500 euro al mese, cancellazione quasi completa dell’articolo 18, sono elementi che possono favorire l’occupazione. Ma è la ripresa della ruota economica che darà un impulso alle imprese di assumere se acquisiscono ordini e aumenta il loro fatturato.

In Sicilia, la situazione è molto più difficile perché la spesa pubblica è elevata rispetto alla media nazionale. Qui ci sono oltre 300 mila dipendenti pubblici e solo 600 mila dipendenti privati. E poi vi sono più di 373 mila piccoli imprenditori che possono crescere solo se si rimette in moto il meccanismo virtuoso di opere pubbliche e attività private.
Il comandante in capo, alias il presidente della Regione, non ha più alibi e neanche tempo. O si scorda di tutti quei cittadini che sono stati presi in giro dal ceto politico, ma a cui ora non si possono più pagare inutili stipendi, o ruota la propria testa verso i disoccupati e altri che hanno bisogno di lavorare; o mette in moto la pubblica amministrazione in modo efficiente per far spendere tutti i fondi Ue disponibili, nonché attrarre nuovi investimenti nazionali ed esteri; o fa tutto questo o la Sicilia è perduta, mentre i siciliani saranno costretti a cacciarlo.
Noi stessi ci annoiamo a ripetere queste analisi e a proporre queste soluzioni. Ma continueremo a farlo fino a quando si metteranno in funzione, perché non possiamo assistere alla perdita dei siciliani e dei nostri figli e nipoti.

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