Olio d’oliva, 140.000 aziende piegate dalla crisi - QdS

Olio d’oliva, 140.000 aziende piegate dalla crisi

Chiara Borzi

Olio d’oliva, 140.000 aziende piegate dalla crisi

domenica 14 Dicembre 2014

Giornata informativa a Motta Camastra (Me) per spiegare come rilanciare il comparto anche tra le difficoltà. Il 2014 è stato l’annus horribilis dell’olivicoltura con una produzione calata anche del 50%

MOTTA CAMASTRA (ME) – Il 2014 rischia di diventare annus horribilis per l’olivicoltura siciliana. Meno 50% è stata la stima di riduzione della produzione ipotizzata al nostro giornale dalla presidente del Cia, Giovanna Castagna, meno 70% è il dato comunicata invece dal presidente di Confagricoltura Catania, Giovanni Selvaggi.
Un rilancio del comparto è dunque quanto mai necessario e diverse ipotesi affinché questo avvenga sono state formulate durante la giornata informativa organizzata dal Soat di Castiglione di Sicilia (Me) dedicata all’olio di oliva. Scarsa produzione non vuol dire necessariamente arreco di un danno all’economia siciliana, ma ciò a patto che si punti sulla qualità del prodotto. “Purtroppo è vero che l’annata è stata quantitativamente deludente, lo è specialmente se si evidenziano i danni provocati dalla mosca nei territori siciliani – ha dichiarato al Quotidiano di Sicilia Giuseppe Leotta, dirigente del Soat di Castiglione -. Grossi miglioramenti a favore della produzione possono e devono però essere fatti puntando ad una produzione olivicola di qualità”.
“La qualità – ha dichiarato Leotta – migliora curando anche gli elementi organolettici del prodotto: bisogna evidenziare che non tutti gli oli possono ambire a percezioni sensoriali di gusto superiori, la Sicilia può, ed è questa una caratteristica che può dare spazio sul mercato ad oli siciliani venduti anche a 5-6 euro al litro. I nostri oli – ha concluso il dirigente – sono diametralmente opposti a quelli venduti a prezzi di 2 euro al litro prodotti dalle aziende del Sud Africa o la Spagna”.
Coltivazione e produzione di olio in Sicilia hanno delle peculiarità che devono quindi essere salvaguardate, ma l’ammodernamento delle tecniche e delle aziende rimane fondamentale per riuscire a traghettare il prodotto siciliano di qualità in mercati internazionali.
“Sono ad oggi un problema – ha dichiarato al Quotidiano di Sicilia Leonardo Catagnano del Dipartimento Regionale Agricoltura – la dimensione delle aziende, la capacità di introdurre innovazione, la conoscenza degli strumenti utili al progresso dell’attività di coltura. Serve quindi valorizzare il prodotto puntando sulle nuove tecniche, ma anche valorizzare la tradizione e la cultura che sta alla spalle della produzione.
L’ex assessore Cartabellotta promuovendo il “Born in Sicily” aveva c’entrato questo obiettivo”. “Le aziende siciliane – ha affermato Catagnano – si estendono mediamente per 1 ettaro. Parliamo di 138-140 mila aziende che, seppur piccole, riescono a produrre un bene di alto consumo. Produzione ridotta, qualità del bene e valorizzazione del territorio sono gli elementi su cui bisogna puntare per commercializzare l’olio siciliano anche a 12 euro al litro”.
 

 

Pensare globalmente ma agire localmente
 
“La parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l’altro l’opportunità”. Prendendo in prestito una frase pronunciata da John Kennedy, Accursio Alagna della MediConsult srl, ha mostrato le opportunità che potrebbero essere offerta alla Sicilia dalla produzione di olio di oliva. “Il ragionamento è semplice – ha dichiarato – nella nostra regione abbiamo terreno e clima tale da poterci permettere la produzione di olio extra vergine di oliva, ma serve capire come produrlo efficacemente e in quale mercato inserirlo. Per farlo serve attuare un’analisi di segmentazione del mercato, un’analisi delle funzioni, sino a capire anche l’età anagrafica dei possibili compratori”. Pensare globalmente, ma agire localmente è stata la strategia proposta ai presenti da Accursio Alagna, il quale ha evidenziato come la conoscenza del prodotto sia fondamentale per permettere al compratore di non accontentarsi di un olio non extra vergine di oliva. Le percentuali mostrate hanno, infatti, evidenziato come tra i non conoscitori dell’olio di oliva il 46% compra olio non extra vergine di oliva e appena il 12% compra olio extra vergine.

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