Pil e occupazione giudici dei sindaci - QdS

Pil e occupazione giudici dei sindaci

Carlo Alberto Tregua

Pil e occupazione giudici dei sindaci

giovedì 04 Dicembre 2014

Fare investimenti e attrarre capitali

Fra gli oltre ottomila sindaci italiani, ve n’è una minoranza che intende il proprio incarico democratico come un servizio da rendere ai cittadini che li hanno votati. Vi è poi un altro lotto di sindaci che pensa al proprio tornaconto e una terza parte che non ha le capacità essenziali e necessarie per amministrare una comunità, piccola o grande.
Ci chiediamo come può un eccellente chirurgo come Ignazio Marino amministrare Roma, Capitale d’Italia. Egli ha cognizioni mediche, abilità manuali, almeno a quello che si dice, ma quando ha a che fare con una macchina amministrativa nella quale vi sono 27mila dirigenti e dipendenti, che dovrebbero rendere servizi a tre milioni di romani, le sue insufficienze risultano evidenti. Non è solo una sua responsabilità, meno che mai un merito, essere diventato sindaco di Roma, ma soprattutto dei partiti che lo hanno sostenuto e di quei cittadini che hanno scritto il suo nome sulla scheda elettorale.

I sindaci eletti, di Comuni grandi e piccoli, se avessero l’adeguata formazione professionale per amministrare una Comunità, entro dieci giorni dall’insediamento dovrebbero acquisire il quadro completo della propria amministrazione, soprattutto in ordine ai dati fondamentali che sintetizzano lo stato di salute o di malattia della stessa: il Pil e il tasso di  occupazione (meglio che citare il tasso di disoccupazione).
Fatto questo, il sindaco neo eletto dovrebbe fare la rassegna degli strumenti idonei a velocizzare i servizi, facendo semplificare le procedure e contestualmente riducendo all’osso la spesa corrente.
È vero che molte amministrazioni sono gonfiate di personale, soprattutto quelle del Sud, a seguito di una politica clientelare basata sul voto di scambio, che è corruzione; ma è anche vero che vi sono gli strumenti per adeguare al ribasso il numero e la qualifica dei dipendenti alle effettive necessità dell’amministrazione.
Fra tutte, citiamo la legge 183/2011 con la quale è consentito di mettere in disponibilità i dipendenti con l’80 per cento dello stipendio, il che farebbe risparmiare non solo il residuo 20 per cento, ma tutte una serie di indennità, premi ed altro non dovuto, nonché Tfr, tredicesima e via dicendo. 
 

Fatta questa doverosa rassegna, i sindaci dovrebbero istituire due piccoli gruppi, scegliendo fra i migliori dirigenti e dipendenti: uno per la lotta alla corruzione interna e alla massimizzazione dell’efficienza conseguente. Per farlo dovrebbero adottare gli strumenti di trasparenza che impongono all’amministrazione comunale di indicare sul proprio sito qualunque attività, i propri beni, le potenzialità di attrazione, gli emolumenti di dirigenti e dipendenti, i consulenti con relativi compensi e ogni altra spesa. In altre parole, il sindaco dovrebbe intitolare o intestare questa parte del sito “Come spendo i vostri soldi”.
L’altro nucleo è quello che serve a stendere un business plan per attrarre investimenti, aumentare il numero dei pernottamenti di visitatori, il potenziamento di tutte le attività possibili del territorio amministrato. Solo se i sindaci hanno risorse da spendere possono ovviamente dedicarne una parte importante alla solidarietà.

Qualcuno potrebbe rimproverarci che battiamo quasi ossessivamente sul tasto dell’efficienza delle amministrazioni locali. Ma come non capire che l’ossatura del nostro Paese è fondata proprio sugli 8.057 Comuni? Come non capire che gli 8.057 sindaci sono la parte più importante del tessuto istituzionale, perché necessari ai bisogni e ai servizi conseguenti?
I sindaci, con i conti in ordine, possono chiedere con forza che vengano sbloccate tutte le risorse indispensabili per aprire i cantieri atti alla costruzione di opere e alla sistemazione idrogeologica del proprio territorio. Possono accedere alla Cassa Depositi e Prestiti, che finanzia a tasso vicino allo zero la costruzione di infrastrutture. Con la conseguenza che i bilanci devono essere in condizione di pagare le rate dei mutui.
Con il 1° gennaio 2015 nelle amministrazioni locali i bilanci dovranno essere redatti anche con il principio di competenza, vale a dire dovranno essere inserite debiti e crediti nascosti. Così verrà fuori la verità che farà luce su tanti misfatti.

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