Regione siciliana, mutuo di 30 anni ancora per debiti sanità - QdS

Regione siciliana, mutuo di 30 anni ancora per debiti sanità

Francesca Pecorino

Regione siciliana, mutuo di 30 anni ancora per debiti sanità

sabato 22 Novembre 2014

Disegno di legge coperto dal congelamento di addizionali Irpef e Irap. All’Ars ddl della Giunta. Falcone: “Altri danni alla Sicilia”

PALERMO – È stato trasmesso ieri all’Ars un disegno di legge approvato martedì scorso dalla Giunta regionale per l’accensione di un mutuo trentennale da due miliardi di euro, destinato a pagare i debiti della sanità siciliana, in particolare quelli relativi alle forniture.
 
La copertura deriva da un congelamento, per tutta la durata del mutuo, sia dell’addizionale Irpef che delle aliquote Irap. Per ripianare il debito del sistema sanitario, la Regione aveva già deciso nel maggio scorso un prestito da un miliardo di euro, rivelatosi però insufficiente. Per questo motivo sono stati lanciati strali da parte dell’opposizione sul nuovo governo siciliano.
 
“Il Crocetta ter farà danni alla Sicilia”, ha detto il capogruppo di Forza Italia all’Ars, Marco Falcone. “L’assessore Baccei (assessore regionale dell’economia, ndr), l’uomo voluto da Renzi a Palazzo d’Orleans, – prosegue Falcone – ipotizza che la Regione contragga un mutuo con lo Stato per pagare il debito della sanità, da restituire nei prossimi 30 anni, il tutto a carico dei cittadini siciliani”. Falcone invita Baccei a non “indebitare oltremodo l’Isola”, come richiesto anche dalla Corte dei Conti, ma si dimostri capace “di eliminare l’insopportabile prelievo tributario di oltre 1 miliardo e 100 milioni di euro ai danni della Regione da parte dello Stato, battendosi per ridurre la quota relativa alla compartecipazione alla spesa sanitaria da parte della Regione, ad oggi la più alta d’Italia”.
Intanto il Movimento 5 stelle ha presentato un’interpellanza con cui chiede al  presidente della Regione di rimuovere dalla carica 25 alti burocrati nonché Anna Rosa Corsello. L’atto parlamentare, prima firmataria Angela Foti, chiede chiarezza al governo alla luce della legislazione vigente e della recente sentenza del Tar, che in sostanza precludono l’accesso ai posti contestati ai dirigenti “figli” della legge 10 del 2000. Nel documento si chiede anche  il recupero delle eventuali somme illegittimamente erogate e che vengano accertate le possibili responsabilità amministrative ed erariali. Nell’interpellanza viene spiegato come la legge 10/2000 stabiliva che  “…l’incarico di dirigente generale può essere conferito a dirigenti di prima fascia e, nei limiti di un terzo,… a dirigenti di  seconda fascia, ovvero a soggetti di cui al comma 8”, ossia a persone non dei ruoli dell’Amministrazione.
 
La legge regionale 20/2003 apriva uno spiraglio ai dirigenti di terza fascia, ma il Commissario dello Stato era subito intervenuto impugnando proprio la parte che riguardava le nomine di cui all’oggetto dell’interpellanza. Il “no” ai dirigenti di terza fascia è stato poi sostanzialmente ribadito da una recente sentenza del Tar, che in occasione del pronunciamento su un ricorso avverso alla nomina di Patrizia Monterosso a  segretario generale della Presidenza della Regione, rigettava l’istanza di due dirigenti di terza fascia per “carenza d’interesse, essendo stati i ricorrenti, quali dirigenti di terza fascia, illegittimamente scrutinati e non potendo aspirare…al conseguimento dell’incarico per il quale è vertenza”.

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