Concorsi pubblici, no ai limiti di età - QdS

Concorsi pubblici, no ai limiti di età

Rossana Indelicato

Concorsi pubblici, no ai limiti di età

giovedì 20 Novembre 2014

Depositata il 13 novembre 2014 la sentenza C416/13 della Corte di Giustizia dell’Ue contro le discriminazioni anagrafiche. Principio anche per il settore privato, derogabile solo se determinante per lo svolgimento del lavoro

Stop ai limiti di età fissati per accedere ai concorsi pubblici. A questa disposizione bisogna attenersi anche nell’ambito di attività lavorative che richiedono capacità fisiche particolari, le quali, se è possibile, vanno accertate con altre modalità. Sono queste le novità apportate dalla sentenza C416/13 della Corte di giustizia dell’Unione europea, depositata il 13 novembre scorso.
 
A sollevare il polverone sulla questione è stata la controversia tra il candidato spagnolo Mario Vital Pérez e il Comune di Orviedo, relativa al bando di concorso che fissava a 30 anni l’età massima per l’assunzione degli agenti della Polizia locale. In seguito all’esclusione, il candidato ha presentato ricorso presso il Tribunale di Orviedo contestando la decisione del Comune, del 7 marzo 2013, di approvare le condizioni specifiche previste dal concorso. Vital Pérez – si legge nel testo della sentenza – riteneva il limite fissato “sprovvisto di fondamento e giustificazione, dato che le condizioni fisiche adeguate allo svolgimento delle funzioni sono assicurate tramite le corrispondenti prove fisiche imposte dal bando”.
La faccenda ha raggiunto i piani più alti della Corte europea. Dai giudici europei il limite di età imposto viene di fatto considerato una discriminazione. Le disposizioni previste dal concorso, infatti, comportano che alcuni candidati, soltanto per il fatto di aver superato i 30 anni, non abbiano i requisiti necessari per svolgere l’attività lavorativa e vengano dunque automaticamente esclusi. Alla disputa spagnola, si sono aggiunte, oltre le osservazioni del governo tedesco e francese, quelle del governo italiano nella figura di G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Varone, avvocato dello Stato.
La sentenza della Corte Ue corregge le restrizioni discriminatorie dei concorsi pubblici, i cui limiti stridono con i diritti dell’Unione e in particolare con la normativa 2000/78/Ce, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che, al paragrafo 1 dell’art. 21, vieta qualsiasi forma di discriminazione, compresa quella legata all’età.
La sentenza introduce il principio di non discriminazione in base all’età sia nel settore pubblico che in quello privato, così come nel lavoro dipendente e autonomo e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione. La Corte europea ha appurato infatti che nella vicenda del candidato Pérez sussiste discriminazione diretta che si verifica, chiosa la sentenza, quando “una persona è trattata in modo meno favorevole di un’altra in una situazione analoga”. Eppure il bando prevedeva pure prove fisiche eliminatorie per testare la capacità fisica con una modalità meno restrittiva rispetto alla fissazione di un’età massima. Secondo i giudici europei l’inclusione del limite anagrafico deve improrogabilmente basarsi su dati scientifici idonei che possano giustificare la misura adottata. La sentenza precisa, inoltre, che unicamente “in casi strettamente limitati” la disparità di trattamento può ritenersi comprovata, ovvero “quando una caratteristica collegata all’età costituisce un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.
La Corte europea ricorda inoltre il margine discrezionale concesso agli Stati membri nella scelta delle misure da attuare. Tuttavia è importante che esse non eludano, in alcun modo, il principio di non discriminazione in ragione dell’età.
In definitiva, niente più concorsi pubblici con limiti di età: gli articoli 2, 4 e 6 della direttiva comunitaria 2000/78/Ce del 27 novembre 2000 e l’articolo 21, paragrafo 1, della Carta europea “ostano – conclude la sentenza – ad una normativa nazionale, come quella in discussione nel procedimento principale, che fissa a 30 anni l’età massima per l’assunzione degli agenti della polizia locale”.

 
Si applica la direttiva europea 2000/78/Ce sulla parità di trattamento in materia di occupazione
 
La sentenza della Corte europea fa esplicitamente riferimento alla direttiva europea 2000/78/Ce del 27 novembre 2000, la quale stabilisce “un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento” (art.1). L’articolo 2, a cui si riferiscono espressamente i giudici europei, mira ad eliminare le ineguaglianze e discriminazioni, siano esse dirette che indirette. Altro punto fondamentale in materia di occupazione è l’articolo 4 che detta i requisiti per lo svolgimento dell’attività lavorativa: “gli Stati membri possono stabilire una differenza di trattamento basata su una caratteristica che costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato”.
Come rivela la sentenza della Corte europea, gli Stati membri hanno un margine di autonomia nella scelta delle misure da adottare, purché esse non creino ineguaglianze. Lo stesso monito è avvalorato dalla normativa 2000/78, all’articolo 6: “gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari”.

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